In condominio, previo esame dei documenti giustificativi e del bilancio redatto dall'amministratore, l'assemblea approva il consuntivo e la ripartizione in esso prevista. In ragione di ciò, i vari proprietari, in base al valore millesimale dei rispettivi immobili, saranno tenuti al pagamento degli oneri comuni.
Può accadere, però, che il bilancio sia approvato con un certo ritardo e che nelle more della votazione sia cambiata l'anagrafe condominiale, cioè che siano mutate le titolarità dei singoli immobili.
Ad esempio, è successo ciò nel caso oggetto della recente sentenza della Corte di Appello di Roma n. 7069 del 3 novembre 2023, dove pare che l'assemblea abbia approvato alcuni bilanci arretrati, soltanto dopo che uno dei condòmini aveva ceduto il proprio appartamento. Quest'ultimo, pertanto, riteneva di non essere obbligato verso il fabbricato per le relative quote.
Ne è scaturita una lite tra l'edificio e l'ex condòmino caratterizzata, almeno per ora, da due gradi di giudizio. In particolare, con l'ultima decisione, qui in commento, in caso di cessione di un immobile in condominio, i giudici di merito hanno stabilito chi deve pagare gli oneri comuni arretrati, ma approvati dopo la vendita.
È opportuno, perciò, approfondire il caso concreto.
Cessione immobile in condominio e pagamento oneri arretrati approvati dopo la vendita. Fatto e decisione.
In un fabbricato in provincia di Roma, nel maggio del 2017, l'assemblea, all'unanimità dei presenti, approvava i rendiconti e le relative ripartizioni con riferimento agli anni 2015 e 2016. Nella stessa sede, il consesso ratificava, altresì, il bilancio in merito ad alcuni oneri consortili dovuti dal fabbricato per il periodo 2006-2013.
In base alle dette decisioni e in relazione al periodo anzidetto, la quota relativa ad un determinato immobile era pari a circa 8.500 euro. Tale somma era chiesta all'ex titolare del cespite. Questi, infatti, aveva ceduto il bene nel 2016. Ebbene, in ragione di tale circostanza, l'ex condòmino negava ogni addebito e sosteneva che ogni richiesta dovesse essere indirizzata all'attuale proprietario dell'immobile.
Nasceva, quindi, la lite giudiziale dinanzi al competente Tribunale di Civitavecchia che accoglieva le istanze del convenuto più che altro per una questione formale. Secondo l'ufficio laziale, infatti, non era stato corretto rivolgersi al vecchio condòmino, visto che le delibere in esame non erano state chiare e precise nell'individuare la pretesa situazione debitoria in capo al medesimo.
La diatriba si spostava, dunque, in sede di appello, dove l'appellante insisteva per la rituale e corretta approvazione dei bilanci in contestazione e per la conseguente attribuzione delle quote di riferimento all'appellato.
Il condominio, ovviamente, non negava che, all'epoca della votazione, il debitore non era più proprietario nel fabbricato.
Tuttavia, ribadiva che tale circostanza era irrilevante ai fini dell'attribuzione degli oneri condominiali, visto che, per il periodo in questione, la contitolarità del diritto reale su beni e servizi comuni c'era ed era incontestabile.
La Corte di Appello di Roma, esaminati gli atti, ha giudicato corretti i bilanci approvati ed ha, quindi, condiviso le conclusioni dell'appellante. Per l'effetto ha riformato la sentenza impugnata e ha condannato l'appellato al versamento delle quote condominiali risultanti dai bilanci e dalle ripartizioni approvati nel maggio del 2017. La condanna al pagamento delle spese processuali è stata un'ulteriore e naturale conseguenza a carico della parte soccombente.
Vecchie quote condominiali: sono a carico del nuovo o del vecchio proprietario?
La Corte di Appello di Roma, conformemente alla comune interpretazione giurisprudenziale sull'argomento, ha ricordato che l'obbligo di pagare le quote condominiali non è caratterizzato dalla cosiddetta ambulatorietà passiva.
Non è corretto, perciò, sostenere che l'acquirente di un immobile in condominio subentra nella posizione del venditore verso il fabbricato, assumendosi l'onere di pagare tutte le quote arretrate senza alcun limite o condizione.
Non può affermarsi il contrario nemmeno invocando l'art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ. "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, a1 pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente".
Questa disposizione, lungi dall'affermare che l'alienante dell'immobile è liberato dalla sua obbligazione verso l'edificio, rafforza solo la posizione creditoria del condominio.
Essa, infatti, obbliga l'acquirente, in solido con il vecchio proprietario, al pagamento delle quote, ma solo con riguardo al periodo considerato dalla norma.
Tornando al caso in esame, l'ex proprietario nel fabbricato non poteva, perciò, sottrarsi al pagamento delle quote condominiali relative al periodo in cui era stato contitolare dei beni e dei servizi comuni.
È vero che aveva ceduto il bene, precedentemente all'approvazione dei bilanci, tuttavia tale circostanza era irrilevante. Non aveva, quindi, alcuna importanza che il credito era sorto con la votazione del consuntivo e del conseguente riparto avvenuti successivamente al passaggio di proprietà. Si trattava, pur sempre di spese che si erano rese necessarie nel momento in cui il venditore era ancora un condòmino del fabbricato.