L'istituto. Come spesso accade, anche nel caso del fondo patrimoniale le nobili intenzioni che ne hanno determinata l'introduzione nell'ordinamento sono piegate al tentativo di soddisfare esigenze decisamente meno meritevoli, che tradiscono lo spirito della norma.
Il fondo patrimoniale, disciplinato dagli artt. 169 e segg. c.c., è, infatti, un particolare tipo di convenzione matrimoniale mediante il quale determinati beni dei coniugi possono essere utilizzati esclusivamente per soddisfare i bisogni della famiglia.
Si costituisce in tal modo una sorta di patrimonio separato e destinato a uno scopo specifico, dal che lo stesso può essere aggredito soltanto dai creditori del nucleo familiare; in altri termini, il creditore non potrà soddisfarsi sui beni del fondo ove il credito per il quale agisce nulla ha a che vedere con le esigenze familiari.
Tale divieto permane sino a quando dura il matrimonio (o i figli minori non compiono la maggiore età) atteso che, ai sensi dell'art. 171 c.c., la destinazione del fondo patrimoniale cessa a fronte dell'annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili - ad esempio per morte di un coniuge o per sentenza di divorzio - ma non in caso di separazione personale dal momento che, com'è noto, tale fase è per sua natura connotata dalla temporaneità, non potendosi escludere una riappacificazione.
Ebbene, come accennato all'inizio dell'articolo, il fondo è oggi spesso costituito al fine di proteggersi da esposizioni debitorie sorte per esigenze ben diverse da quelle familiari, ad esempio nell'ambito dell'attività imprenditoriale o, peggio ancora, in conseguenza di spese voluttuarie.
La vicenda. Come si interseca l'istituto con il fenomeno della morosità condominiale? Scrive, infatti, un lettore: "In tempi non sospetti, quando le cose andavano bene, ho costituito un fondo patrimoniale per tutelare il futuro dei miei figli.
Purtroppo negli ultimi anni la situazione è degenerata, e ho cominciato ad accumulare debiti anche nei confronti del condominio in cui abito.
L'amministratore ha avviato il recupero del credito, ma potrebbe arrivare a pignorare l'appartamento facente parte del condominio nonostante lo stesso faccia parte dei beni che costituiscono il fondo".
La sentenza. La Corte di Cassazione si esprime sull'argomento per la prima - e, a quanto consta allo scrivente, unica - volta con una sentenza del 2014, resa in tema di un pignoramento promossa dal condominio sull'immobile costituito in fondo patrimoniale.
La soluzione proposta dai giudici di legittimità non può certamente confortare il lettore, poiché la Suprema Corte, nel dare ragione al condominio, fa rientrare nel novero dei bisogni della famiglia anche le spese finalizzate alla conservazione dell'immobile.
Il principio di diritto è il seguente: "Il Collegio ritiene che tra i debiti contratti per i bisogni della famiglia vadano compresi quelli riguardanti i beni costituiti in fondo patrimoniale, dal momento che questi stessi beni sono per definizione destinati a soddisfare i bisogni della famiglia (cfr., da ultimo, Cass. n. 13622/2010, circa la funzione di garanzia assolta dai beni costituiti in fondo, in quanto correlati al soddisfacimento delle esigenze familiari)"; da ciò ne consegue che "I creditori delle spese sopportate dai coniugi per la conservazione e la manutenzione dei beni costituiti in fondo patrimoniale possono far valere la garanzia patrimoniale su tali ultimi beni e procedere alla loro espropriazione forzata per i debiti relativi" (Cass. Civ., n. 23163/2014).
Peraltro, la medesima conclusione si ottiene pure nell'ipotesi in cui la morosità abbia a oggetto le spese legali sostenute dal condominio per il recupero del credito pagato ma limitatamente alla sola sorte capitale: "…così come ineriscono all'attività di gestione e amministrazione del fondo patrimoniale gli oneri condominiali riguardanti i beni che ne fanno parte, assumono la medesima natura le spese che il condominio abbia dovuto sopportare per ottenere il pagamento di questi oneri e che i titolari del bene costituito in fondo debbono rimborsare in quanto soccombenti nei relativi giudizi".
L'orientamento giurisprudenziale. Il ragionamento della Suprema Corte ha trovato conferma anche nelle successive pronunce di merito, tra cui è interessante segnalare il Tribunale di Alessandria, per avere ritenuto ammissibile l'esecuzione nei confronti dell'immobile conferito in fondo nonostante gli oneri fossero maturati anche rispetto a immobili di cui il condomino era comproprietario per una quota minoritaria: "Non coglie inoltre nel segno l'osservazione formulata da parte attrice, che evidenzia come una quota degli oneri condominiali per cui il Condominio ______ agisce sarebbe estranea alle esigenze della famiglia in quanto inerenti le quote di proprietà di terzi comproprietari.
Una simile ricostruzione, infatti, non tiene conto del fatto che "i comproprietari di un'unità immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condomino medesimo, al pagamento degli oneri condominiali, sia perché detto obbligo di contribuzione grava sui contitolari del piano o della porzione di piano inteso come cosa unica e i comunisti stessi rappresentano, nei confronti del condominio, un insieme in virtù del principio generale dettato dall'art. 1294 c.c.
In altre parole, la scelta del condominio di agire nei confronti di uno dei coobbligati solidali è pienamente legittima e non può trovare limite nella costituzione del fondo patrimoniale dei beni immobili a cui tali spese condominiali afferiscono" (Trib. Alessandria, n. 752/2017).