La decisione oggetto di commento si è occupata di un caso interessante, che presenta un duplice profilo: uno penale, ovvero la nomina di un custode giudiziario avvenuta per un sequestro preventivo ed uno legato alla sfera civilistica, ossia l'individuazione del soggetto legittimato a procedere per i crediti di natura condominiale.
La Corte di cassazione ha definito la questione sostanzialmente in linea con il precedente orientamento, anche se relativo ad una fattispecie differente - quale l'impugnazione di una delibera assembleare - ma strettamente connessa con l'attività di gestione del condominio.
Opposizione a decreto ingiuntivo per oneri condominiali afferenti ad un complesso immobiliare oggetto di sequestro. Fatto e decisione
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 12826 in data 11 maggio 2023 ha accolto
il ricorso avverso la sentenza con la quale il Tribunale, in sede di appello, aveva confermato la decisione del Giudice di pace di rigetto dell'opposizione proposta da parte di una condomina avverso un decreto ingiuntivo, avente ad oggetto il pagamento di oneri condominiali, emesso su istanza dell'amministrazione del complesso edilizio.
Il provvedimento del giudice di secondo grado aveva, in particolare, motivato il rigetto dell'impugnazione in quanto, in mancanza di una prova dell'esistenza di un provvedimento dell'autorità giudiziaria teso ad esautorare gli organi amministrativi degli ordinari poteri (compresa la riscossione degli oneri condominiali), la circostanza che il complesso immobiliare fosse stato sottoposto ad un sequestro penale preventivo non aveva fatto venire meno l'onere di pagamento delle spese all'amministratore, a prescindere dal divieto di utilizzo dei beni comuni.
A fondamento del ricorso la condomina soccombente ha posto, nel merito, due motivi che la Corte Suprema ha trattato congiuntamente.
Con una prima censura la ricorrente ha rilevato l'erroneità della decisione di appello nel punto in cui il giudice a quo non aveva considerato che, essendo stato il complesso immobiliare sottoposto a sequestro preventivo per effetto del reato di lottizzazione abusiva, le spese di custodia dovevano essere poste a carico dell'amministrazione della giustizia.
Infatti, quando il custode giudiziario viene nominato dal GIP tra i compiti ad esso affidati rientra anche quello di mantenere e conservare le aree comuni.
La seconda doglianza ha riguardato l'asserita violazione, da parte del Tribunale, degli artt. 75 e 100 c.p.c.; del regolamento condominiale; dell'art. 1129, comma 9 c.c. e degli artt. 4, 58,59 e 150 del D.P.R. n. 115/2002 (rubricato "testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di giustizia"), avendo lo stesso affermato che gli oneri di manutenzione dovevano essere posti a carico del Presidente del Consiglio Direttivo del Condominio e non anche del custode giudiziario.
La Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso ha rimesso la causa dinanzi al Tribunale in diversa composizione per la modifica della decisione impugnata alla luce dei principi in seguito precisati.
È stato osservato dalla Corte che la questione di cui al presente ricorso (ovvero l'individuazione del soggetto legittimato a riscuotere gli oneri condominiali nel caso in cui lo stabile sia stato sottoposto a sequestro penale ai sensi dell'art. 321 c.p.p.) non era nuova, in quanto già oggetto di un precedente giurisprudenziale.
A questo proposito è stato richiamato il principio espresso dalla Corte di legittimità (Cass., sez. 2, 20 agosto 2021, n. 23255) secondo il quale "il vincolo di disponibilità derivante da un sequestro preventivo penale avente ad oggetto le unità immobiliari di proprietà esclusiva e le parti comuni di un immobile condominiale per le quali sia nominato un custode giudiziario, in difetto di contraria indicazione contenuta nel provvedimento, ed attesa la funzione tipica di detta misura stabilita dall'art. 321 c.p.p., colpisce sia i diritti e le facoltà individuali inerenti al diritto di condominio, sia le attribuzioni dell'amministratore, sia i poteri conferiti all'assemblea in materia di gestione dei beni comuni, con conseguente nullità della deliberazione da questa approvata nel periodo di efficacia del sequestro".
Applicato tale principio alla fattispecie in esame emerge - ad avviso del giudicante - la ratio posta a fondamento della decisione di affidare ad un custode il governo delle parti comuni dell'edificio in condominio: sottrarre ai condomini ed all'amministratore, in via cautelare penale, la gestione dell'intera macchina condominiale che, invece, viene trasmessa nelle mani del giudice, e per lui al custode giudiziario, che la eserciterà provvisoriamente e fino al momento in cui il vincolo del sequestro perdurerà.
Ciò, tuttavia, non toglie - ha proseguito la Corte - che il giudice penale possa limitare i poteri del custode giudiziario e coordinarli con quelli dell'amministratore ordinario o dell'assemblea, ma questo deve risultare da uno specifico provvedimento.
E qui si è innestato il problema dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., poiché il giudice di legittimità ha individuato l'errore commesso dal giudice di secondo grado, il quale aveva affermato che fosse onere dell'appellante dimostrare l'esistenza di un provvedimento di esonero dell'amministratore dagli ordinari poteri, mentre era onere di quest'ultimo provare che l'attività del custode, nominato nel procedimento penale, dovesse sottostare a determinati limiti che consentissero la permanenza di una residuale disponibilità gestoria da parte dell'amministratore o dell'assemblea.
Riscossione oneri condominiali durante il sequestro penale: obblighi e responsabilità
Per quanto l'ordinanza della Suprema Corte abbia ad oggetto una questione di carattere penale (peraltro chiaramente definita dalla stessa Corte ed indenne da ulteriori osservazioni), sulla stessa è stata sollevata una problematica di natura civile, collegata ad una presunta violazione dell'art. 1129, comma 9, c.c.
La norma pone a carico dell'amministratore, salva espressa dispensa dell'assemblea, il dovere di procedere alla riscossione forzosa delle somme dovute dai soggetti nei confronti del condominio nel termine di centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio nel quale il relativo credito è diventato esigibile.
Un incarico che è stato direttamente correlato con il disposto dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. e che sembrerebbe, proprio per la presenza del dato testuale "anche", non necessariamente riferito solo alla procedura ingiuntiva, ammettendosi - in via del tutto ipotetica - il ricorso ad un'azione ordinaria.
Tuttavia, il percorso preferenziale determinato dalla speditezza del procedimento monitorio rappresenta l'ostacolo logico e naturale per una scelta diversa.
Il fatto che l'amministratore sia tenuto ad agire per il recupero delle somme non versate dai condomini ne determina la legittimazione alla relativa azione, tanto più che l'art. 1130, n. 3, c.c. dispone che una delle attribuzioni derivanti dal mandato affidatogli dall'assemblea è proprio la riscossione dei contributi e l'erogazione delle spese per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni.
Ora se un sequestro penale preventivo pone, nei termini espressi dall'ordinanza in esame, un problema di legittimazione nella riscossione dei contributi quando l'immobile sia stato sottoposto dal giudice alla custodia giudiziaria, anche in sede civile nel caso di sequestro o di pignoramento si pone un problema di identificazione dei limiti di azione posti a carico del custode nominato dal giudice.
Nel primo caso la norma preordinata a disciplinare la materia è l'art. 676, comma 1, c.p.c., il quale stabilisce che "nel disporre un sequestro giudiziario, il giudice nomina il custode, stabilisce i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a render più sicura la custodia e a impedire la divulgazione di segreti".
Nella seconda ipotesi l'art. 559, comma 2, c.p.c. stabilisce che "su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore… quando l'immobile non sia occupato dal debitore".
In entrambi i casi "il custode va qualificato come ausiliario del giudice, da cui ripete l'investitura oltre ai poteri e sotto la cui direzione e controllo opera e può compiere tutti gli atti di ordinaria e, con l'autorizzazione del giudice, di straordinaria amministrazione…" (per il caso di immobile sequestrato cfr. Cass., sez. 3, 30 ottobre 2007, n. 22860).
L'obiettivo finale di entrambe le norme, ovvero la conservazione del bene immobile sequestrato o pignorato è, quindi, sostanzialmente lo stesso considerando che in entrambi i casi il custode deve rispondere al giudice del proprio operato rispetto al quale è responsabile per la violazione dei doveri connessi all'istituto.