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Rinnovo CPI e responsabilità professionale dell'amministratore

Mancato rinnovo del Certificato di prevenzione incendi: per la responsabilità dell'amministratore bisogna provare il nesso causale tra l'omissione e il danno.
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 
21 Dic, 2020

Uno dei crucci maggiori di ogni amministratore è quello di provvedere a dotare il proprio condominio del Certificato di prevenzione incendi. Com'è noto, il certificato di prevenzione incendi (CPI) è un documento, rilasciato dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, in cui si certifica che l'edificio è conforme alle norme antincendio, in quanto i locali dell'edificio hanno i requisiti di sicurezza necessari a proteggere le persone e le cose nel caso in cui si verifichi un incendio.

Il certificato di prevenzione incendi ha una validità di cinque anni, al termine dei quali deve essere rinnovato. Nel caso in cui non siano rispettati i termini per il rinnovo, il condominio dovrà adoperarsi per chiedere un nuovo certificato di prevenzione incendi.

È proprio su questo punto che si è espresso il Tribunale di Firenze con la sentenza 7 dicembre 2012 n. 2735. Qual è la responsabilità dell'amministratore in caso di mancato rinnovo o richiesta del CPI? Cosa succede se la sua condotta è causa di ritardi e di maggiori esborsi economici?

Responsabilità amministratore per mancato rinnovo CPI: il caso

Il condominio, in persona del nuovo amministratore pro tempore, citava in giudizio l'ex amministratore per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dal mancato tempestivo rinnovo del Certificato di prevenzione incendi.

Assumeva parte attrice che il fabbricato era dotato di un'autorimessa in relazione all'utilizzo della quale, al momento della realizzazione dell'edificio, veniva chiesto ed ottenuto il relativo Certificato di Prevenzione Incendi con scadenza dicembre 1998.

L'ex amministratore convenuto non avrebbe provveduto a richiedere nei termini prescritti il rinnovo del suddetto CPI, con conseguente necessità per il condominio di richiederne uno ex novo, sostenendo quindi costi maggiori per l'adeguamento della propria autorimessa alla normativa in materia di prevenzione antincendi.

Per la precisione, il condominio sosteneva che solo a seguito di ulteriori lavori da eseguire per l'adeguamento delle autorimesse sarebbe emerso che l'uso delle stesse non era certificato dai Vigili del Fuoco.

Pertanto, sulla base della relazione redatta dal tecnico incaricato dal condominio, era emerso che nessuna documentazione sarebbe stata inviata a seguito dei lavori eseguiti nel 2000 e, pertanto, il Condominio si vedeva costretto ad affrontare i lavori necessari per ottenere il Certificato di prevenzione Incendi con un conseguente esborso di quasi 60mila euro.

Il condominio chiedeva quindi la condanna dell'ex amministratore al risarcimento del danno in misura pari agli esborsi necessari per adeguare le autorimesse al fine di ottenere il Certificato di prevenzione incendi.

Responsabilità amministratore per mancato rinnovo CPI: la decisione

Secondo il Tribunale di Firenze (sentenza 7 dicembre 2012 n. 2735), la domanda di parte attrice non può trovare accoglimento non essendo provata la sussistenza di un nesso causale tra il danno dedotto dal condominio attore e le inadempienze addebitate al convenuto riguardo al certificato di prevenzione incendi.

Secondo il Tribunale, anche a seguito delle risultanze emerse dalla Ctu, non sarebbe provato il nesso causale tra il ritardo dell'amministratore nel chiedere il rinnovo del Certificato di prevenzione incendi e l'esborso economico sostenuto dal condominio.

Per la precisione, secondo il giudice toscano risulta pacifico dagli atti che, al momento del rinnovo del primo Certificato di prevenzione incendi, il condominio già non era rispettoso della normativa antincendio; di conseguenza, non sussiste nesso causale tra l'omissione addebitata al convenuto nella sua qualità di amministratore dell'epoca e i danni reclamati.

In pratica, la violazione della normativa antincendio risultava precedente al presunto ritardo dell'amministratore. Pertanto, l'esborso sostenuto dal condominio non è a lui addebitabile.

Il cambio di destinazione d'uso non impedisce di ottenere la certificazione di prevenzione incendi

Responsabilità amministratore e CPI: il principio espresso dal giudice

Richiamandosi a un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass., sent. n. 16905/2010), il Tribunale di Firenze statuisce che «il prestatore d'opera intellettuale, che si renda inadempiente svolgendo in modo negligente l'attività professionale alla cui prestazione è tenuto in base al contratto, risponde dei danni cagionati dal proprio inadempimento (artt.2230, 1176, 1218 e 1223 c.c.).

Tuttavia la responsabilità del prestatore d'opera intellettuale non può dunque essere affermata sulla base del sol fatto, che integra l'inadempimento, rappresentato dalla omissione di un atto, cui egli sarebbe stato obbligato per un diligente esercizio dell'attività professionale; ma è anche necessaria la dimostrazione che dalla omissione sia derivato un danno, cioè che il danno allegato sia legato da nesso causale alla omissione.

Invero, per accertare l'esistenza d'un nesso causale tra omissione ed evento è necessario risolvere nel caso concreto il problema logico consistente nello stabilire se la condotta attesa avrebbe impedito l'evento».

Ai fini dell'accertamento del danno, è necessario valutare se le parti, con ragionevole certezza, avrebbero potuto conseguire una situazione economicamente più vantaggiosa, qualora il professionista avesse adempiuto con diligenza la propria prestazione.

Ragionevole certezza che andrebbe intesa come probabilità statisticamente forte che ad una data condizione (i.e.: la negligenza del professionista) consegua un certo risultato dannoso.

Quando l'amministratore di condominio può essere ritenuto responsabile del reato di incendio colposo?

Per giurisprudenza granitica, sono giudicati risarcibili i danni che rientrano nella serie delle conseguenze normali di un dato fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione rapportato all'apprezzamento dell'uomo di ordinaria diligenza.

In altri termini, sono risarcibili solo i danni che si presentino come effetto normale di un tale fatto illecito o di un tale inadempimento, ovvero quei danni che un dato comportamento o una data omissione producono secondo normalità.

Nel procedimento in esame, con riferimento ai presunti danni lamentati e derivanti dalla condotta omissiva di parte convenuta, è assente qualsiasi allegazione probatoria alla domanda proposta da parte attrice e, in particolare, circa l'esistenza del nesso causale tra il presunto inadempimento del convenuto e i danni reclamati nell'atto di citazione.

All'amministratore di condominio si applica pertanto lo stesso criterio adoperato per qualsiasi professionista: il semplice inadempimento non è sufficiente, di per sé solo, a giustificare il risarcimento del danno se non si dimostra che, se il professionista avesse tenuto una condotta diligente, il danno non si sarebbe verificato.

Sentenza
Scarica Trib. Firenze 7 dicembre 2012 n. 2735
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