La materia della ripartizione delle spese condominiali è in grado di generare molto frequentemente contrasti tra i condomini.
Le ragioni sono sostanzialmente due:
a) la prima, del tutto intuibile, va rintracciata nel fatto che ognuno, perseguendo il proprio personale interesse, vorrebbe sempre pagare il meno possibile in relazione alla gestione e conservazione delle parti comuni;
b) la seconda motivazione, strettamente legata alla più o meno condivisibile prima ragione ne è addirittura la causa. Stiamo parlando della carenza normativa in relazione alle varie spese inerenti il condominio negli edifici.
Autorevolissima dottrina ha affermato che "il problema della ripartizione delle spese è quello che, in Italia, ha portato una completa disarmonia nell'istituto condominiale" (così G. Terzago, Il condominio, Giuffrè, 1985).
Una questione spinosa, non c'è che dire.
Spese condominiali e criteri di ripartizione, la legge ed il regolamento
Una precisazione pare obbligatoria: per quanto le lacune normative siano evidenti una cosa è certa. Le spese condominiali relative alla gestione e conservazione delle cose comuni, salvo diverso accordo tra le parti, non potranno mai essere suddivise in parti uguali. Su questo punto è chiarissimo l'art. 1118, primo comma, c.c. a mente del quale "il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo precedente è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti".
Al diritto sulle cose comuni corrisponde il dovere di contribuire alla loro conservazione. Ne discende che se il diritto è proporzionato al valore espresso in millesimi sarà del tutto consequenziale che anche il dovere sarà soggetto a tale rapporto proporzionale.
Diversamente si arriverebbe all'assurdo che un condomino con una proprietà che esprime pochissimi millesimi (si pensi al proprietario di una piccola cantinola) avrebbe il dovere di partecipare alle spese in modo paritario rispetto a chi, invece, è proprietario di un'unità immobiliare di valore millesimale molto più rilevante.
In ragione di ciò in materia di condominio negli edifici il criterio generale di ripartizione delle spese è quello indicato dal primo comma dell'art. 1123 c.c. che recita: "le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione".
Restano ferme, naturalmente, le ipotesi di condominio parziale e quelle speciali relative alla pulizia delle scale (art. 1124 c.c.) al lastrico solare (art. 1126 c.c.), ecc.
Spese condominiali, la ripartizione dei costi di tenuta ed uso del conto corrente condominiale
È chiaro, fin da una prima lettura, che la norma è molto generica e non contiene alcun riferimento a costi di gestione che nel corso del tempo sono divenuti usuali in relazione ad una compagine condominiale. Tra queste ipotesi rientra senza ombra di dubbio quella relativa al costo per la tenuta del conto corrente condominiale
Spesso ci si è domandati quale debba essere il criterio per la ripartizione di questa spesa. In linea generale dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che alcune spese, che per la loro funzione tipica sono dette generali (compenso amministratore, cancelleria, ecc.), debbono essere sempre ripartite tra tutti i condomini ai sensi del primo comma dell'art. 1123 c.c. e quindi sulla base dei millesimi di proprietà.
Non fa eccezione a questa regola la spesa per la tenuta del conto corrente condominiale per la ripartizione della quale, quindi, salvo diverso accordo tra tutti i condomini, dovrà essere utilizzata la tabella generale di proprietà.
Tutti i costi? Oppure, ad esempio, i costi di pagamento delle singole spese vanno addebitati ai condòmini in relazione alla specifica voce di costo.
Se, ad esempio, si spendono € 10,00 all'anno per bonifici inerenti al pagamento della ditta che esegue la manutenzione dell'ascensore, quel costo generato dall'uso del conto corrente va ripartito in ragione dei millesimi di proprietà ovvero sulla scorta del criterio utilizzato per la spesa di riferimento?
Ad avviso di chi scrive è indifferente il servizio cui inerisce il costo di effettuazione del bonifico: esso riguarda l'uso del conto e come tale segue il criterio di ripartizione utilizzato per la tenuta del conto medesimo.
Spese condominiali, la ripartizione dei costi di tenuta ed uso del conto corrente tra proprietario e conduttore
Nessun cenno nelle varie tabelle di ripartizione dei costi condominiali tra proprietario e conduttore concordate tra le associazioni dei proprietari e quelle dei conduttori.
Nemmeno decreto ministeriale 16 gennaio 2017 (Criteri generali per la realizzazione degli accordi da definire in sede locale per la stipula dei contratti di locazione ad uso abitativo a canone concordato, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nonché dei contratti di locazione transitori e dei contratti di locazione per studenti universitari, ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 2 e 3 della stessa legge) dice nulla.
Ritiene lo scrivente che salvo diversa convenzione il costo della tenuta del conto corrente, attenendo all'amministrazione debba essere sostenuto dal proprietario.