L’assemblea condominiale è l’organo deputato a prendere le decisioni inerenti la gestione e conservazione delle parti comuni dell’edificio.
La sua competenza, fermo restando che l’oggetto delle deliberazioni deve ricadere sempre sulle parti comuni, è pressoché illimitato.
Secondo la Cassazione, infatti, “ l'assemblea condominiale - atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c. - può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempreché non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale.
Ne consegue che le deliberazioni dell'assemblea dei condomini non sono impugnabili per difetto di competenza bensì restano soggette all'impugnazione a norma dell'art. 1137 c.c. soltanto per contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, nella quale contrarietà confluisce ogni possibile deviazione del potere decisionale verso la realizzazione di fini estranei alla comunità condominiale” (Cass. 13 agosto 1985 n. 4437 in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 8-9).
Ciò detto è utile domandarsi: che cosa accade se la deliberazione è poco chiara o se, comunque, sorgono dei dubbi sul suo contenuto?
In poche parole: in che modo la si deve interpretare?
La Cassazione ha risposto più volte a questo interrogativo e sempre allo stesso modo.
Da ultimo, era il 5 dicembre, è stata resa una sentenza nella quale si legge che “ le deliberazioni condominiali vanno interpretate secondo i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362 e ss. cod. civ. ed il relativo compito è assegnato al giudice del merito; poiché tale valutazione costituisce apprezzamento di fatto, è insindacabile in sede di legittimità, purché sorretto da congrua motivazione immune da vizi logici e giuridici (Cass. 12556/02, 4501/12006).
D’altra parte, l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, che deve essere specificamente indicata in modo da dimostrare - in relazione al contenuto del testo contrattuale – l’erroneo risultato interpretativo cui per effetto della predetta violazione è giunta la decisione, chè altrimenti sarebbe stata con certezza diversa la decisione: la deduzione deve essere, altresì, accompagnata dalla trascrizione integrale del testo contrattuale in modo da consentire alla Corte di Cassazione, che non ha diretto accesso agli atti, di verificare la sussistenza della denunciata violazione: tali oneri non sono stati ottemperati dalla ricorrente la quale ha in realtà formulato una soggettiva interpretazione del delibera difforme da quella accolta in sentenza” (Cass. 5 dicembre 2012, 21886).
In sostanza la delibera assembleare dev’essere interpretata alla luce delle regole che disciplinano l’interpretazione dei contratti e se il giudice di merito, ne farlo, non incappa in errori logici, la Cassazione non può dir nulla sul punto.