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L'oggetto dell'opposizione all'ingiunzione condominiale

Cosa può essere rilevato in sede di giudizio di opposizione all'ingiunzione da parte del singolo condomino? Quale la sorte dell'eccezione di compensazione?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

A questa domanda ha dato puntuale risposta il Tribunale di Roma nella decisione del 27 gennaio 2020

In primo luogo occorre considerare che questo giudizio dà per presupposto che la deliberazione di approvazione della spese e conseguente riparto è valida ed efficace.

Infatti, com'è noto, le decisioni assembleari sono efficaci sin da subito, esclusa naturalmente l'ipotesi di sua nullità. L'azione di annullamento promossa ex art. 1137 c.c. è volta ad ottenere una decisione con efficacia ex nunc e non ex tunc, quindi dal momento dell'emanazione della medesima sentenza conclusiva del giudizio di impugnazione.

Decreto ingiuntivo e delibera condominiale

«È esatto il presupposto da cui muove la sentenza impugnata, che, cioè, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. cod. civ. per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale, ma solo questioni riguardanti l'efficacia della medesima: tale delibera, infatti, costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l'esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio di opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto (Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2007, n. 4421; Cass., Sez. 2, 20 luglio 2010, n. 17014 Cass., Sez. 2, 18 settembre 2012, n. 15642 ».

«Orbene, il condomino che intende contestare le deliberazioni dell'assemblea condominiale di ripartizione delle spese, finalizzate alla riscossione dai singoli condomini, ha l'onere di impugnare le deliberazioni annullabili.

Opposizione a decreto ingiuntivo e mancata impugnativa di delibera assembleare: quali conseguenze?

Le delibere, infatti, costituiscono ex lege titolo di credito in favore del condominio e, di per sé, prova idonea, ai fini di cui agli artt. 633e 634 c.p.c., dell'esistenza di tale credito, sì da legittimare non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio d'opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è, dunque, ristretto alla sola verifica dell'esistenza e dell'efficacia della deliberazione assembleare d'approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass., 23.2.2017 n. 4672; Cass., 27.3.2014 n. 7262 Cass., 9.12.2005 n. 27292).

Pertanto, le domande riconvenzionali sono ammissibili solo se il vizio delle delibere di ripartizione delle spese consiste in una causa di nullità e non di annullabilità, altrimenti non possono essere proposte al di fuori di un'azione di impugnazione proposta entro i termini» (Trib. Salerno 3 febbraio 2020).

Decreto ingiuntivo e compensazione legale

Se poi l'opponente condomino rileva l'esistenza di un suo credito sulla cui base domanda la compensazione e chiede la condanna al pagamento del residuo in via riconvenzionale, il giudice «deve pronunziare condanna per il credito principale certo e liquido, rigettare l'eccezione di compensazione giudiziale e iniziare l'istruttoria per il controcredito (laddove competente) oppure rimettere la causa di cognizione di quest'ultimo al giudice competente, non potendo, allo stato, il controcredito medesimo spiegare efficacia compensativa (il giudice, perciò, operata la valutazione insindacabile e discrezionale di non liquidabilità facile e pronta del contro credito - e per tale ragione respinta l'eccezione di compensazione, deve provvedere sulla domanda riconvenzionale di condanna per il controcredito)»

Peraltro, com'è noto, la compensazione legale si distingue da quella giudiziale perché per la prima i due crediti contrapposti devono essere certi, liquidi ed esigibili anteriormente al giudizio, mentre per la seconda il credito opposto in compensazione viene liquidato dal giudice nel processo, se ha i requisiti di "pronta e facile liquidazione"

Naturalmente ove l'accertamento del credito opposto in compensazione sia oggetto di altro giudizio, sarà il giudice di quest'ultimo a doverlo accertare e se del caso liquidare (Cass. n. 1695 del 2015; n. 9608 del 2013).

Il pagamento delle quote condominiali e il decreto ingiuntivo. La Mediazione.

Per questa fattispecie, il giudice dell'eccezione di compensazione non sospende il giudizio sul credito principale ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., se nel giudizio del credito eccepito in compensazione sia stata emessa sentenza non passata in giudicato (Cass. n. 325 del 1992), ma, non potendo realizzarsi la condizione prevista dal secondo comma dell'art. 1243 cod. civ. non essendo nello stesso giudizio la sentenza deve dichiarare l'insussistenza dei presupposti per elidere il credito agito e rigettare l'eccezione di compensazione.

Se la certezza del contro credito - il cui onere della prova spetta all'eccipiente (Cass. n. 5444/2001) - si matura nel corso del giudizio sul credito principale, anche in appello, gli effetti estintivi della compensazione legale decorrono dalla coesistenza dei crediti

Infine, «l'eccezione di compensazione non configura un presupposto di natura logico-giuridica sui requisiti del credito principale il cui accertamento giustifichi il sacrificio delle ragioni di tutela di questo oltre i limiti previsti dalla stessa norma - ossia la possibilità di procrastinare, cautelativamente (Cass., 09/08/1983, 5319), la condanna ad adempiere del debitore fino alla pronta e facile liquidazione, nel medesimo processo, del credito opposto in compensazione - consentendo di sospendere la decisione sulla causa principale fino al passaggio in giudicato del giudizio sul controcredito come se questo pregiudicasse, in tutto o in parte, l'esito della causa sul credito principale (Cass., 3 ottobre 2012, n. 16844; Cass., 4 dicembre 2010, n. 25272» (Cass. Sez. Un., 15 novembre 2016, n. 23225).

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