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Dare del manipolatore contabile all'amministratore è condotta grave e ingiuriosa

E' lecito e dannoso economicamente accusare pubblicamente un professionista di commettere reati.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
11 Ott, 2024

Secondo l'originario articolo 594 del codice penale si rende colpevole del reato di ingiuria "Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone".

Tale reato è stato depenalizzato ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7: in altre parole la condotta così come descritta dall'articolo abrogato, continua ad essere illecita ma il colpevole non si rischia più la reclusione, ma il risarcimento dei danni in favore della vittima e una multa a favore dello Stato.

L'ingiuria è una figura che riguarda anche il mondo condominiale ed in particolare l'amministratore di condominio che non di rado è bersaglio di critiche non accettabili perché fuoriescono dalla dialettica, sia pure conflittuale, del condominio. A tale proposito si segnala l'ordinanza di Cassazione n. 26325/2024 depositata il 9 ottobre.

Accuse ingiuriose all'amministratore e risarcimento del danno a favore della vittima. Fatto e decisione

Un giudice di pace condannava il marito di una condomina(delegato a partecipare alle assemblee condominiali) a risarcire il danno subito da un amministratore per le ingiurie che gli aveva rivolto nel corso di alcune assemblee condominiali; il giudicante riteneva che le critiche all'operato dei quest'ultimo quale amministratore, avessero contenuto ingiurioso e "trasmodassero" in offese: infatti il condannato sostanzialmente accusava detto professionista di commettere sistematicamente degli illeciti e anche dei reati in danno dei condomini al fine di trarne vantaggi per sé. In particolare, nel contestare i rendiconti sottoposti ad approvazione assembleare, lo aveva pubblicamente indicato come un manipolatore contabile, infedele e sistematico". Il Tribunale in funzione di giudice di appello confermava la decisione di primo grado. Il marito della condomina ricorreva in cassazione.

Il ricorrente si difendeva con inutili argomenti tendenti ad indurre la Suprema Corte a effettuare una impropria rivalutazione dei fatti ormai cristallizzati nel giudizio merito.

I giudici supremi hanno notato come oggetto della lite non sia stata la gestione del condominio da parte della vittima (minuziosamente riportata nel ricorso), bensì il contenuto diffamatorio delle affermazioni rivolte all'amministratore dal condomino nel corso delle assemblee condominiali che i giudici di merito, con giudizio doppiamente conforme, hanno discrezionalmente ritenuto sconfinare dal diritto di critica. La Corte ha dichiarato perciò inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente alle spese.

Diritto di critica e limiti nelle assemblee condominiali

La critica rappresenta espressione del pensiero sotto forma di giudizio e di razionalità e si concretizza nella presa di posizione motiva e argomentata su accadimenti, fatti o circostanze dei più vari settori della vita sociale.

Il riconoscimento dell'esimente del diritto di critica presuppone la verità del fatto, l'interesse sociale (pertinenza) e la correttezza formale del linguaggio (continenza).

Proprio perché la critica esprime una maggior valenza valutativa, si deve tollerare in tale contesto anche un uso del linguaggio vivace, ironico, polemico, aspro e pungente.

È stata fatto rientrare nel diritto di critica l'affermazione di un condomino che ha riferito in assemblea di aver "appreso" da terzi (gli artigiani della zona) il modo di procedere dell'amministratore (presente alla riunione) consistente nel richiedere a detti fornitori esosi e odiosi sovrapprezzi tali da rendere sconvenienti i loro servigi.

Secondo il giudicante infatti l'attacco rivolto nei confronti dell'amministratore del condominio non era teso alla denigrazione e all'offesa personale, ma ad una severa censura del suo operato (Trib Paola 28 giugno 2024, n. 516). È chiaro però che definire l'amministratore "emerito idiota", con espressione del tutto decontestualizzata dalle questioni condominiali e, pertanto, gratuita, non può in alcun modo rientrare nella sfera di applicazione del "diritto alla critica", costituendo mero insulto ai danni del destinatario (App. Milano 4 gennaio 2023, n. 7). Allo stesso modo non rientra nell'ambito del diritto di critica il comportamento di un condomino che accusa, durante un'accesa assemblea, l'amministratore di essere disonesto perché si rifiuta di far inserire nel verbale di assemblea il contenuto di un proprio intervento o lo definisce "caca sotto", "piscia sotto", "pagliaccio", in presenza di più di sessanta condomini e continua ad apostrofarlo, in sua assenza, con l'espressione "pagliaccio: in tal caso il partecipante al condominio assume una condotta ingiuriosa assolutamente grave, gratuita e spregevole diretta a compromettere intenzionalmente l'onore, il decoro e la reputazione personale e professionale di chi amministra un caseggiato.

In tali casi il danno arrecato alla reputazione deve essere inteso in senso unitario senza distinguere tra "reputazione personale" e "reputazione professionale", trovando la tutela di tale diritto il fondamento nell'art. 2 Cost. ed in particolare nel rilievo che esso attribuisce alla dignità della persona in quanto tale.

Il danno è pertanto ravvisabile - e come tale deve essere risarcito - nella diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali quella stessa persona abbia ad interagire (Cass. civ., sez. I, 27/04/2016, n. 8397). Tale valutazione, in ogni caso, non potrà che essere equitativa, ex art. 1226 c.c.

Sentenza
Scarica Cass. 9 ottobre 2024 n. 26325
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