Il caso esaminato dal Tribunale di Salerno del 3 febbraio 2020 ha ad oggetto le domande che possono essere presentate dal condomino in sede di opposizione all'ingiunzione ottenuta nei suoi confronti dal condominio per spese comuni non versate.
Il caso nasce da deliberazioni di ripartizione non aderenti alle tabelle millesimali del condominio.
Com'è noto, l'amministratore deve convocare l'assemblea per approvare il bilancio entro centottanta giorni dalla data in cui lo ha redatto e ha l'onere, salvo dispensa espressa dell'assemblea, di agire nei confronti del condomino moroso entro sei mesi dal giorno in cui si è verificata la morosità.
La vertenza vede l'inizio nella fase monitoria azionata dal condominio nei confronti di un condomino.
Questi promuove opposizione contro l'ingiunzione rilevando di aver pagato molto più del dovuto e quindi chiedendo la rideterminazione del credito e la conseguente compensazione debito-credito.
Opposizione a decreto ingiuntivo condominiale, chi può stare in giudizio?
Nel corso del giudizio sono intervenuti altri condomino che hanno sollevato le medesime eccezioni.
Il tribunale ha escluso la legittimazione in causa di questi terzi, rilevando l'inammissibilità dell'intervento, osservando che «Secondo il consolidato insegnamento della Suprema Corte, le parti nella fase di opposizione a decreto ingiuntivo possono essere: da un lato colui che ha ottenuto il decreto ingiuntivo e, dall'altro colui contro il quale tale decreto ingiuntivo è stato ottenuto (Cass., ord., 13.6.2018 n. 15567; Cass., 18.4.2004, n. 16069).
L'ingresso di un terzo nel giudizio di opposizione può avvenire soltanto mediante la richiesta dell'ingiunto-opponente di autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritiene comune la causa sulla base dell'esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto ingiuntivo, con contestuale istanza nell'atto di opposizione, di spostamento dell'udienza.
In ogni caso, non è consentito proporre opposizione, tantomeno spiegare domande con l'atto di opposizione, a chi non sia il destinatario dell'ingiunzione di pagamento».
Per quanto invece concerne l'opposizione del condomino ingiunto, questi basa sia la domanda di rideterminazione della somma, sia la domanda di condanna del Condominio alla restituzione delle somme versate in eccedenza nel corso degli anni, con consequenziale eccezione di compensazione del loro maggior credito con quanto da lui ancora dovuto, su un affermato errore di calcolo dei millesimi effettivi, errore di prassi che si ripeteva da anni.
Il tribunale ha correttamente osservato che la sede deputata ad esaminare queste eccezioni non è la causa di opposizione all'ingiunzione bensì quella di impugnazione ex art. 1137 c.c. della deliberazione di approvazione delle spese e relativo riparto.
«Orbene, il condomino che intende contestare le deliberazioni dell'assemblea condominiale di ripartizione delle spese, finalizzate alla riscossione dai singoli condomini, ha l'onere di impugnare le deliberazioni annullabili.
Le delibere, infatti, costituiscono ex lege titolo di credito in favore del condominio e, di per sè, prova idonea, ai fini di cui agli artt. 633e 634 c.p.c., dell'esistenza di tale credito, sì da legittimare non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio d'opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è, dunque, ristretto alla sola verifica dell'esistenza e dell'efficacia della deliberazione assembleare d'approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass., 23.2.2017 n. 4672; Cass., 27.3.2014 n. 7262Cass., 9.12.2005 n. 27292).
Pertanto, le domande riconvenzionali sono ammissibili solo se il vizio delle delibere di ripartizione delle spese consiste in una causa di nullità e non di annullabilità, altrimenti non possono essere proposte al di fuori di un'azione di impugnazione proposta entro i termini».
Opposizione a decreto ingiuntivo condominiale, quali vizi deliberativi possono farsi valere?
L'ipotesi di nullità della decisione assembleare può essere fatta valere in ogni tempo
Poiché nel caso di specie si verte su un vizio delle delibere di ripartizione consistente nell'aver disatteso le tabelle millesimali approvate, occorre determinare se si tratta di un'ipotesi di nullità o di annullabilità.
Si rende quindi necessario accertare se l'assemblea ha stabilito una ripartizione sulla base di un criterio diverso da quello normativo o regolamentare (correlato al valore millesimale delle singole unità immobiliari) o se invece ha in concreto ripartito le spese errando nell'applicazione dei criteri (nell'attribuzione o nel calcolo dei millesimi secondo le tabelle approvate).
Nel primo caso la deliberazione è nulla per impossibilità dell'oggetto, perché è necessaria l'unanimità dei consensi per determinare un criterio di ripartizione diverso da quello normato; nel secondo caso è annullabile (Cass., ord. 4.11.2019 n. 28282; Cass., 9.3.2017 n. 6128 ).
In concreto, occorre verificare se l'assemblea ha previsto di adottare un diverso criterio di ripartizione della spesa (anche se una tantum e non definitivo), o se invece non ha assunto alcuna determinazione in tal senso ed ha approvato una ripartizione non corrispondente alle tabelle millesimali approvate.
Poiché non è stata riscontrata alcuna modificazione del riparto delle spese in base alle tabelle millesimali, le ripartizioni delle spese per errore di calcolo ripetuto nelle varie deliberazioni dovevano essere contestate mediante l'impugnazione, entro il termine decadenziale ex art. 1137 c.c.
Poiché l'oggetto della causa di opposizione è ristretto solo alla verifica dell'esistenza e dell'efficacia delle deliberazioni assembleari, il condomino non può lamentare alcunchè.
Da qui la conclusione del rigetto dell'opposizione presentata dal condomino e la conseguente conferma del provvedimento monitorio.