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Legittimo il decreto ingiuntivo contro il condominio di gestione

La titolarità del rapporto ricade in capo al Condominio che ha scelto l'autogestione, irrilevante che proprietario dell'immobile sia l'ente che si occupa dell'edilizia popolare.
Dott.ssa Lucia Izzo 
20 Apr, 2021

L'art. 1129 del codice civile si occupa della figura dell'amministratore di condominio, fissando l'obbligatorietà della nomina di tale figura qualora i condomini in un edificio siano più di otto. In tal caso, infatti, la norma prevede che qualora non vi provveda l'assemblea, su ricorso di uno o più condomini (o dell'amministratore dimissionario), potrà provvedervi direttamente l'autorità giudiziaria.

Per espressa previsione del comma 16 dell'articolo in questione, la disciplina si applica anche agli edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica, realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica o con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni, nonché a quelli realizzati da enti pubblici non economici o società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica.

Sotto la soglia degli otto partecipanti, dunque, la nomina dell'amministratore non è obbligatoria e i condomini possono anche decidere di autogestirsi. Tuttavia, nel caso dell'edilizia popolare, tale disciplina deve fare i conti con la presenza, oltre che degli assegnatari delle varie abitazioni, di Enti che si occupano della gestione degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica.

La gestione dell'edilizia residenziale pubblica

In passato, molte gestioni erano costituite sotto il nome di Istituto Autonomo Case Popolari (IACP), e oggi si ritrovano transitate sono nuove nomenclature anche in seguito alla maggiore autonomia riconosciuta negli anni alle Regioni.

Ed è proprio alla competenza delle Regioni, ex art. 117 della Costituzione, che oggi viene attribuita la regolamentazione degli enti proprietari di alloggi destinati ad edilizia residenziale pubblica.

Ogni valutazione in materia, dunque, si trova a dover necessariamente fare i conti con le singole previsioni a livello regionale anche per quanto riguarda i cosiddetti "condomini di gestione", espressione che suole indicare quei complessi che vengono autorizzati ad autogestirsi, dotandosi di rappresentanze unitarie dei propri interessi.

In pratica, rimettere agli assegnatari degli alloggi l'autogestione, solleva l'ente pubblico, proprietario degli stessi, dal dover amministrare una serie di servizi. Di solito, si applicano per quanto compatibili le disposizioni previste dal codice civile in materia di condominio.

Tale scelta viene ritenuta conveniente da molte normative locali e per questo incentivata e favorita dagli enti che si occupano di edilizia popolare (sulla base di regole e criteri solitamente prefissati da norme regionali).

Affidare direttamente la gestione agli assegnatari degli spazi e servizi comuni, infatti, è ritenuto comportare una gestione più economica e partecipativa del fabbricato, consentendo all'utenza di adottare direttamente decisioni sui servizi comuni presenti nello stabile in cui abitano (parti condominiali, utenze condominiali, manutenzione ordinaria di servizi accessori e di spazi a disposizione di tutti gli assegnatari del fabbricato).

Tuttavia, come anticipato, quando si entra specificamente nell'argomento in commento, è sempre necessario fare prima i conti con la specificità delle normative regionali, seppur molte abbiano delle regole simili.

Recentemente, il Tribunale di Cassino, nella sentenza n. 517 del 7 aprile 2021, si è pronunciato in favore della legittimità del decreto ingiuntivo nei confronti del condominio di gestione, ribaltando l'esito del giudizio di prime cure che diversamente aveva deciso.

In particolare, il Giudice di Pace aveva accolto l'opposizione del Condominio contro il decreto ingiuntivo ottenuto da una società per il pagamento per il servizio di manutenzione di un ascensore installato nel condominio medesimo.

Per il magistrato onorario sussisteva un difetto di legittimazione passiva dell'opponente, emergendo dalla documentazione in atti l'esclusiva titolarità delle unità immobiliari in capo all'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale (ATER).

La società che chiede il pagamento delle sue spettanze, invece, sottolinea come il contratto di manutenzione era stato sottoscritto con il legale rappresentante del Condominio, a seguito dell'autorizzazione di ATER, sicché il rapporto si era costituito con il Condominio, che peraltro aveva goduto dei servizi resi dall'impresa.

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Errore nella valutazione della legittimazione passiva del condominio

Il Tribunale ritiene che il giudice a quo abbia errato a parlare, nel caso di specie, di difetto di legittimazione passiva.

Un conto, infatti, "è la legitimatio ad causam, attiva o passiva, che deve essere verificata, anche d'ufficio, in base alle sole prospettazioni attoree, mentre altro è l'effettiva titolarità del rapporto dal lato attivo o passivo, che rappresenta, invece, una questione di merito, come tale rientrante nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio dei soggetti in lite".

In altri termini, specifica il giudicante, la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto (cfr. per tutte, Cass., SS. UU., Sentenza n. 2951/2016).

Nel caso in esame, poiché la società ha evidenziato di aver stipulato con il Condominio ingiunto un contratto per fornire il servizio di manutenzione di un ascensore, e di aver preteso il pagamento del corrispettivo pattuito, ciò avrebbe escluso, di conseguenza, il difetto di legittimazione passiva in capo al Condominio.

La rilevazione del difetto di legittimazione passiva da parte del Giudice di Pace, in conclusione, viene ritenuta erronea sotto un duplice profilo: sia perché confonde la "legitimatio ad causam" con l'effettiva titolarità del rapporto, sia poiché quest'ultima non era stata messa in discussione da parte dell'opponente.

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Contratto di manutenzione: titolarità del condominio riconosciuta

Come si legge nel provvedimento in commento, il contratto risulta effettivamente stipulato tra il Condominio e la società, e la circostanza che l'immobile in cui è stato installato l'ascensore sia di proprietà dell'ATER non esclude, contrariamente a quanto rilevato dal giudice di prime cure, la titolarità del rapporto in capo al Condominio.

Sul punto, il Tribunale richiama la Legge della Regione Lazio n. 12 del 1999, la quale, similmente ad altre leggi regionali, ha previsto la possibilità per gli assegnatari delle unità immobiliari di provvedere all'autogestione, dotandosi di una rappresentanza unitaria dei propri interessi, con l'applicazione, per quanto compatibili, delle disposizioni previste dal codice civile in materia di condominio (cfr. art. 15 del Reg. reg. 20/09/2000, n. 2).

La finalità dell'istituto è quella di sollevare l'ente pubblico, ancora proprietario degli alloggi, dall'amministrazione dei servizi rimessa all'autogestione; questa è quindi chiamata a governarne, attraverso i suoi organi, il funzionamento, con conseguente obbligo di rispondere delle obbligazioni assunte.

Nel caso di specie, sussistendo la pretesa creditoria della società contro il Condominio, il Tribunale di Cassino, in riforma della sentenza di primo grado, ritiene di confermare il decreto ingiuntivo opposto dichiarandolo esecutivo.

Sentenza
Scarica Trib. Cassino 7 aprile 2021 n. 517
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