La vicenda. Il condominio conveniva in giudizio la società beta, conduttrice dei locali di proprietà della società alfa, per sentir condannare le convenute a rimuovere a proprie spese le canne fumarie apposte sulla facciata dell'edificio in violazione del regolamento condominiale di natura contrattuale.
Il Condominio chiese altresì di inibire l'attività di ristorazione, giacché vietata dal regolamento di condominio, e di condannare le convenute al risarcimento dei danni per uso illegittimo della cosa comune, oltre che per l'allestimento di specifiche protezioni alle canne fumarie apprestato nel corso dell'installazione dei ponteggi necessari per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione del fabbricato.
Il Tribunale di Roma ordinò alle convenute di ricondurre le immissioni acustiche, di fumi e odori nei limiti della tollerabilità, secondo le indicazioni del CTU, rigettando ogni altra domanda.
Propose appello principale il Condominio, in quanto era stata dedotta la sua responsabilità derivante dall'esecuzione dei lavori di adeguamento dell'impianto elettrico.
La Corte di Appello di Roma accolse il gravame proposto dal Condominio e da alcuni dei condomini intervenuti nel giudizio di primo grado.
Le società alfa e beta hanno proposto ricorso in cassazione eccependo che la Corte d'appello aveva errato nel non avere rilevato che l'atto di appello era stato notificato solo alle parti originarie ma non ai condomini intervenuti nel corso del giudizio di primo grado, violando così il litisconsorzio necessario.
Il ragionamento della Cassazione. A tal proposito, gli ermellini hanno evidenziato che nell'ambito di giudizio promosso dall'amministratore di condominio con riguardo alla tutela delle parti comuni condominiali (nella specie, per far valere l'illegittima realizzazione di canne fumarie apposte sulla facciata dell'edificio, adibite all'esercizio di attività di ristorazione, in violazione dell'art. 844 c.c., nonché di un divieto contenuto nel regolamento di condominio), ciascuno dei partecipanti al condominio può spiegare intervento a difesa della proprietà comune, connotandosi tale intervento come "adesivo autonomo", ovvero (sul presupposto che il condomino che intervenga personalmente nel processo, in cui sia presente l'amministratore, non si comporta come un terzo che si intromette in una vertenza fra estranei) quale costituzione di una delle parti originarie in senso sostanziale determinatasi a far valere le proprie ragioni direttamente, e non più tramite il rappresentante comune (Cass. Sez. 2, 30/06/2014, n. 14809).
Quindi, la mancata notificazione dell'atto di impugnazione della sentenza di primo grado a taluno dei condomini intervenuti nella causa promossa dall'amministratore di condominio vizia, dunque, la sentenza di appello emessa senza l'integrazione del contraddittorio con i condomini pretermessi e tale vizio può essere fatto valere come motivo di ricorso per cassazione, in quanto, per un verso, la sentenza di primo grado non passa in giudicato nei confronti dei pretermessi in presenza dell'impugnazione di altre parti e, per altro verso, la sentenza che non sia pronunciata nei confronti di tutti i comproprietari risulta comunque ineseguibile e, quindi, inutiliter data (Cass. Sez. 2, 18/11/2008, n. 27412).
Di conseguenza, poiché la nullità derivante dalla mancata integrazione del contraddittorio nelle ipotesi di cui all'art. 331 c.p.c. si ricollega ad un difetto di attività del giudice di appello, al quale incombeva l'obbligo di adottare un provvedimento per assicurare la regolarità del processo, ed è, come detto, rilevabile d'ufficio pure in sede di legittimità, non opera nemmeno il temperamento stabilito dall'art. 157, comma 3, c.p.c., secondo il quale la nullità non può essere opposta dalla parte che vi abbia dato causa (Cass. Sez. 6-2, 18/02/2014, n. 3855).
In conclusione, è stata accolta la domanda e, per l'effetto, è stata cassata la sentenza con rinvio.
TABELLA RIEPILOGATIVA | |
OGGETTO DELLA PRONUNCIA | difetto di integrazione del contraddittorio |
RIFERIMENTI NORMATIVI | 331 c.p.c. |
PROBLEMA | Nella causa promossa dal condominio per la rimozione dei manufatti e la cassazione dell'attività sono intervenuti anche alcuni condomini personalmente, con intervento adesivo, che si sono allineati alla richiesta dell'amministratore. Il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda ordinando alla società di ricondurre le immissioni nei limiti della tollerabilità secondo le indicazioni del ctu. La Corte d'appello poi ha accolto anche la domanda di inibizione dell'attività di ristorazione e la vertenza e così approdata. In Cassazione, la società ha sostenuto che la Corte territoriale avrebbe errato nel non avere rilevato che l'atto di appello era stato notificato solo alle parti originarie ma non ai condomini intervenuti nel corso del giudizio di primo grado, violando il litisconsorzio necessario. |
LA SOLUZIONE | Secondo la Corte di cassazione, nell'ambito del giudizio promosso dall'amministratore con riguardo alla tutela delle parti comuni condominiali, ciascuno dei partecipanti al condominio può spiegare intervento a difesa della proprietà comune, connotandosi tale intervento come "adesivo autonomo". Con la conseguenza che a seguito dell'intervento volontario del singolo si configura un unico giudizio con pluralità di parti che dà luogo a un litisconsorzio necessario processuale. La causa pertanto, deve considerarsi inscindibile anche in grado di appello nei confronti dell'interventore, con la conseguenza che, ove l'atto di impugnazione non sia notificato nei suoi confronti e il giudice non abbia ordinato l'integrazione del contraddittorio, si determina la nullità, rilevabile di ufficio pure in sede di legittimità. |
LA MASSIMA | La mancata notifica dell'impugnazione a uno dei condomini intervenuti nel processo di primo grado rende nulla la sentenza di appello. La violazione del litisconsorzio, infatti, è rilevabile d'ufficio e non è sanabile con la partecipazione volontaria del soggetto estromesso nel giudizio di cassazione (Cassazione civ., 28 marzo 2019 n. 8695). |