Nell''atto di vendita di una porzione del terrazzo condominiale, l'originario proprietario, può inserire una clausola contrattuale in cui le parti si riservano la vendita separata della colonna d'aria distinta dalla facoltà di sopraelevazione?
Considerazioni generali. L'esistenza di parti dell'edificio in proprietà comune a tutti i partecipanti è il presupposto e la ragione della disciplina giuridica dell'istituto condominiale, giustificando ad un tempo la necessità del contemperamento fra i diritti dei singoli e l'esigenza di previsione di meccanismi decisionali importanti ed un metodo che assicuri certezza nei rapporti giuridici.
In considerazione della doverosa trasparenza contenutistica che dovrebbe necessariamente accompagnare ogni stipulazione contrattuale ci chiediamo se all'atto di alienare una porzione del terrazzo condominiale, l'originario proprietario di un immobile potesse inserire una clausola contrattuale in cui le parti si riservano la vendita separata della colonna d'aria distinta dalla facoltà di sopraelevazione.
Questo interrogativo rappresenta la giusta occasione per affrontare il tema della configurazione giuridica, e quindi l'autonomia, della colonna d'aria come diritto di proprietà, e le implicazioni che da ciò ne deriverebbero sul piano concreto nella disciplina condominiale, e precisamente sulla indennità di sopraelevazione dovuta in base all'articolo 1127 c.c..
Evoluzione storica del principio. Prima di entrare nel vivo della discussione è doverosa una premessa circa il principio di diritto tramandatoci dai giuristi romani secondo il quale “chi ha la proprietà del suolo ha anche la proprietà di ciò che esiste superiormente”.
Si denota subito come il diritto romano è stato ispirato ad una concezione rigida e compatta dell'istituto della proprietà dei suoli.
Il fondo non aveva confini in senso verticale ed il proprietario del fondo diventava proprietario di tutto ciò che era sopra il fondo secondo il principio dell'accessione; infatti, lo spazio sovrastante il suolo diventava per accessione di proprietà del dominus del suolo stesso e non soggetto ad alcun tipo di immissioni da parte di terzi. Ecco cosa è il cavedio o pozzo luce
Il brocardo latino è stato successivamente traslato nel Codice del 1865 con una demarcazione precisa circa la qualificazione del termine “spazio”. L'art. 440 del suddetto codice recita: “chi ha la proprietà del suolo ha pure quella dello ‘spazio' sovrastante e di tutto ciò che trova sopra e sotto la superficie”.
Il termine “spazio”, nel Codice del 1865, venne tradotto indifferentemente come “superficie” o “spazio sovrastante”, originando così la questione se potesse considerarsi res lo spazio aereo, e quindi la cd. “colonna d'aria”.
Cioè non solo la parte fisicamente e immediatamente soprastante il suolo, ma anche quella aerea che, nel passato poteva apparire scarsamente apprezzabile in termini economici.
Di qui la giurisprudenza è giunta ad affermare che lo spazio fosse non solo un bene, bensì un autonomo oggetto del diritto di proprietà, addirittura una “cosa”( Cass. 30 dicembre 1977, n. 5754; Cass. 22 gennaio 1964, n. 155).
Alcuni orientamenti. Per lungo tempo si sono considerate le concessioni ad edificare sopra il suolo come alienazioni della proprietà dello spazio perché, appunto, la colonna d'aria non era solamente un bene ma una “cosa” oggetto di proprietà e quindi di alienazione.
Si iniziarono a concepire le concessioni ad edificare come alienazioni della proprietà dello spazio, poiché quest'ultimo fu considerato come cosa oggetto di proprietà.
Dobbiamo ricordare che l'istituto della “superficie” ha acquistato la sua autonomia e le sue caratteristiche tipiche, appunto, quelle della separabilità della proprietà del suolo rispetto a quella del soprassuolo e del sottosuolo, solamente con il codice del 1942 sotto la spinta dell'aumento dell'urbanizzazione.
Successivamente, con la nascita del condominio, si assiste alla separazione della proprietà immobiliare per piani orizzontali, di conseguenza, l'istituto del diritto di superficie si adegua assumendo la duplice veste del “diritto di edificare”e di “diritto di mantenere la proprietà del suolo”.
Questa nuova lettura del diritto di superficie va così a giustificare la coesistenza fra la esclusività della proprietà delle singole porzioni immobiliari e la compartecipazione che si realizza in relazione alle parti comuni del fabbricato.
Mentre il diritto di superficie ha subito sino ad oggi una notevole evoluzione, nei confronti della colonna d'aria sovrastante il suolo, il legislatore ha bocciato la possibilità che la stessa potesse divenire oggetto di un diritto di proprietà autonomo, separato dal suolo, ritenendo opportuno di disciplinarne solamente i limiti della sua utilizzazione e l'eventuale conflitto di interessi fra proprietario e terzi.
L'articolo 840 c.c., infatti, dispone che “la proprietà del suolo si estende al sottosuolo, il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza, nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle”.
Quindi, per il legislatore la colonna d'aria non è altro che un elemento per la delimitazione del contenuto del diritto di proprietà del suolo e non un autonomo oggetto di diritto(D'ANGELO, Indennità dì sopraelevazione e pretesa proprietaria dello spazio aereo sovrastante gli edifici, in Riv. Giur. edil., 1959, II, p. 81; ACCATTINO, Lo spazio aereo: interesse del proprietario e attività del terzo, in Foro pad., 1956, 1, c. 1117.).
Di conseguenza, la prevalente giurisprudenza per lungo tempo, ha interpretato quest'ultima volontà legislativa sostenendo che la colonna d'aria sovrastante un determinato edificio è concepita come “una proiezione verso l'alto dell'aria su cui questo è costruito, che si distingue nettamente dal lastrico solare ed è utilizzabile per vari usi autonomi, fra i quali quella della sopraedificazione”.
Per questo motivo, secondo questa giurisprudenza, la colonna d'aria è un bene che sarebbe da solo suscettibile di proprietà e di possesso e, quindi potrebbe formare oggetto di vendita separata e di attribuzione gratuita (Cass. 18 febbraio 1975, n. 636; Cass. 13 giugno 1962, n. 1463; Cass. 16 luglio 1960, n. 1970).
Di contrario avviso, altra giurisprudenza ha sostenuto l'orientamento secondo cui lo spazio aereo soprastante il suolo non costituirebbe un bene giuridico, in quanto lo spazio risponderebbe ad un concetto di relazione e non in una “cosa”( Cass. 4 maggio 1989, n. 2084).
Quindi, lo spazio aereo soprastante il suolo non sarebbe suscettibile di un distinto diritto di proprietà ma, integrerebbe una semplice proiezione del diritto di proprietà esistente su tali immobili.
Ne conseguirebbe da ciò che il diritto reale su uno strato d'aria, separato dalla proprietà dell'immobile sottostante, non potrebbe essere qualificato, a sua volta, come proprietà fondiaria, ma come un diritto reale su cosa altrui, cioè come diritto di superficie estinguibile per prescrizione.
Significativa al riguardo è la motivazione espressa nella sentenza n. 7051 del 2004 dalla Suprema Corte in cui indica che, quando nell'ambito di una stessa cosa materiale si individuano beni giuridici distinti e la proprietà unitaria si scinde, non si verrebbero a configurare due proprietà piene aventi come oggetto rispettivamente il piano terreno e lo spazio sovrastante il piano terreno, bensì la proprietà della costruzione ed il diritto di superficie sullo spazio sovrastante, che insiste sulla proprietà altrui.
Infatti la Corte proseguendo precisa che tanto la costituzione del diritto di fare una costruzione al di sopra del suolo, quanto la alienazione della proprietà separata di una costruzione preesistente suppongono la scissione tra la proprietà ed il diritto reale frazionario, che non si qualifica come diritto di proprietà, ma come diritto di superficie.
Possiamo a questo punto osservare come il diritto di superficie è passato dalla considerazione dell'esperienza romana che lo vedeva inseparabile dalla proprietà del suolo, a quella intermedia in cui, per dare una risposta ad una molteplicità di situazioni diverse come quelle che si verificano nel condominio, cioè la separazione della proprietà immobiliare per piani orizzontali, il diritto di costruire sul lastrico solare viene separato dalla stessa proprietà costituendone una mera facoltà di sopralzo comprensiva in sé della colonna d'aria (TRINCHILLO, Breve analisi dei rapporti tra diritto di superficie ed edificio in condominio.
Il diritto di sopraelevare previsto dall'art. 1127 c.c., in Riv. not., 2002, 5, p. 1129).
Recentemente la Cassazione, pur rimarcando il principio secondo cui lo spazio aereo non costituirebbe un bene giuridico suscettibile di autonomo diritto di proprietà, e quindi l'impossibilità di delineare una proprietà esclusiva e personale della colonna d'aria soprastante l'edificio, e dall'altra, che l'espressione “area edificabile” soprastante un suolo non sarebbe altro che la concessione della facoltà di edificare in sopralzo.
La novità che le sentenze n. 22032 del 2004 e n. 12880 del 2005 hanno introdotto sono state appunto quelle di adattare alla situazione condominiale, il diritto di superficie scindendo al suo interno il “diritto di sopralzo” dalla “colonna d'aria” pur rimanendo quest'ultima un mezzo tramite il quale si esercita la proprietà del suolo, e quindi priva di una sua autonomia sul piano giuridico(FITTIBALDI, È inutile comprare lastrico e colonna d'aria, facoltà di sopralzo implicita nella proprietà, in Dir. e Gius. 2005, 3, p. 14.).
Dopo aver chiarito la natura della colonna d'aria secondo la giurisprudenza attuale, possiamo certamente concludere che per un acquirente non sarebbe fruttuoso inserire in un contratto di vendita l'acquisto distinto del lastrico solare e della colonna d'aria, in quanto la facoltà di sopralzo è considerata implicita nella proprietà.