Un proprietario di un immobile può concedere in comodato gratuito il bene ad un soggetto denominato comodatario. Questi avrà la possibilità di servirsi della cosa per un determinato uso, ad esempio per abitarvi, con l'obbligo di restituire la medesima al titolare comodante.
In particolare, in merito al momento della riconsegna dell'immobile, nell'ambito di un contratto di comodato si distinguono due ipotesi: c'è quella dove il bene deve essere reso al proprietario in base ad una semplice richiesta; c'è l'altra in cui la concessione del bene è avvenuta sino alla decorrenza di un termine, solo scaduto il quale potrà essere pretesa la restituzione.
È su questi aspetti che si è pronunciata, di recente, la Corte di Appello di Roma con la sentenza n. 5764 del 14 dicembre 2020.
In particolare si è trattata di una controversia nata allo scopo di vedersi restituire un bene già concesso in comodato, ma che il detentore non aveva alcuna intenzione di restituire. Pertanto, vediamo cosa è accaduto nel caso concreto e quali sono stati i fatti e le circostanze che hanno caratterizzato la vicenda giudiziaria oggetto del presente commento.
Comodato per tutta la vita, come funziona: il caso
Gli eredi di una signora defunta pretendevano la restituzione di un immobile dal convenuto, già concessogli dalla de cuius in comodato.
Nello specifico, gli attori sostenevano che la precarietà del contratto, cioè l'assenza di un termine finale del rapporto, dava loro il diritto di pretendere la riconsegna del bene a semplice richiesta. Pertanto, la mancata restituzione da parte del comodatario era del tutto illegittima.
La controparte, da par suo, affermava che il comodato gli era stato attribuito sino alla sua morte. Essendoci, quindi, un termine finale, prima della sua scadenza l'immobile non poteva essere riconsegnato ad nutum.
Il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto della domanda attorea, visto che il convenuto, anche per mezzo di testimoni, aveva dimostrato il fondamento della propria tesi.
Per questa ragione, era proposto l'appello in esame dove erano sollevate, in particolare, le seguenti eccezioni.
Per gli appellanti, la decisione impugnata era ingiusta poiché non era ammissibile un comodato con termine di durata finale senza alcuna prova scritta.
Si evidenziava, altresì, l'assenza di quel rapporto, intuitu personae, che caratterizza il contratto di comodato e che, tra l'altro, impedisce al comodatario di concederlo in uso a soggetti terzi.
L'originario comodante, infatti, era deceduto e con gli eredi attuali non vi era alcun rapporto che potesse giustificare la prosecuzione del contratto.
La Corte di Appello, con approfondita motivazione, in cui non è nemmeno mancata la verifica circa l'attendibilità delle testimonianze che avevano caratterizzato il procedimento di primo grado, ha rigettato l'appello con relativa e conseguente soccombenza delle spese di lite.
Comodato precario e comodato a termine: la restituzione del bene
L'ipotesi del comodato, cosiddetto, precario è quella in cui il bene viene concesso senza alcuna predeterminazione di un termine; né l'uso a cui è destinata la cosa può servire a stabilire un limite all'efficacia del rapporto. In pratica, è un contratto a tempo indeterminato.
Nonostante tali caratteristiche, il comodante, quando decide di riavere il bene, non deve far altro che comunicarlo al comodatario.
Si tratta, quindi, di un negozio risolvibile ad nutum da una delle parti «Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall'uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede (Art. 1810 cod. civ.)».
Quando, invece, il contratto di comodato è a termine, prima della sua scadenza non è possibile chiedere la restituzione del bene. Il comodante può pretendere la riconsegna soltanto in concomitanza di alcune eccezioni individuate dalla legge.
Ad esempio, se il comodatario non conserva la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia (Art. 1804 cod. civ.) oppure in caso di morte del predetto detentore (Art. 1811 cod. civ.).
In tutti casi è importante precisare che, ai fini della validità del comodato, non è necessaria la forma scritta, nemmeno se si tratta di un contratto la cui durata è fissata sino al termine della vita del comodatario.
Si tratta di una conclusione a dir poco rilevante ai fini della risoluzione della lite sottoposta al vaglio della Corte di Appello in esame.
Comodato a vita: può essere concesso in forma verbale
La Corte di Appello di Roma, in adesione al pensiero corrente della giurisprudenza che l'ha preceduta in merito, precisa che è possibile concedere un bene in comodato stabilendo come termine finale la vita del comodatario.
Essa chiarisce, altresì, che, ai fini della validità del contratto, non è necessario rispettare alcuna forma scritta.
Queste affermazioni sono contenute in quel passaggio della sentenza in cui si dichiara che «Più specificamente, in occasione della stipula di un comodato di un immobile per tutta la vita del comodatario, entrambe le parti scelgono liberamente di inserire nel contratto un elemento accidentale -quale è il termine- che, da un lato, limita la possibilità per il comodante (e per i suoi eredi) di recuperare quando lo ritiene opportuno la disponibilità materiale dell'immobile e, dall'altro, rafforza la posizione del comodatario, il quale viene garantito della possibilità di godere dell'immobile per tutto il tempo individuato con la fissazione del termine, sottraendolo dal rischio di subire il recesso "ad nutum".
Tale principio di diritto, più volte ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione ed al quale anche questa Corte di merito aderisce, a differenza di quanto sostenuto dagli odierni appellanti trova applicazione a prescindere dalla forma che abbia rivestito il contratto di comodato, che, peraltro, a differenza di quanto stabilito per il contratto costitutivo del diritto di abitazione, non richiede la forma scritta "ad substantiam"».
Comodato a vita: grava anche sugli eredi del comodante
Secondo la sentenza in commento, gli eredi del comodante, dinanzi ad un contratto legato alla vita del comodatario, sono tenuti a rispettarlo.
Anche tal proposito, la Corte di Appello di Roma si richiama alla precedente giurisprudenza della Cassazione, pur se abbastanza risalente «secondo i principi generali sulle successioni mortis causa, anche se nel vigente codice non è stata espressamente riprodotta la norma dell'art. 1807, primo comma, del cod. civ. del 1865, le obbligazioni assunte dal comodante si trasmettono ai suoi eredi.
Pertanto, salvo che si tratti di contratto senza determinazione di durata, né questa risulti altrimenti dall'uso a cui la cosa deve essere destinata (nel qual caso gli eredi subentrano nel diritto che aveva il comodante di ottenere la restituzione "ad nutum"), gli eredi del comodante sono, di regola, tenuti a rispettare il termine di durata del contratto, in pendenza del quale si sia verificata la morte del comodante" (Cass. n. 1018/1976; nello stesso senso, vedi Cass. n. 986/1970 e 2927/1968)».
Quindi, evidentemente, in un caso come quello de quo, gli eredi, alla morte del comodante, subentrano negli obblighi di quest'ultimo e non possono invocare l'assenza di qualsivoglia rapporto intuitu personae con il detentore per risolvere il contratto di comodato.