Con la sentenza n. 942 del 16 giugno 2024, la Corte d'Appello di Ancona, in sede di giudizio di rinvio a seguito dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 37837/2022 pubblicata il 27.12.2022, si è pronunciata sugli atti idonei ad interrompere il possesso ad usucapionem, escludendo che tra i predetti possano rientrare: il progetto di ristrutturazione volto alla riapertura delle rampe di scale per l'accesso al sottotetto condominiale mancando la chiara volontà del possessore di rinunciare all'acquisto per usucapione; nonché le diffide ed il procedimento di accertamento tecnico preventivo contenenti contestazioni alla chiusura della porta di accesso all'ultima parte del vano scale diretto al sottotetto condominiale, in tal caso mancando la manifestazione di volontà di riacquistare il possesso.
Usucapione e atti interruttivi nel contesto della chiusura del vano scale condominiale
La vicenda traeva origine dalla domanda presentata, dinanzi al Tribunale di Camerino, da due condomine proprietarie di un appartamento posto al primo piano di un stabile condominiale al fine di far accertare lo spoglio eseguito dai condomini proprietari di un appartamento al secondo piano, dell'area condominiale sita tra il piano secondo e il piano terzo antistante la rampa di scale funzionale all'accesso al sottotetto dello stabile, con condanna alla restituzione della predetta area previa rimozione di tutte le opere che impedivano l'accesso al locale in questione e con richiesta di risarcimento dei danni quantificati.
Il Tribunale di Camerino aveva rigettato la suddetta domanda così come anche la domanda subordinata di accertamento della condominialità dell'area e l'usucapione della stessa, mentre aveva ritenuto fondata l'eccezione di usucapione formulata dai convenuti.
Avverso la suddetta sentenza, le attrici soccombenti in primo grado avevano proposto appello resistito dai convenuti che ne avevano contestato i motivi e richiesto il rigetto.
La Corte d'Appello di Ancona aveva accolto il gravame e in riforma della sentenza del Tribunale di Camerino aveva accertato e dichiarato parti comuni dell'edificio il vano scale e il pianerottolo siti tra il piano secondo ed il piano terzo dell'immobile sopra indicato con condanna degli originari convenuti alla restituzione di dette aree in favore delle appellanti, previo ripristino della piccola porta posta a sinistra prima della porta d'ingresso dell'appartamento del secondo piano e previa rimozione di tutte le opere realizzate sulle predette parti comuni che ne impedivano l'accesso.
In particolare, la Corte d'Appello aveva ritenuto sussistere la presunzione di condominialità delle scale ex articolo 1117 c.c. in assenza di un titolo contrario. Nella specie, infatti, il titolo di acquisto era rappresentato da un preliminare di vendita intercorso nel giugno 1987 ed un contratto definitivo di vendita del successivo luglio.
Tali contratti non erano idonei a superare la suddetta presunzione ex art. 1117 c.c. per l'ambiguità delle espressioni usate.
Secondo la Corte d'Appello lo stato di fatto espressamente richiamato dal titolo di acquisto dei coniugi convenuti consentiva di ritenere, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, che all'epoca della compravendita la scala avesse una destinazione comune a tutti i piani dell'edificio e che, quindi, fosse goduta e posseduta anche dalle proprietarie dell'appartamento posto al primo piano.
Lo stato dei luoghi successivamente era mutato, la porta era stata murata e l'uso delle rampe che conducevano dal pianerottolo del secondo piano al terzo non era più comune ai proprietari ma nell'esclusiva disponibilità dei convenuti che, infatti, ne avevano eccepito l'usucapione. Tale eccezione doveva essere rigettata in quanto non era maturato il ventennio decorrente dal 1991. Infatti, nel 2007 tutte le parti in causa avevano firmato un progetto di ristrutturazione che prevedeva la riapertura della piccola porta, attività incompatibile con la volontà di continuare a godere uti dominus del bene. Inoltre, non potevano ignorarsi le contestazioni formulate dalle appellanti a seguito della mancata realizzazione del progetto ai fini dell'interruzione del termine per usucapire.
Le contestazioni erano state inoltrate per mezzo di lettere raccomandate contenenti diffide e per mezzo del procedimento cautelare iscritto dinanzi al Tribunale di Camerino con il quale le appellanti avevano lamentato l'eliminazione della porta di accesso diretto al sottotetto.
I convenuti in primo grado, proprietari dell'appartamento al secondo piano, avevano proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso. Il primo era relativo al mancato accoglimento da parte della Corte di Appello della eccezione avente ad oggetto la piena ed esclusiva proprietà in capo ai ricorrenti della struttura che dal secondo piano conduceva al terzo piano o sottotetto, poiché il contratto preliminare di compravendita prevedeva la proprietà esclusiva "dell'intero piano della stabile con sovrastante soffitta praticabile avente accesso da rampa di scale propria".
Il secondo motivo di ricorso aveva come oggetto la violazione dell'articolo 115 c.p.c. da parte della Corte di Appello in quanto le appellanti, non avevano mai a dimostrato la condominialità, limitandosi a invocare l'articolo 1117 c.c., e difettando peraltro la prova del compossesso della scala, così come del libero accesso alla porticina murata sin dal 1951 e del possesso delle chiavi del lucchetto che la chiudeva.
Con il terzo motivo i ricorrenti avevano chiesto di valutare nuovamente le risultanze istruttorie e di accertare che, comunque, i medesimi avevano usucapito i beni di cui trattasi e che non c'era stato alcun fatto che potesse avere interrotto il possesso ad usucapionem.
Le condomine, proprietarie dell'appartamento al primo piano, non si costituivano in giudizio avanti alla Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 37837/2022 pubblicata il 27.12.2022, aveva accolto il terzo motivo di ricorso, rigettato i primi due, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviando alla Corte d'Appello di Ancona
Riassunto il giudizio, la Corte d'Appello di Ancona si è pronunciata su quanto delineato dalla Corte di Cassazione ovvero sulla sussistenza durante il possesso in via esclusiva ultraventennale delle rampe che conducevano dal pianerottolo del secondo piano al terzo pianerottolo da parte dei convenuti in primo grado, (proprietari dell'appartamento al secondo piano) di atti idonei ad interrompere il corso del tempo utile ad usucapire.
La Corte d'Appello di Ancona, pertanto, chiamata a rivalutare gli atti idonei ad interrompere il corso del tempo utili ad usucapire da parte dei proprietari del secondo piano, ha concluso per il rigetto dell'appello confermando la sentenza di primo grado che aveva ritenuto fondata l'eccezione di usucapione da parte dei convenuti.
In particolare, la Corte d'Appello di Ancona con la prima sentenza poi impugnata in Cassazione aveva escluso che l'usucapione da parte dei convenuti fosse maturata in quanto nel corso del ventennio erano intervenuti atti interruttivi: con il progetto di ristrutturazione del 2007 era stata prevista la riapertura della piccola porta che consentiva nuovamente l'uso dell'area in contestazione e della scala da parte delle condomine del primo piano; quest'ultime avevano inviato lettere di contestazione ed iscritto procedimento cautelare a seguito della mancata realizzazione del predetto progetto.
Sicché, per la Corte tali atti erano idonei ad interrompere il corso del tempo utile ad usucapire da parte dei proprietari dell'appartamento al secondo piano.
Rivalutati gli atti interruttivi, secondo le indicazioni della Corte di Cassazione, la Corte d'Appello di Ancona ha ritenuto non idonei ad interrompere la prescrizione acquisitiva per usucapione: né il progetto di ristrutturazione mancando la chiara volontà dei convenuti di rinunciare all'acquisto per usucapione nell'autorizzare l'apertura dell'unica porta che avrebbe permesso il passaggio e l'accesso degli altri condomini; né il procedimento di accertamento tecnico preventivo non essendo finalizzato, diversamente dalle azioni petitorie e possessorie, al recupero del possesso.
La Corte d'Appello di Ancona, pertanto, sulla base della chiara indicazione della Suprema Corte, ha ritenuto il dies a quo dell'interruzione del possesso ad usucapionem decorrente dall'introduzione del giudizio in esame coincidente con la notifica dell'atto di citazione nel 2011 dinanzi al Tribunale di Camerino; conseguentemente, ha ritenuto maturato il termine ventennale di possesso ininterrotto previsto ex legge per l'usucapione del bene oggetto del contendere.
Rinuncia all'usucapione: elementi e interpretazioni giuridiche
"È configurabile rinuncia tacita all'usucapione soltanto allorché sussista incompatibilità assoluta fra il comportamento del possessore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa di acquisto del diritto, senza possibilità di diversa interpretazione" (Cass. n. 17321 del 2015; Cass. n. 10026 del 2002).
In tal senso, non può desumersi una volontà di rinunciare all'acquisto per usucapione, dall'approvazione del progetto di ristrutturazione del bene in contestazione non avendo l'atto natura negoziale e non potendo desumersi una volontà del possessore di rinunciare all'acquisto per usucapione.
Quanto agli elementi rappresentati dalle raccomandate e dall'instaurazione di un procedimento cautelare con i quali si lamenti la chiusura del passaggio su parti condominiali (nella specie, l'eliminazione della porta di accesso diretto al sottotetto) deve ribadirsi che non può esservi interruzione dell'usucapione senza la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa o senza atti giudiziari diretti a privare il possessore del possesso.
In tal senso, la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che neppure la messa in mora o la diffida (pur considerati interruttivi della prescrizione dall'art.2943 c.c. richiamato dall'art. 1165 c.c.) possono costituire atti interruttivi dell'usucapione (cfr. Cass.19 giugno 2003 n. 9845).
Si è ripetutamente affermato, infatti, che "In tema di usucapione, poiché, con il rinvio fatto dall'art. 1165 cod. civ. all'art 2943 cod. civ., risultano tassativamente elencati gli atti interruttivi del possesso, non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla legge, con la conseguenza che non può riconoscersi tale efficacia se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ovvero ad atti giudiziali diretti ad ottenere "ope iudicis" la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente" (ex plurimis Sez. 2, Sentenza n. 16234 del 25/07/2011).