Il contatore a discarica consente la lettura del consumo interno di ciascuno immobile. Non sempre, per come è strutturato l'edificio condominiale e per quelle che sono le tipologie contrattuali prescelte per la gestione del servizio integrato idrico, lo stesso risulta essere apposto all'interno dell'appartamento o del magazzino che sia; talvolta, lo si trova allocato all'interno di una nicchia ricavata in una parte comune, oppure all'esterno.
Spesso, ma non sempre, ciò accade quando i singoli condòmini abbiano attivato un'utenza direttamente con l'ente di somministrazione.
Se del caso, muta per tali fattispecie il regime giudico da applicare: nel caso di allagamenti cagionati a causa del relativo malfunzionamento.
Su tali presupposti ragiona la Corte di Cassazione III sezione civile, con Sentenza nr 7527 del 27 marzo 2018, arrivando a concludere in un modo non affatto scontato.
Il fatto. Un condòmino (Tizio) conveniva in giudizio un altro condòmino(Caio) chiedendo il ristoro dei danni patrimoniali subiti al proprio esercizio commerciale, stante lo sversamento d'acqua originato dal contatore posto nel veno scala condominiale e posto a servizio della relativa unità immobiliare (dietro un cancello chiuso a chiave).
Il vicino (Caio) si costituiva in giudizio e negava l'addebito, affermando che la rottura del contatore fosse stata causata da un atto vandalico; chiedendo e ottenendo, inoltre, la chiamata in causa dell'ente gestore del servizio integrato idrico, al fine di essere manlevato da un'eventuale responsabilità risarcitoria (società, la quale poi si costituiva in giudizio negando, a sua volta, di aver titolo di legittimazione ad intervenire).
Orbene, mentre il Tribunale di Lucca ha rigettato la domanda risarcitoria esercitata dal condòmino danneggiato (Tizio), argomentato, a tal proposito, che Caio non avesse alcun potere di custodia ai sensi dell'articolo 2051 codice civile nei confronti del contatore dell'acqua; la Corte di appello di Firenze, pronunciando sul gravame interposto da Tizio, ha riformato la Sentenza di primo grado accogliendo la domanda originaria sulla base del presupposto normativo in questione. Caio, a tal punto, ricorre in cassazione.
La Sentenza. La Corte di Cassazione con Sentenza nr 7527 del 27 marzo 2018 ha accolto le doglianze di Caio, dandovi lustro. Ecco la motivazione.
Ciò che rileva ai fini dell'articolo 2051 codice civile è che il custode possa esercitare sulla cosa i poteri di vigilanza che gli competono e gli conferiscono la suddetta qualità.
Pertanto, nell'ipotesi di danni cagionati a terzi dalla rottura di un contatore posto a servizio di un'abitazione ma collocato all'esterno di essa, il titolare dell'abitazione ma non della proprietà del contatore - che sullo stesso quindi non può intervenire come invece può e deve il gestore della fornitura ovvero il diverso proprietario del contatore - può essere responsabile solo in base alle previsioni di cui all'articolo 2043 codice civile".
Responsabilità, quest'ultima, ipotizzabile dovendo egli approntare misure idonee a evitare o ridurre il danno, sebbene provvisorie in attesa dell'intervento del gestore o proprietario, come quelle, ad esempio, connesse all'attività di informazione per il mal funzionamento o a quello della richiesta di sospensione cautelativa della fornitura.
Si tratta, però, non della responsabilità oggettiva derivante dalla custodia della cosa rispetto alla quale sussiste il nesso eziologico, ma della responsabilità colposa per il venir meno agli obblighi generali di diligenza.
Sulla base di tali presupposti, la Corte di Cassazione ha cassato la Sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze e ha rimesso alla medesimo di nuovo il contenzioso affidandole la risoluzione in applicazione dei superiori esposti principi di diritto.
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Conclusione. Il regime giuridico tra l'articolo 2043 codice civile (responsabilità extracontrattuale) e quello posto dall'articolo 2051 codice civile (responsabilità per cose in custodia) è agli antipodi, nel senso che affermare una o l'altra responsabilità vuol dire fare i conti con un diverso regime probatorio.
Ciò in quanto l'applicabilità dell'una o dell'altra norma implica, sul piano eziologico e probatorio, diversi accertamenti e coinvolge distinti temi d'indagine, trattandosi di accertare, nel caso di responsabilità per fatto illecito, se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo, dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito.