Con ordinanza emessa in data 14 settembre 2022, n. 27030 la Corte di Cassazione, Sezione III, si è pronunciata su due motivi di censura in virtù dell'azione monitoria intentata da un condominio nei confronti di un condomino moroso, per il mancato pagamento di oneri condominiali; il condomino proponeva opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al Giudice di pace competente, sostenendo che, con delibera, il condominio aveva stabilito di rimborsare allo stesso la somma di euro 756,69, a saldo e stralcio del rimborso di lavori sostenuti per il rifacimento della impermeabilizzazione del proprio terrazzo a livello e aveva deciso che la quota sarebbe stata ripartita in proporzione dei rispettivi millesimi di proprietà dei condomini e addebitata sulla prima rata del bilancio ordinario. Eccepiva, pertanto, la compensazione con quanto richiesto dal condominio.
Di contro, l'opposto-condominio, costituitosi in giudizio, sosteneva che il credito del condomino era già stato compensato con rate di bilancio straordinario per lavori non precedentemente saldati e, precisamente, con le rate di lavori non pagati dopo la terza rata. Con sentenza n. xx/2015 del 28.07.2015 il Giudice di Pace di Fermo rigettava l'opposizione, sul presupposto della sussistenza del credito oggetto del procedimento monitorio.
L'opponente-condomino proponeva appello innanzi al Tribunale di Fermo, che con sentenza n. xxx/2016, accoglieva il gravame, per l'effetto, revocava il decreto ingiuntivo, dichiarava parzialmente compensato il credito del condominio (oneri da bilancio preventivo 2012) con il credito opposto-condomino (rimborso deliberato da assemblea per costo dei lavori eseguiti da un condomino) e condannava quest'ultimo al pagamento del residuo dare.
Avverso detta sentenza il condominio ricorreva per Cassazione, sulla base di due motivi; il condomino resisteva con controricorso.
Motivi di ricorso nel contenzioso condominiale
Con il primo motivo, il ricorrente si lamentava della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 1135, 1136, 1137 del Codice Civile in relazione all'art. 360 n. 3 del Codice di Procedura Civile, in particolare il condominio riteneva che il Tribunale di Fermo avesse errato nell'avere ritenuto che il decreto ingiuntivo andasse revocato perché il Giudice di Pace avrebbe dovuto tenere conto delle ricevute prodotte dal condomino, successive alla delibera condominiale oggetto di causa, adottata in data 27/02/2012 (con la quale erano stati approvati il bilancio consuntivo 2011 e il bilancio preventivo per l'anno 2012), in quanto i versamenti del detto condomino erano anteriori alla delibera citata, la quale finiva per comprenderli.
Con il secondo motivo, il ricorrente censurava la produzione, da parte dell'opponente-appellante per la prima volta in sede di appello, di un nuovo documento (email) ammesso dal Giudice del gravame con riserva. Riteneva, altresì, il ricorrente che tale documento fosse stato posto a fondamento della decisione assunta dal Tribunale così viziandone la validità.
La Suprema Corte riteneva, invece, che il primo motivo di censura del ricorso fosse fondato ed andasse accolto, dichiarando assorbito il secondo motivo.
La differenza tra compensazione propria ed impropria.
Ai sensi dell'art. 1241 c.c. si precisa che: "Quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme articoli che seguono".
Partendo da tale disposizione, gli ermellini rilevano che la compensazione "impropria" o "atecnica" sussiste quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico rapporto e, diversamente dalla compensazione "propria" di cui agli artt. 1241 ss. c.c., che presuppone l'autonomia dei rapporti da cui nascono i contrapposti crediti delle parti (i quali si estinguono per quantità corrispondenti fin dal momento in cui vengono a coesistere), dà luogo a un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza.
La compensazione impropria non è soggetta a disciplina tipica.
Va evidenziato che la compensazione impropria, ha una caratteristica: pur potendo generare un risultato analogo a quello della compensazione propria, non è soggetta alla disciplina tipica (sia processuale sia sostanziale) della compensazione regolata dagli artt. 1241 ss. c.c. e il giudice può peraltro procedere all'accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite senza che siano necessarie l'eccezione di parte o la domanda riconvenzionale (in tale senso, Cass. civ. Sez. III, 25 agosto 2006, n. 18498; Cass. civ. sez. I, 23 marzo 2017, n. 7474; Cass. civ. Sez. II, 19 febbraio 2019 n. 4825; Cass. civ. Sez. II, 18 ottobre 2021 n. 28568).
Infatti, nella fattispecie posta al vaglio della Cassazione la compensazione impropria si è concretizzata automaticamente dal medesimo rapporto sinallagmatico dal quale hanno tratto origine i reciproci crediti.
Errata valutazione del giudice del gravame
Erra dunque il Tribunale che ritiene (con una ricostruzione resa peraltro difficoltosa da una motivazione che indubbiamente non brilla per chiarezza) che "la tesi del condominio è che la delibera sia stata eseguita in altro modo, ovvero non facendo pagare la quarta rata di lavori straordinari" e che questo "presunto patto aggiunto successivo alla scrittura (per tale dovendo presumersi la delibera condominiale) non ha avuto prova".
Sempre secondo la Suprema Corte, il giudice dell'appello erroneamente valuta, altresì, in altra parte della motivazione della pronuncia di secondo grado, che Giudice di Pace avrebbe dovuto fare i conti con le ricevute prodotte dal condomino successive alla delibera, con ciò richiamando pagamenti relativi proprio all'esercizio dell'anno 2011, nel quale il credito riconosciuto in favore del condomino si è automaticamente "compensato" con i crediti residui del condominio in forza del saldo contabile tra le reciproche partite.
Bilancio preventivo posto a base del provvedimento ingiuntivo
Sicuramente condivisibile quanto rilevato dalla Suprema Corte che riconosce come unico credito vantato dal condominio quello risultante da una delibera in relazione al bilancio preventivo per l'anno 2012, legittimando la richiesta del decreto ingiuntivo al Giudice di Pace e l'accoglimento di quest'ultimo.
Per completezza, la Cassazione rilevava che la deliberazione posta a base dell'azione monitoria non era mai stata impugnata, né autonomamente, né tramite proposizione di domanda riconvenzionale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per pagamento di oneri condominiali (vedi Cass. civ. S.U. 14 aprile 2021, n. 9839/2021; precedente orientamento, Cass. civ. Sez. 1, n. 16564/2018).
In conclusione, è stato accolto il primo motivo, assorbito il secondo, cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigettata l'opposizione a decreto ingiuntivo, liquidando le spese dei giudizi.