La clausola che esonera il costruttore dal pagamento delle spese condominiali è tra i temi più controversi nel panorama del diritto condominiale. La Corte d'Appello di Brescia si è recentemente pronunciata su una controversia riguardante la legittimità di tale clausola (App. Brescia 23 giugno 2025, n. 650). La decisione ha fatto riferimento all'articolo 33 del Codice del Consumo, che qualifica come vessatorie le clausole contrattuali che generano un significativo squilibrio tra le parti, a danno del consumatore. I condomini coinvolti nella vicenda però hanno dovuto accollarsi le quote spettanti al costruttore. Ecco le ragioni di questo amaro epilogo.
Vicenda e decisione
Nel 2011, un acquirente acquista un appartamento e un box da una società costruttrice, con atto notarile. Da quel momento, versa regolarmente le spese condominiali in base ai millesimi di proprietà.
Il condomino, però, pur avendo versato regolarmente le proprie quote sulla base dei millesimi di proprietà, comincia a contestare ulteriori importi richiesti dal condominio.
Questi ultimi, derivano da una clausola contenuta nel contratto di compravendita, la quale esonerava la società costruttrice dal pagamento delle spese riferite agli immobili non ancora ultimati e inagibili.
Il condominio richiede ed ottiene otteneva dal Tribunale un decreto ingiuntivo di € 8.595,67 nei confronti del detto condomino, proprietario di un appartamento e di un box all'interno del condominio, a titolo di spese e oneri condominiali non versati, quali risultavano dal rendiconto consuntivo (della gestione dell'anno 2016), nonché dal bilancio preventivo dell'anno 2017 corredati dai relativi piani di riparto, entrambi approvati con delibera dell'assemblea condominiale. L'ingiunto proponeva tempestiva opposizione contestando l'esistenza del credito.
Il giudice ha ritenuto necessario coinvolgere tutte le parti interessate per garantire la validità del procedimento.
Le parti del processo, che si è svolto davanti al Tribunale sono: il condomino attore che si opposto al decreto ingiuntivo; il costruttore; il condominio che ha ottenuto il decreto ingiuntivo opposto; un terzo chiamato in causa (comproprietario dell'appartamento del condomino opponente). Il Tribunale di ha riconosciuto la natura vessatoria della clausola e ne ha dichiarato la nullità, sottolineando l'assenza di una trattativa individuale e il vantaggio economico ingiustificato attribuito al costruttore (l'esonero era totale, cioè previsto sia per le spese di gestione ordinaria che straordinaria; mancava la previsione di un termine certo di durata; non è stato chiarito fin dall'inizio quali spese il condomino-consumatore avrebbe dovuto pagare; assenza di un meccanismo di compensazione a vantaggio del consumatore rispetto al maggior onere apposto a suo carico. Il giudice lombardo, però, ha riconosciuto l'illegittimità della clausola di esonero ma ha rigettato l'opposizione al decreto ingiuntivo.
La ragione è la seguente: le delibere condominiali approvate, che hanno applicato l'esonero al costruttore, non sono state impugnate entro i termini previsti dalla legge.
In quanto delibere annullabili e non nulle, non è stato possibile per il giudice valutarne l'invalidità in sede di opposizione. La Corte di Appello ha ritenuto la decisione del Tribunale condivisibile.
I giudici di secondo grado hanno confermato in buona sostanza che il dovere di contribuire alle spese condominiali costituisce un'obbligazione propter rem, strettamente legata alla titolarità dell'immobile.
Qualsiasi eccezione a tale principio deve essere esaminata con particolare cautela, per evitare che si creino disparità tra le parti.
Inoltre, è stato evidenziato come la clausola in questione fosse priva di una durata definita e non contenesse alcun sistema di compensazione a favore dei condomini, rendendo la loro posizione contrattuale ancora più svantaggiosa.
Considerazioni conclusive
Quando i condomini, acquirenti di unità immobiliari in condomino sottoscrivono rogiti contenenti una clausola che esonera il costruttore dal pagamento delle spese relative agli immobili ancora in fase di costruzione o non ancora venduti, non possono poi modificare tale previsione con una semplice delibera approvata a maggioranza: la decisione sarebbe radicalmente nulla (App. Roma 25 luglio 2023 n. 5356).
Tuttavia, se un condomino ritiene che questa clausola sia vessatoria può contestarne la validità, invocando la normativa a tutela del consumatore.
La Cassazione ha precisato che rilevano esclusivamente le clausole predisposte dal costruttore o dall'unico proprietario originario dell'edificio, purché riconducibili alla sua attività imprenditoriale.
Tali disposizioni (come quella contenuta nel rogito del condomino ingiunto), se incidono in modo sostanziale sull'equilibrio tra diritti e obblighi contrattuali del consumatore, devono essere esaminate alla luce dei principi di correttezza e proporzionalità sanciti dall'art. 33 del Codice del Consumo (Cass. civ., sez. VI, 21/06/2022| n. 20007).
Tali clausole, ad esempio, assumono rilievo quando influenzano l'importo dovuto dall'acquirente per l'unità compravenduta.
Tuttavia, se nel frattempo l'assemblea ha approvato bilanci o riparti che applicano l'esonero al costruttore, le relative delibere non sono automaticamente nulle, ma solo annullabili.
In tal caso, il condomino interessato deve impugnarle entro il termine di 30 giorni, pena la loro definitiva validità.
In quest'ottica bisogna evidenziare che nella vicenda esaminata, anche alla luce della sentenza della Cassazione n. 9839/2021, le delibere oggetto di contestazione nell'ambito dell'opposizione al decreto ingiuntivo non sono state qualificate come radicalmente nulle, ma annullabili. Ciò perché non si è verificata una modifica dei criteri generali di ripartizione delle spese previsti dall'art. 1123 c.c., bensì si è trattato di una distribuzione concreta delle spese tra i condomini.
La mancata impugnazione, da parte del condomino interessato, delle delibere assembleari che disponevano la ripartizione delle spese condominiali con esclusione delle unità immobiliari in proprietà del costruttore, nei termini perentori di cui all'art. 1137, comma 2, c.c., ha precluso ogni possibilità di sindacato giudiziale sulla loro legittimità. In mancanza di tempestiva contestazione, tali delibere, qualificabili come annullabili in quanto relative alla ripartizione concreta delle spese in applicazione di criteri già fissati nel contratto di acquisto, si sono consolidate e sono divenute definitive.
Così il condomino, pur avendo ottenuto il riconoscimento della natura vessatoria della clausola di esonero da parte del Tribunale e della Corte d'Appello, non ha potuto trarne vantaggio concreto: la mancata impugnazione tempestiva delle delibere assembleari che applicavano tale clausola ha reso impossibile per il giudice intervenire sulla loro validità.