Con il regolamento contrattuale, è possibile derogare od interpretare la disciplina legale, potendo conferire una definizione più rigorosa del concetto di decoro architettonico, diversamente da quella disciplinata dall'art. 1120 c.c.
La vicenda. Tizio conveniva in giudizio il Condominio chiedendo, in via preliminare, l'accertamento della proprietà esclusiva dei balconi aggettanti presenti nell'edificio "B" del Condominio; nel merito, la nullità della ripartizione delle spese operata dall'amministratore, quindi la nullità della delibera assembleare di luglio 2009 con la quale il condominio, nel prevedere il riparto di spesa, caricava la spesa relativa alla sistemazione dei balconi a tutti i condomini semplicemente ripartendo il totale, del contratto sottoscritto con ditta Beta, attraverso la tabella millesimale "F" riguardante esclusivamente le spese generali del fabbricato "B". Costituendosi in giudizio, il Condominio contestava le avverse domande.
Il ragionamento del giudice. Quanto all'eccezione preliminare della "dichiarazione della proprietà esclusiva dei balconi aggettanti, da riprendersi pari pari dal regolamento di condominio," il giudicante ha respinto la tale domanda in quanto l'oggetto del giudizio principale riguardava l'accertamento della validità del deliberato assembleare, e non l'accertamento della proprietà esclusiva.
Ed ancora, sono state ritenute inammissibili anche le altre richieste formulare negli atti di causa aventi ad oggetto il "sequestro conservativo sul conto corrente condominiale delle somme spettanti a Tizio e da questi versate in più" (senza riscontro probatorio) e quella di "arricchimento senza causa dei balconi" (tardiva e comunque priva di legittima passiva, atteso che i destinatari di tale domanda sarebbero dovuti essere i singoli condomini ingiustamente arricchiti, e non il condominio opposto).
Ebbene, quanto al merito della vicenda, secondo il giudicante, parte ricorrente ha confuso la qualità di proprietario esclusivo dei balconi, con il diverso obbligo di partecipazione alle spese per la manutenzione dei medesimi, in quanto parte della facciata condominiale. Per meglio dire, dall'analisi della delibera assembleare era emerso con chiarezza che l'oggetto della medesima non era quello di apportare innovazioni al fabbricato, come erroneamente sostenuto da parte ricorrente, bensì quello di restituire al fabbricato il decoro e l'aspetto estetico originario che, col passare del tempo, era andato perduto.
In proposito, data la natura contrattuale del regolamento condominiale vigente all'epoca della delibera impugnata, il Tribunale ha osservato che è possibile in maniera legittima derogare od interpretare la disciplina legale, potendo conferire una definizione più rigorosa del concetto di decoro architettonico, diversamente da quella disciplinata dall'art. 1120 c.c.
Invero, la diversa natura di tali regolamenti può contenere patti limitativi del diritto di proprietà esclusiva dei condomini ovvero adottare criteri di riparto delle spese difformi da quelli disciplinati all'art. 1123 primo comma c.c.; si tratta di disposizioni vincolanti e obbligatorie per tutti i proprietari, come nel caso della presente controversia.
In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il ricorso del Condomino è stato rigettato.
Aspetti Generali: le spese di manutenzione. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di condominio negli edifici, i balconi aggettanti, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; debbono invece considerarsi beni comuni a tutti i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2017, n. 21641).
Quindi, al fine di inquadrare correttamente i balconi tra i beni comuni oppure no, è necessario definire l'attitudine e la funzione del manufatto, se cioè esso fa parte integrante della facciata o meno. Quest'ultima, infatti, va vista non solo dal punto di vista strutturale ma anche architettonico.
La ripartizione delle spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei balconi va, quindi, risolta alla luce di tale indirizzo giurisprudenziale, il quale ritiene che i balconi costituiscono pertinenze delle parti comuni se ad essi si accede attraverso parti comuni dell'edificio condominiale, e pertinenze delle proprietà esclusive se, invece, vi si accede attraverso proprietà esclusive, secondo il regime appunto delle pertinenze.
Nel primo caso, non vi è dubbio alcuno che le spese debbano fare carico a tutti i condòmini, ove i balconi servano proprietà comuni di uso indistinto, e, invece, (sempre in base ai millesimi di proprietà) ai soli condòmini che se ne possono servire, laddove essi siano posti al servizio di parti comuni destinate all'uso di un solo gruppo di condòmini (es. balconi dei ballatoi di una scala, quando nell'edificio condominiale, le scale siano più di una).
Nel secondo caso, servendo i balconi proprietà esclusive, ogni spesa relativa alla loro manutenzione sarà a carico dei condòmini che ne sono, rispettivamente, proprietari. Si tratta di quelle spese sostenute per la manutenzione della superficie praticabile del balcone, come ad es., quelle relative al ripristino della pavimentazione del piano di calpestio e della parte interna dei davanzali e dei parapetti.
Rimangono, invece, fuori da tale previsione le parti del balcone che rientrano tra gli elementi della facciata.(devono essere ripartite fra tutti i condòmini le spese di rifacimento e manutenzione di cornici, fregi, parapetti e balaustre, come pure le spese di manutenzione dei frontalini e degli elementi decorativi situati al di sotto dei balconi, in quanto anch'essi elementi della struttura esterna del balcone aventi la finalità di concorrere all'integrità architettonica dell'edificio come componenti della facciata).
Regolamento ed estetica del fabbricato. Secondo gli ermellini, il regolamento contrattuale è pienamente legittimato a derogare od integrare la disciplina legale ed in particolare con riferimento al concetto di decoro architettonico a darne una definizione più rigorosa di quella comunemente declinata sulla scorta delle indicazioni di legge (art. 1120, 1122 c.c.), così «estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva» (Cass., 6 ottobre 1999, n. 11121; ma anche Cass., 29 aprile 2005, n. 8883; Cass., 14 dicembre 2007, n. 26468)» (Cass. 24 gennaio 2013, n. 1748).
Deroghe. Nel caso di balconi aggettanti, il vero discrimine tra proprietà del singolo e quella comune, è costituito proprio dal pregio artistico di tutte quelle opere inerenti le parti esterne del balcone.
Solo quando questi elementi assumono caratteri di pregevolezza, contribuendo al decoro architettonico dell'edificio ovvero formano parte integrante della struttura dello stabile, entrano a far parte della comunione e devono essere assoggettati alla contribuzione collettiva.
Il criterio di ripartizione legale delle spese relative ai balconi sopra prospettata, tuttavia, in virtù dell'autonomia decisionale dell'assemblea, può essere legittimamente derogato, ma solo con il consenso di tutti i partecipanti al condominio, ivi compreso il proprietario del balcone, in mancanza, la delibera risulterebbe affetta da nullità e, pertanto, versando nell'ipotesi più grave rispetto alla mera annullabilità, sarebbe deducibile anche oltre i trenta giorni decorrenti dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.