Il decoro architettonico dell'edificio è un concetto di per sé facilmente declinabile: le complicazioni pratiche giungono quanto si agita lo spauracchio della sua alterazione.
Se alterare vuol dire peggiorare, dimostrarlo significa acclarare l'esistenza di un danno che deve essere anche economicamente valutabile.
Il quesito di un nostro lettore ci aiuterà a comprendere meglio la questione negli aspetti teorici e nelle decisive applicazioni concrete.
"Buongiorno amici di Condominioweb, ho un problema. Abito al piano terra di una palazzina gialla di cinque piani (gialla per il colore del prospetto).
Adiacente e comunicante con la mia abitazione c'è un piccolo scoperto nel quale questa estate ho installato un gazebo bianco, di quelli classici, in tela, per dare l'idea simile a quelli che si vedono utilizzati per gli stand, ecc. Un elemento sobrio, oserei dire elegante staccato dalla parete perimetrale di circa tre metri e facilmente amovibile.
Il vicino del piano superiore ha detto che altera il decoro, per forma e colore, e chiederà all'amministratore di intervenire per ottenerne la rimozione. Secondo me è solo invidioso, oppure potrebbe avere ragione?"
Anticipiamo la risposta per poi argomentarla: potrebbe avere ragione, signor lettore. Il condizionale lo spieghiamo di seguito.
Nozione di decoro architettonico
Il decoro architettonico, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (si veda ad es, Cass. n. 581/07), è costituito da quell'insieme di linee ed elementi che, sia pur estremamente semplici, sono in grado di caratterizzare l'estetica dell'edificio.
Si badi: linee anche semplici. Ciò sta a significare che la nozione di decoro, quale bene comune tutelabile non deve necessariamente riguardare un edificio di particolare pregio, potendo avere ad oggetto anche uno stabile comune, ivi compresi alloggi accatastati come alloggi popolari.
Nel caso del nostro lettore, procediamo per ordine di indicazione dello stato dei luoghi, il colore giallo della facciata potrebbe rappresentare un elemento caratterizzante dell'estetica del palazzo.
Così, per portare un esempio, la pitturazione di una sola parte della facciata con un colore diverso, anche solo per tonalità, potrebbe rappresentare la suddetta violazione.
Alterare il decoro vuol dire fare un danno
Che vuol dire danneggiare l'estetica dell'edificio? In poche parole, il danneggiamento è un peggioramento estetico. Per sintetizzare ulteriormente si può affermare che l'alterazione del decoro è uno sfregio estetico.
Riguarda all'argomento in esame, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che "il concetto di danno, cui la norma fa riferimento, non va limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine edonistico od estetico (v. Cass. 27.4.1989, n. 1947), per cui ricadono nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato.
Decoro da correlarsi non soltanto all'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata armonia, ma anche all' aspetto di singoli elementi o di singole parti dell'edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano comunque suscettibili per sé di considerazione autonoma (v. Cass. 24.3. 2004, n. 5899)" (Cass. 19 gennaio 2005, n. 1076).
Alterazione senza danno non è un reale peggioramento
Il danno, così definito, deve avere una ripercussione di carattere economico. Alterare il decoro, anche semplicemente peggiorando l'armonia stilistica dell'edificio, deve comportare una diminuzione del valore economico dell'edificio.
L'alterazione del decoro, è sempre la Cassazione a dirlo, quindi deve sostanziarsi in un pregiudizio economico consistente nel deprezzamento delle parti comuni ovvero delle unità immobiliari (si veda in tal senso Cass. n. 1286/2010).
Alterazione del decoro e onere della prova
Ai sensi dell'art. 2697 c.c. chi agisce in giudizio per fare valere un diritto deve provarne l'esistenza.
Tradotto in pratica con riferimento alla questione che ci occupa, chi agisce in giudizio per ottenere l'accertamento del decoro architettonico - unica modalità che consente la rimozione forzosa dell'opera eseguita, salvo il risarcimento del danno - deve provare l'alterazione, ossia il danno che si traduce in un pregiudizio economicamente valutabile (sull'onere della prova in materia di alterazione del decoro, si veda tra le varie App. Roma 4 marzo 2021 n. 1671).
L'azione può essere proposta tanto dal singolo condòmino quanto dal condominio, in persona dell'amministratore, previo esperimento del tentativo di mediazione (in entrambi i casi) e salva la possibilità di agire in via cautelare, senza azionare in tal caso la procedura di mediazione ex d.lgs n. 28/2010.
La valutazione dell'alterazione deve essere eseguita dal giudice di merito e non è soggetta ad impugnazione in sede di legittimità, ove adeguatamente motivata (sull'argomento si veda anche App. Milano 15 marzo 2022 n. 846).
Per tornare al quesito spiegando il condizionale utilizzato per rispondere al nostro lettore. Il vicino (o l'amministratore) per dimostrare l'alterazione del decoro dovrebbe essere in grado di fornire la prova che il gazebo, come descritto, abbia peggiorato l'estetica dello stabile.
Salvo un divieto di totale modificazione prevista da un regolamento contrattuale, ci pare di poter dire che si tratta di una prova non così agevole. Il condizionale, però, è d'obbligo.