Nella prassi la delega viene rilasciata poco prima della riunione assembleare, riportando nome e cognome del delegato, data e firma del delegante. Naturalmente, in mancanza di espressi divieti contenuti nel regolamento condominiale, chiunque può rappresentare un condomino in assemblea, sia esso un altro condomino, un familiare, il conduttore, una persona estranea alla compagine condominiale.
Ciò premesso si pone la seguente questione: chi approva una delibera assembleare con il voto favorevole espresso da un delegato, può impugnare la decisione assembleare? La risposta è stata recentemente fornita dalla Cassazione nella sentenza n. 4301 del 19 febbraio 2025.
Vicenda e decisione
Alcuni condomini contestavano davanti al Tribunale una delibera assembleare che addebitava loro le spese per lavori di manutenzione straordinaria, riguardanti in particolare la parte esterna dei parapetti dei balconi.
Gli attori chiedevano al Tribunale di accertare la nullità o l'annullabilità della stessa, prospettando la violazione dei criteri di ripartizione delle spese comuni previsti dall'art. 1123 c.c. I condomini sostenevano che la somma di Euro 10.252,08, ripartita tra di loro, riguardava lavori relativi alla facciata e non di proprietà esclusiva, come invece deliberato dall'assemblea.
Secondo i proprietari dei balconi la delibera doveva considerarsi nulla atteso che introduceva un criterio di ripartizione delle spese in deroga all'articolo 1123 c.c. Il menzionato condominio si costituiva eccependo l'inammissibilità della domanda, poiché i ricorrenti, rappresentati in assemblea dal padre, non avevano manifestato dissenso, sostenendo la conformità dei criteri di riparto in quanto i parapetti dei balconi, oggetto della manutenzione, erano di proprietà esclusiva dei condomini.
Il Tribunale accoglieva la domanda, annullando la delibera per difformità dei criteri di riparto dalle disposizioni dell'art. 1123 c.c. Il condominio proponeva appello, sostenendo la carenza di legittimazione attiva dei condomini per mancata contestazione in assemblea della decisione impugnata e la corretta imputazione delle spese per i lavori, riferibili a parti di proprietà esclusiva.
La Corte di appello, riformava la pronuncia di primo grado, dichiarando la carenza di legittimazione attiva degli opponenti alla delibera. I giudici di secondo grado notavano che dal verbale emergeva che gli attori avevano partecipato per delega e approvato la delibera, senza formulare dissenso o astenendosi.
I condomini ricorrevano in cassazione insistendo per la nullità della deliberazione assembleare per l'utilizzo di un criterio di ripartizione delle spese errato; in ogni caso facevano presente che l'amministratore non avrebbe potuto resistere in giudizio senza previa autorizzazione assembleare, trattandosi di una questione eccedente le sue normali attribuzioni. La Cassazione ha dato ancora torto ai condomini.
Quest'ultimi, a parere dei giudici supremi, non solo erano presenti in assemblea a mezzo di rappresentante, ma, quest'ultimo aveva votato in favore della delibera, approvata all'unanimità dei presenti e, comunque, con la necessaria maggioranza qualificata.
La Cassazione ha rigettato la domanda, condannando i soccombenti al pagamento a favore del condominio delle spese di lite, di una somma a titolo di risarcimento per responsabilità aggravata dalla temerarietà della lite, di un ulteriore importo di 1.500,00 € in favore della cassa ammende.
Considerazioni conclusive
Nel caso di specie, i condomini-attori erano presenti all'assemblea a mezzo di rappresentante che aveva votato in favore della delibera impugnata, approvata all'unanimità dai condomini presenti.
Ai sensi dell'art. 1137 c.c., sono legittimati ad impugnare le delibere annullabili soli i condomini assenti, dissenzienti o astenuti.
La Cassazione ha messo in rilievo come la delibera impugnata (approvata anche con il voto favorevole del loro delegato, il padre) sia risultata solo annullabile. Infatti l'assemblea ha ripartito le spese per il rifacimento dei parapetti dei balconi in modo errato, addebitando i costi agli attori, anziché ripartire l'importo complessivo per millesimi.
Come è stato precisato sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137 c.c., comma 2. (Cass. civ., Sez. Un., 14/04/2021, n. 9839).
Se la delibera contestata fosse risultata nulla e gli impugnanti avessero dimostrato di avere un concreto interesse all'impugnazione (per evitare un pregiudizio apprezzabile), i condomini-attori, che tramite il padre avevano votato a favore della delibera relativa ai parapetti dei balconi, sarebbero stati legittimati ad impugnarla.
Si ricorda però che questa possibilità non è espressamente prevista dalla legge (l'art. 1137 c.c. infatti attribuisce il potere di impugnare la delibera viziata solo al condomino assente, dissenziente o astenuto).
A tale proposito è stato affermato che le delibere condominiali fanno parte del diritto sostanziale e non opera quindi la regola, propria della materia processuale, secondo cui chi ha concorso a dare causa ad una nullità non può farla valere in giudizio (Cass. civ., sez. II, 01/10/1997, n. 9562).