La questione della detenzione di animali in appartamento è sempre foriera di contrasti tra i condomini. In molte realtà vivono fianco a fianco amanti degli animali e più schizzinosi condomini che non ne sopportano la presenza.
In altre occasioni, invece, l’intolleranza è più dovuta alla sciatteria con cui determinate persone mantengono il più volte citato animale piuttosto che ad un insofferenza aprioristica rispetto allo stesso.
In entrambi i casi, stando all’attuale sistema normativo, spetta al contestatore dimostrare la molestia arrecata dal cane, dal gatto e via dicendo. Un onere non certo semplice.
In molti condomini si cerca di ovviare a questi motivi di contrasto impedendo per regolamento che i partecipanti alla compagine possano detenere o una particolare specie d’animale o più genericamente gli animali.
La Cassazione, è questo il cuore della sentenza n. 3705 resa lo scorso 18 febbraio, conferma quello che è un proprio consolidato orientamento: il divieto di detenzione di animali è lecito solamente se contenuto in un regolamento d’orgine contrattuale.
Prima d’entrare nello specifico esame della pronuncia è bene ricordare quanto segue. La dottrina e la giurisprudenza distinguono due tipologie di regolamento:
a) quello assembleare, obbligatorio nei condomini con più di dieci partecipanti, che per essere adottato deve essere deliberato dalla maggioranza dei partecipanti all’assemblea che rappresentino quanto meno la metà del valore millesimale dell’edificio;
b) quelli di natura contrattuale che vengono sottoscritti da tutti i condomini al momento dell’acquisto delle unità immobiliari o in uno successivo. Al di là di ciò, com’è stato evidenziato dalla Cassazione, " quale che ne siano il meccanismo di produzione ed il momento del suo venire in essere come atto efficace (dati su cui la dottrina non è concorde), si configura, dal punto di vista strutturale, come un contratto plurilaterale, avente, cioè, pluralità di parti e scopo comune,” (Cass. 21 maggio 2008 n. 12850).
Solamente quest’ultima tipologia di regolamento, in quanto accettata da ogni comproprietario, può contenere limitazione alle facoltà d’uso delle parti di proprietà comune ed esclusiva.
La particolare incidenza di questa peculiarità del regolamento negoziale ha fatto si che la giurisprudenza precisasse che " le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo da non lasciare alcun margine d'incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni (Cass. n. 23 del 07/01/2004).
Trattandosi di materia che attiene alla compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non possono quindi dar luogo ad un'interpretazione estensiva delle relative norme".(Cass. 20 luglio 2009 n. 16832).
In questo contesto la sentenza n. 3705 succitata, precisa che, “ il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva”.