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Ripartizione dei costi del certificato di agibilità

Certificato di aibilità condominio. Come vanno ripartiti i costi?
Avv. Alessandro Gallucci 

Amministro uno stabile di 12 appartamenti nel quale sono anche condomino. Ho dovuto seguire le pratiche per ottenere l'agibilità abitativa dell'intero edificio ed ora giustamente tecnici, ditta e notaio mi domandano le loro spettanze.

Domanda: questi costi devono essere ripartiti in millesimi, per unità abitativa o in parti uguali?

L'art. 24 d.p.r. n. 380/01 recita:

Il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.

Insomma la certificazione di agibilità altro non è che un'attestazione che garantisce che l'immobile è a norma al momento del suo rilascio.

Abitabilità e agibilità sono la stessa cosa

La sua esistenza è molto importante, spesso fondamentale specie in relazione alla concessione di mutui per acquisto e/o ristrutturazione, ma la sua assenza non è di per sé necessariamente causa di problemi, almeno questo è quello che si può dire non solamente in ragione della legislazione vigente, ma anche con riferimento alla sua pratica applicazione.

Così, ad esempio, per ottenere la certificazione di agibilità è necessario che tutti gli impianti tecnologici rispetto ai quali si applica il decreto ministeriale n. 37 del 2008 siano in possesso della certificazione di conformità o di rispondenza alle normative vigenti.

È usuale, specie per gli edifici di vecchia costruzione, che non sia presente la certificazione di agibilità (prima detta di abitabilità per gli immobili ad uso abitativo): sovente i condòmini congiuntamente decidono di attivarsi per ottenerla, delegando all'amministratore tutte le operazioni tecniche, legali ed amministrative all'uopo necessarie.

Le conseguenze in caso in mancato rilascio del certificato di agibilità

Si pensi alle suddette certificazioni richieste dal decreto ministeriale n. 37/08, ad eventuali atti notarili di asservimento ed ancora a pratiche connesse alla documentazione progettuale (es. rifacimento o esecuzione ex novo di calcoli statici), sanatoria, laddove possibile, di abusi o loro eliminazione, ecc. (per quelli personali ognuno deve provvedere in proprio ed a proprie spese).

Tutte operazioni, queste, che richiedono di sostenere costi (i tecnici, il notaio, ecc. ecc.) e tutti costi che – per quanto riguarda le parti di proprietà comune – devono essere ripartiti tra i condòmini.

La legge non indica precisamente – come d'altra parte per moltissime altre categorie di spese – il criterio applicabile. Norma principe – in materia di ripartizione delle spese – è il primo comma dell'art. 1123 del codice civile, a mente del quale:

Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.

I costi sostenuti per le operazioni concernenti le parti comuni e finalizzati all'ottenimento della certificazione di agibilità – ad avviso dello scrivente – devono essere considerati alla stregua di spese per la prestazione di servizi nell'interesse comune e come tali ripartite tra tutti i condòmini in ragione dei millesimi di proprietà, salvo diverso accordo intercorrente tra tutti essi.

Ripartizione delle spese in condominio, ecco un'utile tabella da consultare

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