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Commette reato l'amministratore che non rispetta la sospensione di una delibera disposta dal Giudice

L'amministratore di condominio che ignora la sospensione di delibere disposte dal giudice incorre in sanzioni penali, evidenziando l'importanza di rispettare le decisioni giurisdizionali per evitare conseguenze legali.
Avv. Mauro Blonda 

La Cassazione bacchetta nuovamente gli amministratori che non rispettano i provvedimenti dei giudici

Inutile aggirare l'ostacolo eseguendo un'ulteriore delibera senza attendere il termine del giudizio sulla prima delibera.

Ad appena qualche giorno da una precedente sentenza sul punto (Carcere per l'amministratore che non riconsegna i documenti condominiali) la Cassazione torna di nuovo sul tema del mancato rispetto da parte degli amministratori di condominio dei provvedimenti giurisdizionali, in particolare di quelli con cui talvolta i giudici civili sospendono l'efficacia delle delibere assembleari: questa volta è la Sesta Sezione Penale che conferma la punibilità per un amministratore reo di non aver rispettato non uno ma ben due provvedimenti di sospensione di altrettante delibere assembleari, ricevendone una giusta denuncia per il reato di cui all'art. 388 co. 2 cod. pen.

L'occasione è stata fornita da un amministratore di condominio il quale, di fronte all'impossibilità di porre in esecuzione due delibere assembleari (la cui esecuzione era stata sospesa dal Giudice civile nell'attesa che terminasse la causa avente ad oggetto la loro giustezza), ha pensato bene di mettere in esecuzione in tutta fretta una terza e successiva delibera che, pur parzialmente diversa dalle prime due (aventi ad oggetto la realizzazione di alcuni garage), contemplava l'esecuzione di lavori comunque in parte identici a quelli non eseguibili per via della sospensione disposta dal Tribunale (sradicamento di alcuni alberi ad alto fusto).

Questa condotta, secondo la Cassazione, integra gli estremi del reato contestato, contemplato dall'art. 388 co. 2 cod. pen., che infatti punisce chi "elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice", ossia contravviene all'obbligo impartito dall'autorità giudiziaria.

Altrettanto dicasi per chi, al contrario, si sottrae al divieto: in sostanza il reato può commettersi sia con una condotta omissiva (ossia omettendo di fare quel che è stato imposto), sia con una commissiva (cioè facendo quel che è stato vietato).

Le scuse dell'amministratore non reggono: non eseguibili i lavori sospesi, nemmeno se contemplati da una nuova, regolare delibera (da non perdere L'amministratore ed il condominio dormono? Del crollo rispondono tutti i condomini.)

Non è sostenibile né che l'amministratore stava solo facendo il proprio dovere (eseguire una delibera non (ancora) impugnata) né che questa nuova delibera avesse comunque recepito le criticità emerse nel giudizio, ancora pendente, in cui è stata disposta la sospensione delle precedenti delibere.

Quanto al primo punto la Cassazione sottolinea come l'atteggiamento dell'amministratore, ossia "?la fulminea predisposizione di un contratto di appalto, la nuova assemblea condominiale, il rapidissimo avvio dei lavori, l'irreparabile abbattimento degli alberi difesi dai condomini di minoranza, il tutto senza nemmeno attendere l'imminentissima escussione a chiarimenti del consulente" evidenzi la sua volontà di eludere il provvedimento di sospensiva emanato dal Giudice (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 33227 del 28/07/2014): è vero, cioè, che egli, eseguendo la terza delibera stava svolgendo il proprio compito, ma è anche vero che l'iter seguito e l'atteggiamento assunto denotano l'intento "truffaldino" dell'amministratore, interessato evidentemente ad aggirare l'ostacolo posto dalle due sospensioni giudiziali incassate in precedenza.

Ciò poiché "? la tutela non si spegne nel momento in cui maturano le condizioni per l'inefficacia indicate nella norma processuale, essendo invece necessario che dette condizioni siano accertate dal giudice, con un conseguente provvedimento dichiarativo o di revoca della sospensione" (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 65 del 25/10/2004).

Insomma, come sostiene la stessa Suprema Corte "non spetta all'amministratore ed ai condomini di maggioranza celebrare da soli e spingere in fase esecutiva il giudizio sulla integrazione della fattispecie delineata dall'art. 2337 cod. civ. e comunque non spettava loro una revoca di fatto del provvedimento sospensivo" (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 33227 del 28/07/2014).

Occorre rispettare la funzione giurisdizionale. Quello che la Sesta Sezione della Corte di Cassazione ribadisce è un concetto che forse va pian piano perdendosi, per lo meno nella mente e nelle abitudini sociali di troppe persone: il rispetto per la funzione giurisdizionale.

Occorre, cioè, riaffermare la sacralità delle decisioni dei giudici, che vanno rispettate anche quando non si condividono (salvo, naturalmente, opporvisi con gli strumenti che la legge consente: reclami, appelli, ricorsi), per evitare che ognuno decida da sé quel che è giusto e quel che potrebbe anche esserlo.

Non rispettare un provvedimento giurisdizionale espone alla barbarie, all'anarchia, al libertinismo: la sentenza in esame intende richiamare l'attenzione proprio su questo punto, ripristinando la centralità del rispetto delle regole quale strumento indispensabile per un con-vivere all'insegna della socialità e del rispetto.

Nessuno può sentirsi al di sopra delle regole, nemmeno gli amministratori di condominio: anche loro, quindi, dovranno rispettarle e rispettare chi è preposto a farle osservare.

Sentenza
Scarica Cassazione Sezione Penale, . n. 33227 del 28/07/2014
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