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Per concedere in comodato un immobile del condominio non è necessario il consenso unanime dei condomini

La delibera per la concessione in comodato di un immobile condominiale non richiede il consenso unanime, garantendo così una gestione più flessibile delle risorse comuni e diritti di utilizzo.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 
Mag 4, 2016

Si la delibera abbia a oggetto la concessione in godimento di un immobile a titolo di comodato e non la costituzione di un diritto reale di abitazione, essa non deve ritenersi assoggettata alla necessità di consenso unanime dei condomini.

Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Torre Annunziata con la sentenza n. 1023 del 31 marzo 2016 in merito alla concessione di un immobile in comodato per uso portierato.

La particolarità della decisione. La pronuncia in esame è molto particolare e singolare. La questione riviene inizialmente da una controversia di diritto del lavoro, ma che in corso del giudizio, la parte che avanzava un credito di lavoro, spettanze retributive e oneri previdenziali (da qui, desumo un contratto di portierato con il condominio).

Le parti, condominio e il soggetto che avanzava pretesa, si accordano: godimento di un immobile a titolo di comodato (al che, desumo anche qui, il rapporto di lavoro continua con il portiere). Il presente diritto veniva attribuito tramite assemblea approvata con maggioranza. Qui, altro giudizio, l'impugnazione della delibera (oggetto della presente sentenza).

Ebbene, è solo su questo aspetto che ho approfondito la nota (delibera e comodato), in quanto, la novazione del rapporto di lavoro con altrettanto diritto di godimento, poteva rendere la nota (poco comprensibile) alla luce anche del fatto che (la sentenza è poco chiara di sè, priva di elementi del precedente giudizio).

I fatti di causa. Tizio, con citazione, conveniva in giudizio dinanzi al competente Tribunale, il Condominio e Mevia, chiedendo che fosse dichiarata la nullità della delibera assembleare.

Secondo l'attore, l'assemblea in oggetto, approvata a maggioranza, aveva conferito mandato all'amministratore di provvedere alla conclusione di una conciliazione giudiziale ove veniva approvato nei confronti di Mevia un diritto di abitazione a carattere strettamente personale.

La concessione in godimento costituiva la contropartita della rinuncia da parte di Mevia alle pretese avanzate, nel corso del giudizio di lavoro nei confronti del condominio, spettanze retributive e contributi previdenziali.

Per tali ragioni, l'attore chiedeva la nullità della delibera per violazione dell'art. 1108 co. 3 del c.c. (atti eccedenti l'ordinaria amministrazione) e la condanna di Mevia al pagamento dell'indennità per illegittima occupazione dell'immobile. Costituendosi in giudizio, il convenuto condominio, contestava l'avversa domanda.

Il problema della vicenda: la validità delle delibera e la concessione in godimento dell'immobile.Ai fini di una corretta interpretazione della pronuncia in esame, è opportuno richiamare alcuni principi cardine dell'ordinamento giuridico: il diritto di abitazione la concessione in godimento.

Il diritto di abitazione, disciplinato dall'art. 1022 del codice civile, è un diritto reale immobiliare e personale, conferisce al beneficiario unicamente la facoltà di abitare l'immobile con il proprio nucleo familiare, con esclusione, pertanto, di ogni forma di utilizzazione diversa della casa.

Diversamente, nell'ambito della concessione in godimento di un immobile, il comodato d'uso (art.1803-1812 c.c.) rientra, insieme al mutuo, nei cosiddetti "contratti di prestito" ed è sempre a titolo gratuito.

È un contratto reale in cui una parte (detta comodante) consegna all'altra (comodatario) un bene mobile o immobile per un determinato periodo di tempo.Premesso ciò, nella vicenda in esame, nel corso dell'istruttoria e cioè in base al verbale di conciliazione, è stato chiarito che il diritto concesso a Mevia era strettamente personale e di conseguenza da escludersi la connotazione tipica del diritto reale di abitazione.

Difatti, ai sensi dell'art. 1117, n. 2, c.c., l'alloggio del portiere è oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piano dell'edificio, se il contrario non risulta dal titolo; sicché, la delibera impugnata non conteneva un'autorizzazione a concludere la costituzione di un diritto reale in capo a Mevia, dovendosi piuttosto trattare di concessione in godimento dell'immobile (destinato ai portieri) a titolo di comodato (comportamento desumibile dalla volontà delle parti art. 1362, comma 2, c.c).

Il contratto di comodato gratuito dev'essere registrato?

L'interpretazione del Tribunale di Torre Annunziata. Il giudice adito, conformemente ai principi esposti dalla giurisprudenza di legittimità, ha avuto modo di precisare che la delibera impugnata, non conteneva un'autorizzazione dell'amministratore a concludere una transazione avente a oggetto la costituzione di un diritto reale di abitazione ma la concessione in godimento di un immobile a titolo di comodato: la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, tra il diritto reale d'uso e il diritto personale di godimento è costituita dall'ampiezza e illimitatezza del primo, rispetto alla multiforme possibilità di atteggiarsi del secondo che, in ragione del suo carattere obbligatorio, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto.

Ed ancora, il Tribunale ha aggiunto che, per altro verso, la giurisprudenza ritiene configurabile un contratto di comodato di una casa per consentire al comodatario di alloggiarvi tutta la vita senza che per questo si possa configurare un diritto di abitazione con necessità di forma scritta ad substantiam (Cass. n. 8548/2008 e Cass. n. 5034/2008 ).

Ne discende che, la gratuità (del comodato) va riferita anche al caso in esame, in quanto la concessione di godimento dell'immobile costituiva la contropartita della rinuncia da parte di Mevia alle pretese (economiche) avanzate nel corso del giudizio; di talché, la delibera non ha per oggetto una transazione su diritti reali comuni, quindi essa non deve ritenersi assoggettata alla necessità di consenso unanime dei condomini, con la conseguenza che essa non può ritenersi affetta da nullità (Cass. n. 821/2014).

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale di Torre Annunziata, ha respinto l'impugnativa di Tizio; per l'effetto, la delibera è valida e vincolante tra le parti.

E' possibile il comodato d'uso delle parti comuni?

Sentenza
Scarica Tribunale di Torre Annunziata n. 1023 del 31 marzo 2016
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