Sarebbe sempre necessario, da parte dei condòmini, esaminare attentamente la c.d. offerta che gli aspiranti Amministratori presentano loro all'atto della nomina o del rinnovo, in quanto qui deve essere indicato analiticamente il compenso e, pertanto, qui si vede per che cosa e quanto pagheremo il nostro futuro Amministratore.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Palermo, con la pronuncia che leggeremo oggi, sembra proprio che questo passaggio sia saltato.
Compenso dell'Amministratore per i lavori straordinari: la pronuncia
Un Condominio cita in giudizio il suo ex Amministratore, Tizio, domandandone la condanna alla restituzione di circa 5.000,00 Euro a titolo di somme che costui si sarebbe indebitamente versato come compenso per l'attività di elaborazione e gestione della contabilità concernente i lavori di ristrutturazione dell'edificio condominiale.
È lo stesso Condominio a specificare che la somma autoliquidata da Tizio corrisponde al 2% dell'importo dei lavori appaltati e di cui si tratta e che detta percentuale era stata indicata nelle voci di compenso dello stesso Tizio in sede di delibera di nomina dello stesso nell'aprile 2011.
Secondo il Condominio, tuttavia, Tizio non avrebbe potuto disporre il pagamento nel momento in cui invece lo ha eseguito, cioè dopo che era stato revocato come Amministratore nel marzo 2018.
Tizio, costituitosi, rileva che il Condominio non contestava la debenza della somma da lui corrisposta dal conto corrente condominiale, cioè i circa 5.000,00 Euro, né la causa di detto versamento, avendone peraltro approvato la corresponsione in occasione della sua nomina.
Il Tribunale di Palermo, con la sentenza n. 2344 del 30 maggio 2022, ha rigettato la domanda del Condominio.
Il compenso dell'Amministratore come mandatario
Il Giudice palermitano avvia il proprio discorso menzionando l'art. 1720 c.c., relativo al compenso del mandatario; tuttavia, nel caso che ci occupa, sarebbe bastato, stando agli elementi di fatto riportati in narrativa, menzionare il disposto dell'art. 1129 c.c. in materia di compenso dell'Amministratore.
Sappiamo infatti che al ruolo dell'Amministratore si applica la disciplina prevista in modo specifico dalle norme sul Condominio (artt. 1117 - 1139 c.c.) e, qualora questa nulla disponga, la disciplina relativa al mandato (art. 1129, 15° comma, c.c.).
Peraltro, di solito, la giurisprudenza ricorre alle norme sul mandato in tema di compenso quando si tratta di discutere di cosiddetti rimborsi per anticipazioni eseguite dall'Amministratore a favore dell'amministrato Condominio, ma non relativamente al compenso stabilito per l'incarico.
Ed infatti, continua poi subito dopo il Tribunale di Palermo, il Condominio non ha contestato la debenza dell'importo di circa 5.000,00 Euro e il titolo per cui era dovuto, cioè la gestione lavori straordinari da parte dell'ex Amministratore Tizio, né che detto compenso fosse previsto nella delibera di nomina del 2011.
Ciò su cui si è appuntata la difesa del Condominio è la tempistica del pagamento: Tizio infatti aveva disposto i bonifici di pagamento della somma incriminata pochi giorni dopo la delibera con cui il Condominio lo aveva revocato.
La vexata quaestio dei poteri dell'Amministratore in prorogatio
A ben vedere, anche questa pronuncia tocca un tema che inizia a divenire 'scottante', se non altro perché impatta sulla gestione quotidiana del Condominio, ovvero l'estensione dei poteri dell'Amministratore durante la c.d. prorogatio, la quale è data ogni qualvolta il Condominio 'non abbia' un Amministratore - perché lo ha revocato o l'Amministratore si è dimesso e non ne ha espresso un altro, perché non si è raggiunto il quorum per la conferma di quello in carica, perché l'Amministratore è decaduto essendo trascorso l'anno dalla nomina o conferma e non essendo stata convocata l'Assemblea per il suo rinnovo.
Dopo l'avvento della riforma del 2012 si è iniziato a discutere di questo a fronte della norma di cui all'art. 1129, 8° comma, c.c., la quale prevede che l'Amministratore 'cessato dall'incarico' (a prescindere dal motivo di cessazione) debba compiere solamente le attività urgenti volte ad evitare pregiudizi al Condominio e debba completare il passaggio di consegne, senza peraltro poter pretendere alcun compenso per dette attività.
Ad avviso di chi scrive, una tale norma fu scritta per catalizzare il processo di successione tra Amministratori: è infatti evidente che, al momento di cessazione dell'incarico, un Amministratore che è tenuto a compiere solamente attività urgenti e senza nemmeno poter domandare un compenso, sarà indotto a rendere il passaggio di consegne più breve possibile.
Nella realtà delle cose, essendo aberrante che un professionista, quale l'Amministratore condominiale ormai è, lavori per nulla, si è soliti inserire già nell'offerta iniziale la regolamentazione di questa fase, così che l'Amministratore precisa come verrà regolato il suo compenso e indica anche un eventuale compenso a sé stante per il passaggio di consegne.
E qui nuovamente ci domandiamo se il regime della nullità per violazione di norma imperativa valga, nella materia condominiale, al pari delle altre branche del diritto: insomma, se l'art. 1129 c.c. è norma inderogabile (ce lo dice l'art. 1138 c.c.), né il Regolamento condominiale né la delibera assembleare dovrebbero poter derogare al comma 8, quindi riconoscere compensi all'Amministratore in prorogatio, pena la nullità del Regolamento (in parte qua) e della delibera.
Per tornare al caso di specie, l'interpretazione del Tribunale palermitano è nel senso di ammettere ampio margine per l'Amministratore in prorogatio: «Come è noto, tra la delibera di revoca del precedente amministratore e di nomina del nuovo e l'effettivo inizio dell'attività da parte di quest'ultimo, intercorre un periodo di tempo, indicato come "prorogatio imperii", durante il quale l'ex amministratore deve effettuare le attività urgenti ed ordinarie nell'interesse del Condominio, tra le quali possono annoverarsi i pagamenti dei debiti scaduti. […] Sembra quindi che lo stesso possa esercitare soltanto le operazioni ordinarie e il disbrigo degli affari correnti non procrastinabili poiché pregiudizievoli per il condominio, nell'attesa del passaggio di consegne al suo successore».
A nostro modesto avviso, qui sta un'aporia rispetto alla pronuncia in commento, che richiama, anche su questo punto, l'art. 1720 c.c. in materia di anticipazioni e rimborsi del mandatario, perché non stiamo affatto parlando di anticipazioni o rimborsi, cioè di somme che il Condominio doveva corrispondere ad un terzo per la gestione di beni e servizi comuni e che, non trovandole in cassa, l'Amministratore ha anticipato a suo favore.
Qui stiamo invece discettando del compenso dell'Amministratore, sub specie di compenso c.d. straordinario, cioè dovuto per attività straordinarie che esulano quindi dai normali poteri attribuiti ai sensi degli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c.
Quindi, in quanto compenso per attività straordinaria, lo stesso può essere riconosciuto solamente in due casi:
- se è stato previsto e determinato, almeno indicativamente (ad es., indicando una percentuale o un criterio di calcolo) in sede di nomina/rinnovo dell'Amministratore, ai sensi dell'art. 1129, 14° comma, c.c.
- se è stato presentato all'approvazione dell'Assemblea e da questa validato (argomento ex art. 1135, 1° comma, nn. 1) e 4), c.c.).
Nel determinare, implicitamente, che il compenso di Tizio per la gestione dei lavori di ristrutturazione fosse un 'debito scaduto' e, pertanto, rientrasse tra le attività urgenti previste dall'art. 1129, comma 8, c.c., il Giudice ha omesso un passaggio logico, ovvero la verifica circa l'inserimento del debito in un preventivo o rendiconto, momento in cui lo stesso diventava certo, liquido ed esigibile - per tacere del fatto che il 2% sugli importi liquidati all'impresa per l'appalto può essere determinato solamente a fronte di una contabilità finale dei lavori, della quale non si fa punto menzione nella pronuncia.
A tutto questo il tribunale non dà risposta perché il Condominio non ha mosso questa tipologia di contestazione, come visto sopra, ma si è fermato al tempo del pagamento, senza contestare la certezza, liquidità ed esigibilità del credito dell'ex Amministratore.
Peraltro, verosimilmente, il risultato sarebbe comunque stato lo stesso, proprio perché avevamo una delibera di nomina che includeva il compenso straordinario - almeno stando a quanto riportato in narrativa.
Come abbiamo visto, commentando la pronuncia del Tribunale di Roma n. 8862 del 7 giugno 2022, la questione dei poteri dell'Amministratore in prorogatio non è affatto pacifica in giurisprudenza: Roma sostiene che spetta ai condòmini determinare nella delibera di revoca quali siano i poteri dell'Amministratore in prorogatio e che, in assenza, essi siano limitati a quanto previsto dall'art. 1129, 8° comma, c.c., ovvero attività urgenti e passaggio di consegne, ma quali sono queste attività urgenti?
È quantomeno evidente che, proprio trattandosi di un compenso a sé spettante, l'Amministratore in prorogatio potrebbe procedere a pagarlo solamente laddove questo risultasse certo, liquido ed esigibile secondo gli ordinari criteri, quindi, nel caso dei lavori straordinari, solamente in caso di contabilità finale presentata ed approvata dall'Assemblea.