Un recente decisione della Cassazione penale ha affrontato il caso dell'acquirente di un immobile facente parte di un complesso condominiale che si è sentito truffato dall'amministratore dell'impresa esecutrice dei lavori di realizzazione del detto complesso per avere fornito un'attestazione di prestazione energetica difforme da quella effettiva, inducendolo alla stipula del contratto.
In questo caso è stata però esclusa la truffa in quanto vi è stata solo un'erronea valutazione del costruttore: in altre parole la classificazione energetica era stata fatta quando gli immobili erano in costruzione e in assenza di verifiche sul campo del tecnico certificatore (Cass. pen, sez. II, 22/06/2021, n 31933).
Anche volendo escludere l'ipotesi di truffa (che scatta solo quando è provato che il venditore sia consapevole della non rispondenza), l'acquirente può chiedere in sede civile il risarcimento danni per deprezzamento dell'immobile sul piano del valore commerciale.
Tale ragionamento vale anche nel caso in cui l'appartamento sia inserito in un complesso immobiliare nel quale non sia stato realizzato l'impianto fotovoltaico per riscaldare l'acqua calda. Una conferma ci viene dalla sentenza del Tribunale di Pavia n. 1460 del 22/11/2021.
Se manca l'acqua calda riscaldata l'appartamento vale meno: la vicenda
L'acquirente di un appartamento in villa con autorimessa pertinenziale e posto auto scoperto pertinenziale rilevava la presenza di vizi, difetti e difformità nell'immobile acquistato; di conseguenza, in via prudenziale, contestava i difetti alla società venditrice, riservandosi di effettuare verifiche più accurate a mezzo di un tecnico di fiducia.
Quest'ultimo in una relazione peritale notava diversi vizi (errata installazione di porte interne scorrevoli, mancato rispetto dei rapporti illuminanti, mancanza del vespaio aerato, difformità urbanistica e catastale rispetto al reale stato dei luoghi, ecc.) ma soprattutto la mancanza dell'impianto di riscaldamento centralizzato con pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria la cui esecuzione era stata prevista a corredo del progetto iniziale e del permesso di costruire (in ottemperanza agli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione ex L. 10/1991 o di quelli esistenti, sottoposti a ristrutturazioni rilevanti).
Questi vizi venivano confermati anche dal CTU incaricato nel procedimento di accertamento tecnico preventivo.
Successivamente l'acquirente si rivolgeva al Tribunale (in qualità di "proprietaria" dell'appartamento e di "condomina" per le parti comuni), chiedendo la condanna del costruttore, progettista e direttore lavori, in solido tra loro, al pagamento in suo favore di una rilevante somma a titolo di riduzione del prezzo di acquisto dell'immobile e/o ripristinatorio o risarcitorio, oltre al rimborso dei costi, spese e onorari relativi ad entrambi i giudizi.
Il costruttore si costituiva in giudizio, eccependo, in via preliminare, l'intervenuta decadenza e prescrizione delle azioni di responsabilità ex artt. 1669 e/o di garanzia ex artt. 1667 o 1495 c.c., avendo l'attrice preso possesso dell'immobile ben prima della stipula del rogito; nel merito, negava la sussistenza dei presupposti di responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 c.c. e la riconducibilità dei vizi e difetti alla esecuzione dei lavori; allo stesso modo progettista e direttore lavori, tempestivamente costituitisi in giudizio, chiedevano, in via preliminare, l'autorizzazione alla chiamata in causa delle rispettive compagnie assicuratrici della responsabilità civile professionale; in ogni caso pretendevano il rigetto della domanda, sostenendo la decadenza e la prescrizione dalle azioni di responsabilità ex art. 1667- 1669 c.c.
La decisione: l'estensione del concetto di grave vizio
Secondo il Tribunale - che ha dato ragione all'acquirente - sono da inquadrare nella nozione di "gravi difetti" anche quelle alterazioni che riducono la commerciabilità ed il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica; di conseguenza per il Tribunale rilevano pure i vizi non totalmente impeditivi dell'uso del bene, come quelli relativi all'efficienza energetica dell'impianto di riscaldamento per la produzione di acqua calda sanitaria.
In ogni caso lo stesso giudice ha notato che anche i vizi "più palesi di altri", vale a dire quelli attinenti all'efficienza energetica per la produzione di acqua calda sanitaria necessitavano comunque di un vaglio tecnico per consentire all'acquirente (non esperta in materia e priva delle necessarie competenze) di comprendere appieno la gravità dei difetti e stabilire il corretto collegamento causale, allo scopo di indirizzare verso la giusta parte un'eventuale azione di risarcimento.
Alla luce di quanto sopra lo stesso giudice ha ritenuto l'eccezione di decadenza infondata; per quanto riguarda poi la prescrizione ha notato che è stata efficacemente interrotta ex art. 2943, co. 1 c.c. con la notificazione alle parti convenute del ricorso ex art. 696 c.p.c. per l'accertamento tecnico preventivo in quanto rivolto ad acquisire elementi di prova in funzione della conferma della fondatezza della pretesa sostanziale dedotta, così "configurando un'iniziativa processuale con la quale viene inequivocabilmente manifestata alla controparte la propria volontà di esercitare il diritto in questione".
Il risarcimento danni
Il Tribunale ha ricordato che il costruttore, il progettista e/o il direttore dei lavori hanno concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dall'acquirente, non essendo credibile l'ignoranza di tali gravi carenze/difformità da parte dei convenuti legate al riscaldamento dell'acqua calda sanitaria; del resto secondo lo stesso giudice una tale mancanza non è giustificabile dalla "diseconomicità" del rispetto di quanto previsto, progettato, assentito e compravenduto; in altre parole l'immobile acquistato non doveva certo essere privato di quell'efficienza energetica (astrattamente ripristinabile ma solo con nuovi interventi invasivi) che incide in modo apprezzabile sulla funzionalità, sul godimento complessivo e sul valore economico del bene.
In ogni caso il Tribunale ha precisato che il danno conseguente alla difformità (per inefficienza progettuale e costruttiva) relativa alla mancata funzionalità dell'impianto di riscaldamento dell'acqua sanitaria a luce solare può essere correttamente parametrato ad una diminuzione del valore di mercato dell'immobile, in quanto è noto che il rendimento energetico influisce sull'appetibilità nel mercato dell'immobile.
Non sono stati però quantificati i danni per mancato "risparmio di spesa", dettato da ipotizzabili maggiori spese per più elevati consumi di riscaldamento dell'acqua calda sanitaria atteso che tale voce di danno non è stata oggetto di esplicita domanda da parte dell'acquirente (che era costretto ad usare una calderina).