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Contratto di locazione - presupposti e limiti alla risoluzione per inadempimento

La risoluzione del contratto di locazione per inadempimento: analisi dei presupposti e dei limiti alla luce della giurisprudenza, in particolare nel contesto di morosità e chiusura per pandemia.
Avv. Monica Pilot 
15 Dic, 2021

Con sentenza della sezione VI, n. 18172 del 18/11/2021, il Tribunale di Roma, nell'ambito del giudizio di contrattuale odontoiatra moroso merito seguito, per effetto di ordinanza di mutamento di rito, ad un ricorso per convalida di sfratto per morosità, nel decidere in merito alla risoluzione del contratto del contratto di locazione, si occupava, da un lato, della questione dell'impossibilità di svolgimento dell'attività all'interno dell'immobile locato, causa chiusura per pandemia da Covid 19, e, dall'altro, del tema della risoluzione per inadempimento del contratto di locazione, con particolare riferimento ai presupposti ed ai limiti dell'istituto giuridico.

Nel caso approdato avanti al Tribunale, parte locatrice un immobile ad uso diverso dall'abitativo aveva promosso procedura di sfratto per morosità nei confronti del conduttore, causa il mancato pagamento del canone di locazione, protrattosi per diverse mensilità e degli oneri accessori.

Costituitosi in giudizio, il convenuto si era opposto alla richiesta di convalida di sfratto, eccependo che avrebbe, a breve, spontaneamente rilasciato l'immobile, chiedendo il rigetto della richiesta di emissione dell'ordinanza di pagamento dei canoni, e, per l'effetto, di disporsi il mutamento di rito.

Contatto di locazione, presupposti e limiti alla risoluzione per inadempimento: la decisione

Il Tribunale di Roma, disposto il mutamento di rito, successivamente al deposito delle memorie integrative e dei documenti a cura delle parti, ritenuta la causa esaurientemente istruita senza necessità di disporre ulteriori mezzi di prova, discuteva e decideva la causa all'udienza.

Dopo avere rigettato le eccezioni di parte convenuta, in ordine, da un lato all'impossibilità di svolgere la propria attività per la chiusura causa Covid, e quella di compensazione tra canoni dovuti e deposito cauzionale, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore e cessata la materia del contendere in ordine al rilascio, condannando parte convenuta al pagamento a favore di parte attrice dei canoni di locazione intimati, scaduti e non pagati alla data dall'intimazione, e di quelli a scadere maturati sino alla riconsegna dell'immobile oltre agli interessi, convenzionali concordati tra le parti ed alla rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo.

Di contro, rigettava la domanda di condanna al pagamento degli oneri accessori, avanzato da parte ricorrente, non essendo stata la medesima supportata dalla prova a tal fine richiesta dalla legge.

Condannava parte convenuta al pagamento delle spese di giudizio oltre agli oneri di legge.

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I principi posti a fondamento della pronuncia

Nel rigettare la proposta opposizione, il Tribunale di Roma si occupava delle questioni poste dal conduttore a fondamento della medesima, statuendo, quanto alla dedotta impossibilità di svolgere l'attività lavorativa, stante le chiusure decretate per effetto della diffusione dell'emergenza pandemica da COVID-19 , come detta eccezione non potesse trovare accoglimento, considerato che parte conduttrice svolgeva attività di odontoiatra, non sospesa durante il periodo di chiusura a causa dell'emergenza, in quanto ricompresa nella tabella dei codici ATECO autorizzati in detto periodo a continuare a svolgere la propria attività lavorativa.

Quanto alla seconda questione, sollevata da parte conduttrice, che sosteneva non potersi parlare di morosità, poiché, avendo parte ricorrente a proprie mani il deposito cauzionale, di entità economicamente tale da coincidere con la misura delle asserite e lamentate morosità, doveva considerarsi operante la compensazione, il tribunale statuiva che la natura giuridica di pegno irregolare del deposito cauzionale ne escludeva la compensazione con i canoni di locazione, aventi "connotazione e natura giuridica differente" poiché deputati a compensare il godimento dell'immobile.

Scendendo nel merito della questione giuridica della risoluzione del contratto di locazione, il tribunale di Roma accoglieva la domanda di parte ricorrente, richiamandosi ad una serie di importanti principi diritto, frutto di orientamenti giurisprudenziali oramai consolidati in merito a detto istituto.

Preliminarmente appurata la sussistenza del contratto di locazione, quale titolo, fonte della pretesa azionata giudizialmente, il Tribunale richiamava il principio di diritto secondo cui, quand'anche, dopo l'introduzione del giudizio, avvenisse il pagamento delle morosità, detto fatto non costituirebbe sanatoria, né della morosità, né del dedotto inadempimento, vigendo, sul punto, il principio di cui all'art. 1453 del c.c., a mente del quale, è escluso il debitore possa adempiere l'obbligazione successivamente alla proposizione della domanda di risoluzione del contratto.

Recita, la norma "... non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione.

Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione".

Invero, nel caso di cd purgazione della mora, successiva alla domanda di risoluzione del contratto contenuta nell'atto di intimazione di sfratto, non sarebbe precluso l'accertamento della gravità del pregresso inadempimento.

Ne consegue che il pagamento dei canoni e degli oneri accessori, ancorché avvenuto in corso di causa, non esclude la valutazione della gravità dell'inadempimento dedotto nel contesto dell'atto di intimazione di sfratto, ancorpiù allorché il medesimo sia stato preceduto da altri pregressi, reiterati e ravvicinati ritardi nel pagamento (Cass. Civ., sez. III, 10/08/1999, n. 8550).

Non senza dimenticare che il contratto di locazione, rientrando nell'alveo dei cd contratti sinallagmatici, impone alle parti, in ossequio al disposto di cui all'art. 1375 c.c., disciplinante l'esecuzione del contratto secondo buona fede, di evitare di cagionare pregiudizio all'interesse che la propria controparte contrattuale ha a che l'accordo sia correttamente eseguito, si da consentirgli il conseguimento della relativa prestazione (Cass. Civ. sez. III, 29/09/2011, n. 19879).

Riguardo alla valutazione della gravità dell'inadempimento, la medesima, oltre che all'entità del danno, che, in ipotesi, potrebbe anche non configurarsi, va, altresì, commisurata alla rilevanza della violazione del contratto, riferita alla volontà delle parti, natura e finalità del rapporto, all'interesse all'esatto adempimento della prestazione.

Evidente che, nel caso specifico, l'inadempimento del conduttore nel pagamento del canone, che, come noto, costituisce obbligazione primaria ed essenziale del contratto di locazione, oltre al pregiudizio economico cagionato al locatore, abbia alterato, ed in modo rilevante, il sinallagma, in relazione all'interesse di quest'ultimo al puntuale pagamento dei canoni (Cass. Civ., sez. III, 28/06/2010, n. 15363), rilevanza tale da configurare il requisito della non scarsa importanza dell'inadempimento, presupposto indefettibile ai sensi dell'art. 1555 c.c. per la declaratoria di risoluzione del contratto, "Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra".

Invero, che il pagamento del canone costituisca l'obbligazione principale e fondamentale del contratto di locazione (Cass. Civ., sez. III, 1/10/2004, n. 19652) consta dalla circostanza del divieto di sospendere o ritardare il pagamento del predetto, eccezione fatta per il solo caso in cui venga completamente a mancare la relativa controprestazione, ovvero il godimento dell'immobile (Cass. Civ., sez. III, 7/03/2001, n. 3341).

Considerazioni in diritto l'applicazione delle quali ha portato alla pronuncia in esame.

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Sentenza
Scarica TRIB. ROMA 18 novembre 2021 n. 18172
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