Realizzazione di secondo bagno e regime delle distanze in condominio
Le norme sulle distanze trovano applicazione ai rapporti in condominio solo se compatibili la struttura del condominio e con la natura dei diritti e delle facoltà dei condomini; in particolare, la costruzione del secondo bagno in un appartamento moderno di media grandezza è da considerarsi una necessità dal carattere essenziale e pertanto giustifica la mancata applicazione delle dette norme.
Questo è quanto in estrema sintesi ha affermato la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 26680 del 2020, di cui ci andiamo ad occupare nel presente articolo. Per facilitare la lettura, prima ricapitoliamo brevemente i fatti di causa, riportiamo il contenuto dell'art. 889 c.c. in fatto di distanze tra gli edifici e un cenno ai limiti nei quali è ammessa l'applicabilità dalla giurisprudenza (richiamata nel provvedimento) in caso di condominio; infine passeremo a vedere cosa ha deciso nello specifico l'ordinanza in commento, che, lo anticipiamo fin d'ora - sul tema della costruzione del secondo bagno - non è del tutto innovativa; infatti la Corte richiama un altro precedente.
Controversia sulla costruzione di un secondo bagno in condominio
Il proprietario di un appartamento posto in condominio citava in giudizio il proprietario di un appartamento posto nello stesso condominio, al piano superiore, affermando che il condomino del piano di sopra aveva realizzato all'interno del proprio appartamento un secondo bagno, in violazione delle norme sulle distanze di cui all'art. 889 c.c.
Il Tribunale accolse la domanda e statuì che la costruzione del secondo bagno aveva comportato la violazione delle suddette norme. La Corte d'Appello affermò, quanto all'installazione dei tubi nei solai tra un piano e l'altro, che era da inquadrarsi come uso più intenso della cosa comune di cui all'art. 1102 c.c. come tale inidoneo a pregiudicare l'utilizzo del bene da parte dei condomini e a provocare una situazione di danno o di pericolo.
Ricordiamo che l'art. 1102 c.c. così prevede: "I. Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
II. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso".
Detta norma non era stata violata.
Venne inoltre esclusa la violazione della norma di cui all'art. 889 c.c., in quanto incompatibile con la struttura dell'edificio e con le esigenze abitative connesse alla creazione di un secondo bagno, necessario in un'abitazione di taglio medio come quella del condomino convenuto, peraltro collocato accanto a quello preesistente.
Il condomino ricorre in Cassazione contestando, per quanto interessa, la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 889 co. 2., 1102 e 844 c.c. "La Corte d'appello non avrebbe considerato che si trattava di un secondo bagno realizzato per un uso non necessario ed in corrispondenza della camera da letto dell'appartamento al piano inferiore e, perciò idoneo a provocare disturbo alla quiete ed al riposo.
Il solaio interpiano, che garantisce l'isolamento acustico e termico verrebbe pregiudicato dalla realizzazione del bagno, peraltro collocato sopra la camera da letto, circostanza che la corte di merito avrebbe omesso di esaminare".
Inoltre, sempre per quanto qui interessa, con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 844 c.c. (riguardante il regime delle immissioni).
Norme sulle distanze e unità immobiliari in condominio, l'interpretazione della giurisprudenza
L'art. 889 c.c. su "Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi" prevede che "I. Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette.
II. Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine.
III. Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali".
Quanto all'applicazione di detta norma tra immobili posti in condominio, la giurisprudenza è da tempo attestata nel ritenere che lo sono solo se compatibili.
Ad es., si è affermato che "le norme che regolano i rapporti di vicinato trovano applicazione, rispetto alle singole unità immobiliari, solo in quanto compatibili con la concreta struttura dell'edificio e con la natura dei diritti e delle facoltà dei condomini, sicché il giudice deve accertare se la rigorosa osservanza di dette disposizioni non sia irragionevole, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento dei vari interessi al fine dell'ordinato svolgersi della convivenza tra i condomini (Cassazione civile sez. II, 2/02/2016, n. 1989; Cassazione civile sez. II, 28/06/2019, n. 17549)".
Tale principio è richiamato dalla ordinanza in commento.
Rispetto delle distanze e costruzione di nuovo bagno in casa moderna, l'ordinanza n. 26680/2020
Entrando poi nello specifico del caso, la Corte decide, come anticipato, per la inapplicabilità delle norme sulle distanze.
In primis, ribadisce un orientamento già varie volte affermato e cioè che: "per quanto attiene la realizzazione del secondo bagno, la disposizione dell'art. 889 c.c., relativa alle distanze da rispettare per pozzi, cisterne, fossi e tubi è applicabile anche con riguardo agli edifici in condominio, salvo che si tratti di impianti da considerarsi indispensabili ai fini di una completa e reale utilizzazione dell'immobile, tale da essere adeguata all'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini nel campo abitativo e alle moderne concezioni in tema di igiene" (v. ad es. Cass. n. 13313/2009).
La motivazione dell'esclusione è data, quindi, per la Corte, dal carattere di essenzialità che assume la costruzione di un secondo bagno in una casa moderna, dell'ampiezza media di "taglio medio".
Come detto, non si tratta di una prima decisione in tal senso, infatti la Corte richiama la sentenza n. 13313/2009, dove si affermò esattamente tale principio: nel 2009, partendo a sua volta da un precedente del 2001, relativo al rifacimento di un bagno, la Corte raggiunse le medesime conclusioni in merito alla costruzione ex novo, così statuendo: "in particolare, con riferimento a fattispecie molto simile a quella odierna, Cass. 13285/01 ha ritenuto che il rifacimento di un locale adibito a servizi igienici dia luogo a lavori essenziali ad un'adeguata vivibilità dell'appartamento secondo moderni criteri di civiltà.
Altrettanto può dirsi in relazione alla creazione o alla modifica di un secondo bagno nelle moderne abitazioni di taglio medio, trattandosi di un'esigenza ormai talmente diffusa da rivestire quel carattere di essenzialità che giustifica la non applicazione - negli edifici in condominio - delle distanze di cui all'art. 889 c.c.".
Il concetto di indispensabilità della costruzione ai fini igienici, al fine della esclusione dell'applicazione delle norme sulle distanze non è quindi nuovo.
Nella fattispecie concreta la Corte conclude che già la Corte d'Appello aveva accertato che l'utilizzo del solaio per l'installazione delle tubazioni - peraltro il solaio era già occupato dalle tubazioni del bagno preesistente - rispondesse all'esigenza di dotare di un secondo bagno un appartamento di taglio medio, costituito da quattro camere e servizi di circa 80 mq.; esigenza di carattere essenziale, indipendentemente dal concreto utilizzo del proprietario.
Inoltre, la realizzazione del secondo bagno non aveva arrecato pregiudizio nell'utilizzo dei beni comuni da parte degli altri condomini, consistendo l'installazione delle tubature in un uso più intenso del solaio, peraltro realizzato in adiacenza a quello preesistente.
I profili riguardanti la violazione del regime delle immissioni (art. 844 c.c.) non sono valutati ammissibili, per questioni procedurali (trattandosi di questione assorbita dall'accoglimento della domanda da parte del primo giudice, e non sollevata in secondo grado deve intendersi per rinunciata ai sensi dell'art. 346 c.p.c.; si richiama la decisione delle Sezioni Unite della Corte n. 7940/2019).