Il giudice può negare l'efficacia della clausola contrattuale, qualificandola di stile, solo se la vaghezza e la genericità siano tali far ritenere che la pattuizione non sia mai concretamente entrata nella sfera della effettiva consapevolezza e volontà dei contraenti. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29902 del 20 novembre 2018.
Il caso. La Corte d'appello di Genova disponeva il trasferimento dell'immobile in esecuzione del contratto preliminare disponendo la riduzione del prezzo in misura corrispondente al costo dei lavori di adeguamento dell'impianto di riscaldamento.
La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto giustificato il rifiuto dell'acquirente di stipulare il contratto definitivo a fronte di carenze dell'impianto di riscaldamento, escludendo che una clausola di accettazione dell'immobile «nello stato di fatto e di diritto» costituisse rinuncia alle garanzie.
Infatti, dagli accertamenti tecnici era emerso che le modifiche apportate all'impianto nel 1995 non rispettavano la normativa vigente, mentre le ulteriori modifiche, effettuate dieci anni dopo, erano state realizzate senza autorizzazione del condominio.
La clausola "nello stato di fatto e di diritto" è priva di effetti. Il promittente venditore proponeva ricorso in cassazione contestando, tra l'altro, la valutazione come clausola di stile della previsione contrattuale di accettazione dell'immobile "nello stato di fatto e di diritto" esistente.
La clausola è troppo vaga e generica. La Suprema Corte - facendo applicazione del principio di diritto sopra riportato - ha rigettato il ricorso. Per gli Ermellini, infatti, la Corte d'appello ha correttamente qualificato come clausola "di stile" l'accettazione dell'immobile "nello stato di fatto e diritto" in cui si trovava al momento della sottoscrizione del preliminare. La clausola in esame è troppo vaga e generica.
Inoltre, nel contratto non vi alcun riferimento alle condizioni dell'impianto di riscaldamento.
Tutti elementi da cui si evince che, in realtà, la questione dell'adeguatezza dell'impianto non sia stata oggetto di specifica valutazione da parte dei contraenti.
Clausole di stile e interpretazione del contratto. La sentenza in commento si pone nel solco dell'orientamento costante della giurisprudenza che nega efficacia alla clausola che non risulti oggetto di specifica pattuizione delle parti, definendola "di stile".
Nell'attività di interpretazione dei contratti, il giudice deve salvaguardare l'interesse delle parti valutando, allo stesso tempo, la possibilità di rispettare e salvaguardare l'efficacia del contratto nel suo complesso, voluto dall'autonomia negoziale dei contraenti. Nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, escludendo il ricorso di altri criteri interpretativi quando la comune volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate e sia talmente chiara da escludere la ricerca di una volontà diversa (Cass. civ. n. 18180/2010). Il rilievo da assegnare alle parole va verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, considerando le singole clausole in correlazione tra loro, a norma dell'art. 1363 c.c.