Uso esclusivo di un tratto d'intercapedine condominiale.
Ci scrive un nostro lettore: "Salve gentile redazione, questo la mia situazione e il mio quesito.
Ho un box al piano seminterrato.
Tra il box e il muro di contenimento condominiale c'è un'intercapedine. Serve per dare luce ed aria ai locali box.
Siccome ho comperato un'automobile più lunga, una station wagon, per una maggiore comodità di manovra vorrei abbattere il muro e usare quello spazio comune.
Farei tutto a mie spese, previa valutazione della fattibilità in termini antincendio coi vigili del fuoco.
Nessuno per ora l'ha fatto, secondo voi potrei?"
Norme antincendio e uso della cosa comune: questi gli aspetti principali.
Partiamo dalle norme antincendio.
Intercapedine e norme antincendio
Che l'intercapedine possa essere utilizzata per parcare autoveicoli è circostanza considerata dalle norme o meglio dalla loro interpretazione s'è vero, com'è vero, che il Ministero dell'Interno, in materia di Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di autorimesse e simili, ha affermato che "la misurazione delle superfici dei compartimenti deve tenere conto della misura delle superfici delle intercapedini solo qualora la proiezione in pianta di queste ultime sia utilizzata anche per parcare e/o movimentare autoveicoli. (Chiarimento PROT. n° 2975 del 2009).
Data questa premessa, da questo punto di vista la situazione andrebbe valutata in concreto, considerando lo specifico stato dei luoghi e quindi la fattibilità della modifica. Nel farlo andrebbe valutata la specifica funzione dell'intercapedine (serve per funzione di ventilazione, quindi antincendio o di mera separazione dal terrapieno) e quindi l'eventuale necessità di nuova pratica presso i vigili del fuoco.
Chiarito questo aspetto, di fondamentale importanza e dirimenza e dando per assodato che da questo punto di vista sia possibile l'appropriazione dell'intercapedine, passiamo adesso agli aspetti condominiali.
Uso della cosa comune
L'art. 1102, primo comma, c.c. recita:
"Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa".
L'articolo è dettato in materia di comunione ma in virtù del richiamo contenuto a queste norme nell'art. 1139 c.c. e per costante giurisprudenza è applicabile anche in materia di condominio negli edifici.
L'uso da parte di ognuno deve avvenire in modo tale che, senza alternarne la destinazione, resti comunque impregiudicata la possibilità degli altri condomini di fare il loro uso.
Com'è possibile tutto ciò?
La Cassazione, intervenendo in più occasioni sulla materia, ha specificato che " il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non è da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell'unità di tempo e di spazio, perché se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine" (Cass. 16 giugno 2005 n. 12873).
Intercapedine condominiale e uso della cosa comune
Ciò detto vale la pena concentrare l'attenzione su quella parte dell'edificio chiamata intercapedine. Nel gergo comune con tale sostantivo come si definisce lo "spazio, vuoto compreso tra due superfici vicine; in partic. in edilizia, spazio vuoto che isola le parti interrate di un edificio dal terreno circostante, per impedire infiltrazioni d'acqua" (Dizionario della lingua italiana Il Sabatini Coletti). Le intercapedini non sono menzionate nell'art. 1117 c.c.
Come ha avuto modo di precisare la Cassazione "l'intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni - che costituisce il suolo dell'edificio - e la superficie, raffigurata dalla prima soletta del piano terra, se non risulta diversamente dai titoli, appartiene in comune a tutti i condomini in quanto destinata alla aerazione o coibentazione del fabbricato (Cass., Sez. 2^. 17 marzo 1999, n. 2395) e la pronunzia di illegittimità dei lavori di scavo compiuti" (così Cass. 15 febbraio 2008 n. 3854).
Lo stesso deve dirsi per le eventuali intercapedini presenti sui muri perimetrali. Molto spesso siamo abituati a vedere le intercapedini dei piani interrati tramite le inferriate poste sui marciapiedi delle strade. Chiarito che cosa debba intendersi per intercapedine e perché questa parte dell'edificio debba considerarsi di proprietà comune è lecito domandarsi quali siano i limiti al suo uso.
Sicuramente l'utilizzazione, salvo il caso di consenso di tutti gli interessati, potrà essere fatta solamente dai condomini.
Quanto ai modi - in osservanza a quanto detto in linea generale sull'uso delle cose comuni e per le norme di sicurezza in materia di prevenzione incendi - saranno leciti tutti quelli che, nel rispetto della destinazione di quella parte comune non la danneggino o mutino la destinazione della cosa né limitino il pari diritto degli altri.
In astratto, dunque, il nostro lettore potrà provare a valutare l'opera, facendone comunicazione all'amministratore.