Come deve essere la dichiarazione del coniuge non acquirente, verbalizzata nell'atto pubblico di compravendita?
Come prevede l'articolo 179 c.c. non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:
In ogni caso, secondo il secondo comma dello stesso articolo 179 c.c. l'acquisto di beni immobili, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge.
Attenzione, però, che non è sufficiente che l'altro coniuge intervenga al rogito per dichiarare genericamente che il coniuge acquirente sta utilizzando, per il pagamento del prezzo denaro suo personale.
La questione è stata recentemente affrontata dalla Cassazione che ha fornito importanti chiarimenti.
Il caso esaminato dalla Cassazione prendeva l'avvio quando l'attore citava in giudizio la moglie esponendo di aver acquistato, insieme alla coniuge, un appartamento che era stato intestato alla convenuta quale suo bene personale e che le dichiarazioni contenute nell'atto di compravendita non erano idonee a sottrarre il bene della comunione in mancanza dell'indicazione specifica ed analitica della provenienza della provvista che, invece, era stata procurata interamente dall'attore anche mediante l'acquisizione di un mutuo bancario.
Il Tribunale respingeva la domanda del marito sul decisivo rilievo della valenza ed efficacia della dichiarazione contenuta nel contratto di compravendita in merito alla natura personale dell'acquisto effettuato dalla moglie. Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello.
I giudici di secondo grado evidenziavano come l'attore non avesse in alcun modo dedotto l'esistenza di una situazione di errore di fatto ovvero di violenza tale da inficiare la portata confessoria della dichiarazione da lui sottoscritta in calce all'atto di compravendita.
In altre parole, ad avviso della stessa Corte, l'appellante aveva sviluppato argomentazioni non pertinenti rispetto alla motivazione con la quale il Tribunale era pervenuto al rigetto della domanda.
La Cassazione non ha ritenuto condivisibili le conclusioni dei giudici di secondo grado. Nell'ordinanza si è sottolineato che, affinché si possa assegnare alla dichiarazione del coniuge non acquirente, verbalizzata nell'atto pubblico di compravendita, valore di confessione di un fatto storico, come tale, revocabile successivamente solo per errore di fatto o violenza (articolo 2732 c.c.), è necessaria un'indicazione precisa della provenienza dei fondi utilizzati per l'acquisto dal prezzo ricavato dal trasferimento di beni personali.
In particolare la Cassazione ha precisato quanto segue: nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all'atto di acquisto dell'altro coniuge non acquirente, prevista dall'art. 179 c.c., secondo comma, non può assumere portata confessoria qualora la dichiarazione del coniuge acquirente, ai sensi dell'art. 179 c.c., primo comma, lett. f), che i beni sono stati acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali non contenga l'esatta indicazione della provenienza del bene da una delle diverse fattispecie di cui alle lettere a), b), c), d, e, del medesimo art. 179 c.c.
Occorrerà allora confermare in modo chiaro che il denaro per l'acquisto è stato conseguito prima del matrimonio o per successione ereditaria o donazione o a seguito della vendita di un bene personale.
In mancanza di tale indicazione, l'eventuale inesistenza dei presupposti che escludono il bene acquistato dalla comunione legale può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento della comunione, senza alcun valore confessorio della dichiarazione adesiva del coniuge non acquirente ex art. 179 c.c., secondo comma (Cass. civ., Sez. II, 29/11/2022, n. 35086)
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