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Il condomino-stalker deve abbandonare il proprio appartamento e mantenersi a una distanza di almeno 500 metri dagli ex vicini di casa

Il condomino-stalker deve lasciare l' appartamento e mantenersi a una distanza di sicurezza.
Daniela Sibilio 

Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Padova, con ordinanza n. 1222/2013, che si allega, accoglie la richiesta, avanzata dal Pubblico Ministero, di applicazione della misura cautelare personale del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese, nei confronti del condomino indagato per il reato di cui all'articolo 612 bis cod. pen.

I precedenti giurisprudenziali
Nel panorama giurisprudenziale condominiale l'ordinanza in analisi non costituisce una novità, essendo stata preceduta dalla sentenza della Corte di Cassazione del 7 aprile 2011, n. 20895, con la quale il reato di stalking ha fatto il proprio ingresso anche in ambito condominiale.

In tale circostanza la Corte di Cassazione ha ribadito che "il delitto di atti persecutori può essere costituito anche da due sole condotte" di minaccia o molestia. Il verbo "reiterare" manifesta, la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte; conseguentemente, è possibile dedurre che anche due condotte sono sufficienti a materializzare la ripetizione richiesta dalla norma.

Con la medesima sentenza, la Corte ha inoltre precisato che il delitto è integrato anche dalla condotta molesta posta in essere nei confronti di più persone. Il reato previsto dall'articolo 612 bis può, difatti, configurarsi anche qualora gli atti arrechino offesa a diverse persone abitanti nello stesso edificio condominiale, provocando il turbamento di ciascuna di esse.

Il delitto di stalking, ex art. 612 bis c.p.
Risponde penalmente di tale reato " chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso al alterare le proprie abitudini di vita".

Il delitto in esame, introdotto nel nostro ordinamento a garanzia e tutela (della persona e ) della libertà morale di ciascun individuo dall'art. 7 del D. L. 23 febbraio 2009, n. 11, (convertito, con modif., dalla L. 23 aprile 2009, n. 38), può ascriversi al novero dei reati plurioffensivi in quanto il bene giuridico protetto è costituito dalla libertà personale della vittima (che si vuole sia al riparo da ogni atto invasivo della sua sfera privata), ma anche dall'incolumità individuale di chi, subendo atti molesti che provochino disagio e paura, può vedere compromessa la propria integrità psico-fisica.

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L'elemento oggettivo dell'illecito si fonda sostanzialmente sulla presenza di una tipica condotta ripetuta e continuativa nel tempo costituita da minacce (prospettazione di un male futuro ed ingiusto) o molestie (ossia condotte idonee ad alterare dolosamente, fastidiosamente o inopportunamente, in modo immediato ma anche mediato, la condizione psichica di una persona), tali da ingenerare un particolare stato d'animo nella vittima, causando alla stessa una rilevante condizione di disagio emotivo e psichico od il serio e giustificato timore di un'aggressione alla propria incolumità o alla sicurezza di una persona a lei legata da uno stretto vincolo familiare o affettivo, ovvero che siano tali da costringerla a modificare peggiorativamente le proprie condizioni di vita.

Sul piano dell'elemento soggettivo è richiesto il dolo generico, ossia la volontà e consapevolezza dell'assillante molestatore di realizzare tali condotte persecutorie, dallo stesso intimamente ritenute idonee a provocare una delle conseguenze dannose alternativamente previste dalla norma incriminatrice.

Pertanto, ai fini dell'integrazione del reato, il legislatore non ha richiesto né la sussistenza né l'accertamento di uno stato patologico nella vittima.

Infine, in tema di stalking, la condotta offensiva può essere rivolta anche a più soggetti e non necessariamente ad un determinato individuo; sicché va punito per stalking anche chi minaccia indistintamente tutti i soggetti facenti parte di un condominio.

Orbene, nel caso in esame, come evidenziato dal Pubblico Ministero, il condomino indagato ha posto in essere una serie di comportamenti persecutori e molesti (aggressioni verbali, minacce ecc.) a danno di tutti i condomini, rivolti essenzialmente ad imporre il proprio "stile di vita".

Trattasi, per di più, di un recidivo reiterato specifico, già condannato per reati contro la persona, commessi anche mediante violenza, quali circonvenzione di persona incapace, minaccia, lesioni personali e resistenza.

Articolo 282 ter, c.p.p.: divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa Per le motivazioni suddette, il G.I.P. del Tribunale di Padova ha disposto nei confronti dell'indagato l'applicazione della misura cautelare personale del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese e dai loro familiari, " prescrivendogli di mantenere una distanza di almeno 500 metri dai luoghi frequentati dai denuncianti e vietando al predetto di comunicare con qualsiasi mezzo, in particolare telefono, SMS o e-mail con le persone sopra indicate".

Così disponendo, è stata applicata la misura cautelare di cui all'articolo 282 ter c.p.p.

A tal riguardo la Suprema Corte, con una precedente sentenza del 16 gennaio 2012, n. 13568, ha precisato che la misura cautelare in analisi, per effetto del D. L. n. 11/2009, ha assunto una dimensione articolata in più fattispecie applicative, graduate in base alle esigenze di cautela del caso concreto.

L'indicazione originaria dei luoghi determinati frequentati dalla persona offesa assume significato nell'eventualità in cui le modalità della condotta criminosa si limitino ai luoghi nei quali la vittima trascorra una parte apprezzabile del proprio tempo o a quelli che costituiscono il punto di riferimento della propria quotidianità di vita.

Al contrario, qualora la condotta oggetto della reiterazione abbia i connotati della persistente ed invasiva ricerca di contatto con la vittima in qualsiasi luogo in cui la stessa si trovi, è prevista la possibilità di individuare la stessa persona offesa, e non i luoghi da essa frequentati, come riferimento centrale del divieto di avvicinamento.

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Sentenza
Scarica Tribunale di Padova del 15/02/2013
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