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E' possibile imporre il divieto di presenza di moschee o di altri luoghi di culto in un condominio?

Moschee o altri luoghi di culto in un condominio. Come imporne il divieto.
Avv. Alessandro Gallucci 

Moschee, Sale del Regno ed altri simili luoghi di culto.

Quando fanno capolino nei locali a piano terra, quasi sempre con accesso diretto dalla strada pubblica, qualcuno storce il naso.

Non sono questi il momento e la seda di affrontare analisi sociologiche sulla tolleranza delle così dette religioni minoritarie e sul grado di integrazione in Italia.

Ciò nonostante vale la pena comprendere se chi ritiene sgradite quelle presenze (il riferimento è solamente al rumore ed al fastidio arrecato dalle assemblee) possa decidere di ottenerne la rimozione.

La risposta, la diamo fin da subito per poi spiegarne il perché, è negativa: moschee ed altri luoghi di culto non possono essere "cacciati" dal condominio. Di più: la loro presenza non può essere vietata a priori.

Sicuramente un simile divieto non può essere contenuto nel regolamento assembleare; esso, lo si sa, serve solamente a regolamentare la gestione delle parti comuni, la ripartizione delle spese, l'uso delle cose comuni ed in genere quelle sulla tutela del decoro dell'edificio. Limitare i diritti dei singoli sulle cose di proprietà esclusiva non può essere oggetto di normazione per un simile atto.

Diversa la situazione, qualcuno potrebbe pensare, per il regolamento contrattuale. La giurisprudenza, costantemente, ha avuto modo di affermare che "l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale di tutti o alcuni dei condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell'interesse di tutto il condominio o di una sua parte, e che vietano, in particolare, a tutti o ad alcuni dei condomini di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, ovvero li obbligano a preservarne le originarie destinazioni per l'utilità generale dell'intero edificio, o di una sua parte" (Cass. 19 ottobre 1998 n. 10335).

In sostanza si potrebbe essere indotti a concludere le modo seguente: i regolamenti contrattuali possono vietare la presenza in condominio di luoghi di culto.

Errato. Perché?

La risposta è semplice: la libertà di culto, che si estrinseca anche nella possibilità di partecipare liberamente ai riti e di non vederli impediti assurge a diritto fondamentale garantito dalla nostra Costituzione. Insomma i contratti non possono limitarlo.

In questo contesto è utile domandarsi: le riunioni devono comunque rispettare determinate norme?

Al riguardo è interessante ricordare una sentenza del Tribunale di Roma. Era il maggio del 2011 quando il Tribunale capitolino, in materia di suono delle campane, specificò che deve "la vicinanza tra le strutture parrocchiali e l'immobile abitato dai ricorrenti, agevolmente evincibile anche dalla rappresentazione aerea dei luoghi (all. 1 produzione parte ricorrente) e l'orario mattutino dello scampanio sono circostanze valorizzabili per inferire una valenza immissiva del conseguente suono che, in ragione della sua protrazione, anche se estesa - secondo l'assunto di parte resistente - per circa quarantacinque secondi al detto orario indubbiamente mattutino, appare travalicare la tollerabilità; le concorrenti esigenze, di tranquillità dei ricorrenti e di richiamo della parrocchia (estrinsecazione, quest'ultima, del diritto all'esercizio del culto, assistito da garanzia sia costituzionale (art. 7) che legislativa, espressa, quest'ultima, dall'art. 2 della legge 25.03.1985 n. 121, recante le modifiche al Concordato Lateranense dell'11 febbraio 1929) appaiono contemperabili ed entrambe perseguibili nella presente sede cautelare restringendo temporalmente lo scampanio delle ore 7,00 entro i venti secondi di rintocchi" (Trib. Roma 9 maggio 2011).

Detta diversamente: pregare si, ma senza disturbare oltremodo il vicinato.

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