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Per i danni alle parti comuni il condomino può chiedere il risarcimento solamente in proporzione alla sua quota

Che cosa può fare il condomino che intende essere rimborsato per le spese sostenute a causa dei danni causati da altri?
Avv. Alessandro Gallucci Avv. Alessandro Gallucci 

Il mio vicino, un vero maleducato, imbratta in continuazione il muro dell’androne urtando con le quote della bicicletta che, anche se non potrebbe, continua a parcheggiare impunemente nell’atrio. Ogni anno l’assemblea delibera la pitturazione di quella parte di muro: non ne posso più di pagare per altri, che cosa posso fare?

Il caso ce lo siamo inventato; il quesito, invece, ci viene posto spesso.

Detta più genericamente: che cosa può fare il condomino che intende essere rimborsato per le spese sostenute a causa dei danni causati da altri?

La risposta è semplice: gli può fare causa per ottenere il risarcimento.

Si badi, però: il risarcimento deve essere limitato alla propria quota di partecipazione alla spesa frutto del danno.

In sostanza:

a) il condomino, nell’ambito della tutela dei propri diritti inerenti le parti comuni di un edificio in condominio, può agire direttamente ma solamente per la propria quota;

b) l’amministratore, quale legale rappresentante di tutti, essendo tenuto a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni dell’edificio, può chiedere il risarcimento relativo all’intero danno subito dalla compagine.

Il campo di applicazione di questa affermazione è la responsabilità extracontrattuale.

Proprio in tale ambito la Cassazione ha avuto modo di affermare che “ qualora il danno subito dalla cosa comune sia causalmente imputabile ad uno dei comproprietari, il comproprietario del bene danneggiato può agire nei confronti del danneggiante per il risarcimento dei danni per equivalente solo pro-quota, e non per intero.

Il pregiudizio patrimoniale subito dal comproprietario, infatti, corrisponde alla spesa posta a suo carico per la riparazione del bene comune; sicchè in favore del predetto può essere liquidato solo l'importo su lui gravante in proporzione al suo diritto di comproprietà, e non anche la parte di esborso dovuta dal comproprietario danneggiante” (Cass. 23 novembre 2012 n. 20733).

Vale la pena specificare un fatto che, spesso, è sottovalutato.

Una cosa è agire in giudizio per ottenere il risarcimento connesso al fatto illecito altrui, altro è decidere in assemblea di addebitare l’intera spesa a chi ha commesso tale fatto.

In questa seconda circostanza la deliberazione, sul punto, sarebbe da considerarsi irrimediabilmente nulla.

Il motivo è semplice: un conto è chiedere ad un giudice di accertare un fatto e trarne le conseguenze in ordine alle responsabilità.

Altro decidere fuori da un’aula di Tribunale e senza il consenso dell’interessato, di addossargli una responsabilità e fargliene pagare in termini economici, le conseguenze. Ciò altro non sarebbe che un esercizio, arbitrario e quindi impossibile ai fini giuridici, della funzione giurisdizionale che, è noto, può essere svolta solamente da ben precisi organi espressamente individuati dalla legge.

Insomma: se c’è un danno è lecito agire in giudizio per chiedere il risarcimento anche solamente per la propria quota parte ma è sbagliato che l’assemblea si sostituisca al giudice.

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