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Cessione immobile e costituzione servitù: sono necessarie due distinte trascrizioni?

Per l'opponibilità di una servitù prediale ad un terzo, assume rilievo solo la conoscibilità legale della medesima attraverso la specifica trascrizione del patto che la prevede.
Avv. Marco Borriello Avv. Marco Borriello 

Con la costituzione di una servitù passaggio, il proprietario di un fondo, cosiddetto servente, concede al titolare di un immobile adiacente o vicino, denominato dominante, la possibilità di attraversare il fondo per raggiungere il proprio possedimento.

Si tratta, tecnicamente, di un peso o, più semplicemente, di una limitazione del diritto di proprietà che grava sull'immobile, visto che si dovranno tollerare il transito e le opere necessarie a consentirlo (la strada).

Per questo motivo, affinché la servitù sia opponibile ai terzi acquirenti, la legge prevede che la detta costituzione sia debitamente trascritta nei registri immobiliari "Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione …i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali…(art. 2643 cod. civ. n. 4)".

Nell'intricata vicenda che ha caratterizzato la recente sentenza n. 28694 del 16 ottobre 2023, emessa dalla Corte di Cassazione, si è discusso proprio di una servitù di passaggio. Essa era stata costituita contestualmente alla vendita di un appezzamento di terreno, a favore di questo fondo ed a carico di un altro immobile del venditore. A quanto pare, la trascrizione di queste due distinte operazioni era avvenuta con un'unica nota. La diatriba in discussione è nata, dunque, sull'opponibilità ai terzi successivi acquirenti del fondo servente della servitù così trascritta.

Approfondiamo meglio, però, il caso concreto.

Cessione immobile e costituzione servitù: sono necessarie due distinte trascrizioni? Fatto e decisione.

La lite in esame nasceva nel lontano 2005, allorquando i proprietari di un terreno, Tizio e Caio, citavano in giudizio Mevio, titolare di un fondo vicino, affinché fosse dichiarata a loro inopponibile una servitù di passaggio che questi riteneva di vantare.

In particolare, secondo Mevio, il titolo di tale diritto reale nasceva dal proprio atto di acquisto, all'interno del quale il venditore, Sempronio, aveva concesso questa servitù a carico di un altro suo immobile. Nello specifico si trattava del cespite che, poi, successivamente, avrebbe a sua volta ceduto a Tizio e Caio.

Quest'ultimi sostenevano, quindi, che nessun peso poteva essere imposto al loro fondo visto che la trascrizione della servitù non era avvenuta, distintamente, ma era stata solo annotata nella precedente compravendita a favore di Mevio nel quadro D della nota di trascrizione della stessa. Ciò non era regolare. Occorrevano, infatti, due distinte trascrizioni, cioè sia della compravendita sia della servitù.

Le descritte conclusioni non erano accolte né in primo né in secondo grado. Secondo gli uffici di merito, infatti, la trascrizione della servitù nel quadro D della nota relativa alla prima compravendita era stata sufficiente a rendere opponibile ai terzi Tizio a Caio il peso de quo. Si era trattata, perciò, di una formalità compiuta in conformità alla legge (L. n. 52 del 1985, ex art. 17, comma 4) anche se ammettevano che la redazione di un'apposita nota di trascrizione della servitù in contestazione sarebbe stata preferibile.

La Cassazione, invece, investita in terzo grado della diatriba, è giunta ad una conclusione diametralmente opposta.

Per gli Ermellini, infatti, ai fini della opponibilità di una servitù prediale ad un terzo acquirente, assume rilievo solo la conoscibilità legale della medesima attraverso la specifica trascrizione del patto che la prevede.

Non è possibile imporre tale peso nemmeno nell'ipotesi in cui l'acquirente del fondo servente abbia acquisito conoscenza di tale servitù per vie diverse (Cass. n. 17026 del 2019; n. 13817 del 2019; n. 12798 del 2019; n. 8000 del 2018; n. 3590 del 1993; n. 4508 del 1980; n. 1992 del 1980; n. 587 del 1971).

La determinazione della servitù di passaggio coattivo

Ragion per cui, la Cassazione ha accolto il ricorso, poiché nel caso di specie la servitù non era stata trascritta correttamente, cioè con atto separato e distinto, e ha rimandato la questione alla Corte di Appello affinché proceda ad esaminare la lite uniformandosi a tale affermazione.

Considerazioni conclusive

Per la Cassazione, in caso di cessione di un immobile e di contestuale costituzione di una servitù a vantaggio del medesimo ed a carico di un altro fondo, le due operazioni devono essere distinte e devono essere trascritte con due note differenti. In caso contrario, infatti, la servitù non sarebbe opponibile ai terzi acquirenti del fondo servente.

In ragione di ciò, gli Ermellini hanno affermato il seguente principio: "qualora un contratto di compravendita di un fondo contenga una ulteriore convenzione, costitutiva di un diritto di servitù in favore dell'immobile alienato ed a carico di altro fondo di proprietà del venditore, agli effetti della L. n. 52 del 1985, art. 17, comma 3, è necessario presentare distinte note di trascrizione per il negozio di trasferimento della proprietà e per la convenzione di costituzione della servitù, nè rileva, ai fini della opponibilità della servitù ai terzi, la menzione del relativo titolo contrattuale nel "quadro D" della nota di trascrizione della vendita, trattandosi di inesattezza che induce incertezza sul rapporto giuridico a cui si riferisce l'atto".

Nel caso in esame, quindi, pare evidente che la servitù in contestazione non sia stata a buon diritto costituita o, per meglio dire, che non sia stata legittimamente resa opponibile ai terzi compratori del bene servente (nell'occasione, Tizio e Caio).

Sentenza
Scarica Cass. 16 ottobre 2023 n. 28694
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