La nozione di uso della cosa comune cui fa riferimento l'arte. 1102 c.c., è applicabile anche in materia di condominio negli edifici e non va intesa nel senso di uso identico contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questo sia compatibile con i diritti degli altri.
In altre parole i rapporti condominiali si fondano sul principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze di interesse di tutti i partecipanti alla comunione.
L'articolo 1102 c.c. va interpretato nel senso che l'utilizzo da parte di ciascuno dei compartecipi, anche laddove sia più intenso, deve essere compatibile con la ragionevole previsione dell'utilizzazione che in concreto faranno gli altri condomini della stessa cosa, preservando l'equilibrio fra le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri comproprietari e senza implicare pregiudizievoli invadenze nell'ambito dei coesistenti diritti degli altri condomini.
Di conseguenza nel caso in cui parti del bene comune siano di fatto destinate ad uso e comodità esclusiva di singoli condomini, la regola dell'art. 1102 c.c. impone al giudice un'indagine diretta ad accertare che lo sfruttamento più intenso del bene da parte del singolo non ne impedisca la simultanea fruizione degli altri e non alteri comunque la destinazione della cosa, trasformandosi, in tal caso, in un uso illegittimo.
Considerando i principi sopra espressi viene da domandarsi se sia legittima la pretesa di un condominio di posteggiare parcheggiare un'autovettura e due motoveicoli nell'atrio comune.
La questione è stata affrontata da una recente decisione della Corte di Appello di Napoli (sentenza n. 3560 del 25 luglio 2023).
Condomino che insiste nell'utilizzare l'atrio nel disprezzo delle utilizzazioni degli altri comproprietari. Fatto e decisione
Due condomini si rivolgevano al Tribunale per richiedere la condanna di altro partecipante al condominio a rimuovere dall'atrio comune un'autovettura e di due moto di grossa cilindrata; secondo gli attori tali mezzi rendevano impossibile o notevolmente disagevole l'ingresso al fabbricato, impedendo loro un pari uso del bene comune. Il Tribunale dava ragione agli attori.
Il soccombente si rivolgeva alla Corte di Appello sostenendo, tra l'altro, che gli attori di primo grado non avevano provato le difficoltà di accesso al palazzo; inoltre notava che, in assenza di un divieto regolamentare e/o pattizio di utilizzo dell'atrio comune anche per posteggio di veicoli, il parcheggio dei suoi veicoli era pienamente compatibile con la funzione di detta area comune, non alterandone la destinazione e non ledendo il diritto di pari uso dei comproprietari.
La Corte di Appello ha dato torto ancora una volta al "posteggiatore abusivo". I giudici di secondo grado hanno evidenziato che, secondo una clausola del regolamento, i condomini avrebbero potuto depositare nell'atrio condominiale "sul lato di sinistra per chi entra e per la larghezza massima di metri 1 (uno) e centimetri 50 (cinquanta) cose mobili, sempre in maniera tale da consentire l'apertura del detto portone".
A parere degli stessi giudici tale disposizione non ha affatto ammesso la possibilità di utilizzare l'atrio come parcheggio, mirando solo a preservare una parte dell'atrio per la custodia di oggetti mobili di varia natura e di dimensioni compatibili con la superficie indicata nell'atto.
In ogni caso la restante parte dell'atrio, per le sue caratteristiche e dimensioni, apprezzabili obiettivamente dai rilievi fotografici prodotti in atti, non è risultata idonea ad un concorrente pari uso per il parcheggio dei veicoli.
Non è stato considerato rilevante che gli attori, per un certo tempo, abbiano anch'essi parcheggiato nell'atrio, poiché, per un verso, tale condotta non esclude il diritto, poi azionato in giudizio, di sentir accertare i limiti entro i quali legittimamente utilizzare tale bene comune.
Limiti all'uso della cosa comune nel condominio
Come precisa l'articolo 1102 c.c. l'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante è sottoposto a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Pertanto, a rendere illecito l'uso basta il mancato rispetto dell'una o dell'altra delle due condizioni.
In quest'ottica bisogna considerare che il divieto stabilito dall'art. 1102 c.c. di alterare la destinazione della cosa comune è determinata non soltanto dal mutamento della funzione del bene comune, ma, anche dal suo scadimento in uno stato deteriore.
Così si è affermato che due autovetture parcheggiate vicino ad una parete dell'atrio possono comportare un mutamento della funzione e lo scadimento in uno stato deteriore dell'atrio.
Le due vetture infatti non solo impedivano quasi del tutto che la persona interessata potesse avvicinarsi ai contatori ma svilivano pure le peculiarità dell'atrio di particolare pregio perché facente parte di un palazzo antico e prestigioso (Cass. civ., sez. II, 12/11/2012, n. 19615).
Del resto è illegittimo aprioristicamente escludere che una parte dell'edificio (come l'atrio), per conformazione, consistenza e caratteristiche costruttive, possa essere dotato, in sé, di autonomo valore estetico e possa costituire elemento qualificante, in modo positivo, del pregio architettonico dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 24/03/2004, n. 5899).