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Rami sporgenti sul fondo vicino: come intervenire?

Cosa si può fare se gli alberi del nostro vicino sporgono sul nostro fondo? Quali azioni ci consente il legislatore?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 
28 Apr, 2021

La norma di riferimento: art. 896 c.c. e i diritti tra le parti

La norma a cui prestare attenzione è l'art. 896 c.c., che testualmente dispone che: "Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però, in ambedue i casi, i regolamenti e gli usi locali.

Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti".

Alla luce di questa disposizione, si ha che il vicino, sul cui giardino si protendono i rami dell'albero piantato nell'altrui proprietà, può chiedere al proprietario di tagliarli.

La facoltà di chiedere la recisione dei rami può essere esercitata in qualunque tempo, è imprescrittibile, e può essere esercitata sia dal proprietario del fondo che da qualsiasi altro titolare di diritto reale, quale l'affittuario o l'usufruttuario.

Se dai rami cadono frutti sul giardino del vicino, i frutti sono di proprietà di quest'ultimo: questi ne consegue la proprietà ed il possesso senza essere tenuto a corrispondere alcunché. Questo diritto può essere esercitato anche se gli alberi sono posti nel rispetto della distanza di legge dal fondo del vicino.

Il vicino può tagliare autonomamente le radici che si addentrano nel suo fondo, trattandosi di una sorta di illegittima invasione delle radici. Poiché è illegittima, le relative spese incombono, in ogni caso, in capo al confinante proprietario degli alberi.

Se dagli alberi sporgenti si crea un danno al fondo o alle cose ivi situate, ne risponde sempre il proprietario degli alberi.

Si pensi ad esempio al caso in cui la caduta di foglie sul terreno vicino sporca o intasa le condutture fognarie. È noto il principio sulla cui base il proprietario di un bene risponde dei danni che siano conseguenza diretta e prevedibile in ragione della natura del bene stesso e degli obblighi di manutenzione che vi sono connessi.

Se quindi la situazione dannosa si crea in correlazione alla mancata regolare potatura dell'albero si può incorrere in responsabilità aquiliana per le cose in custodia ex art. 2051 c.c.

Anche se l'art. 896 c.c. non fa riferimento alle siepi, anche queste possono qualificarsi come alberi. Se quindi la siepe del vicino sporge sul terreno confinante, il titolare di quest'ultimo può chiedere al proprietario della siepe di provvedere al taglio.

La Corte di Cassazione (Cass. n. 26563/2011) ha affermato che ricorre il reato di danneggiamento in capo a chi si introduce nella proprietà del vicino per tagliare i rami sporgenti di una siepe che, oltrepassando la recinzione, ostacolano il passaggio della sua autovettura.

Obbligo di abbattimento per alberi non conformi alle distanze

Gli alberi che non rispettano le distanze dal confine devono essere abbattuti. Se non è diversamente disposto dai regolamenti comunali, le distanza in questione sono:

  • tre metri per gli alberi di alto fusto. Così è ad esempio per i noci, i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili;
  • un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto.

    Sono tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami;

  • mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo
  • un metro per le siepi siano di ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono periodicamente vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di robinie.

Queste distanze non sono necessarie per il caso di muro divisorio, proprio o comune, insistente sul confine se le piante sono ad un'altezza non eccedente la sommità del muro.

Si tratta della disposizione contenuta nell'art. 892 c.c.

Procedure legali per forzare la potatura dei rami invadenti

Come sopra detto, l'art. 896 c.c. dispone che il proprietario del terreno ha il diritto di costringere il vicino alla potatura dei rami che invadono la proprietà del primo.

Naturalmente prima di agire giudizialmente è opportuno inviare una richiesta bonaria.

Se la domanda bonaria o la diffida non sortiscono esito, deve essere promossa un'azione giudiziale volta ad ottenere la condanna del vicino alla potatura. L'art. 896 c.c. dispone infatti che il titolare può "costringere" il vicino. Non essendo lecito farsi ragione da sé, l'unico strumento è il provvedimento con cui il Giudice ordina la potatura in questione.

Alberi nel giardino del condòmino: decoro e ripartizione spese

Se la situazione crea un grave e imminente danno, si può agire depositando in tribunale il ricorso in via d'urgenza. Il giudice, dopo aver sentito le parti e espletata l'istruttoria ritenuta necessaria, emette l'ordinanza in cui ordina al vicino di tagliare i rami in questione. In questa sede non si può chiedere il risarcimento del danno che deve essere domandato con un autonomo giudizio di merito.

Occorre ricordare che il giudizio d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è un procedimento eccezionale e residuale. Se quindi il nostro ordinamento prevede per la fattispecie posta in esame una diversa procedura, deve promuoversi quest'ultima, pena l'improcedibilità del ricorso d'urgenza. Si pensi ad esempio all'azione prescritta dall'art. 1172 c.c., cd. denuncia di danno temuto.

Questa norma così dispone: "Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo.

L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia per i danni eventuali".

Ove non ricorrano gli estremi di un danno grave e imminente, l'azione da promuovere è un atto di citazione per l'instaurazione di un giudizio ordinario, sede in cui si può chiedere anche il risarcimento del danno.

La tutela della salute dei condòmini prevale sul decoro del complesso residenziale.

Dubbi possono sorgere in merito alla necessità o meno di disporre la previa mediazione. Il quesito sorge dal fatto che si è in ambito di diritto di proprietà e relativo esercizio delle facoltà spettanti al proprietario o titolare di altro diritto reale.

La normativa della mediazione, art. 5 D. lgs. 28.2010 ss.mm. prevede che la mediazione sia obbligatoria per tutti i casi in cui si discute di diritto reale.

Ove l'azione sia in via d'urgenza, come indicato in precedenza, il dubbio comunque non si pone essendo escluso il procedimento mediaconciliativo per le azioni urgenti.

Se il vicino non ottempera all'ordine del giudice o all'accordo di mediazione -ove adita la procedura con esito positivo- si deve procedere con l'esecuzione forzata dell'obbligo di fare.

Usucapione e diritto di potatura: chiarimenti giuridici

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21694 del 15 gennaio 2019, ha disposto che il proprietario dell'albero non acquista, a titolo di usucapione, il diritto di far prolungare i rami della pianta sul fondo del vicino, neppure quando l'albero esista da moltissimi anni e mai sia stata presentata la richiesta della potatura dei rami sporgenti.

Ed infatti la richiesta di potatura dei rami può essere manifestata in qualsiasi momento.

Inoltre, il diritto alla potatura non può essere condizionato e sacrificato dalle norme che tutelano il paesaggio, poiché esiste tra i due sistemi normativi un rapporto di specialità, dato che le norme codicistiche sono indirizzate alla tutela della proprietà, mentre quelle pubblicistiche sono volte alla salvaguardia del paesaggio.

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