Il fatto. Tizio e Caio, quali proprietari degli appartamenti del primo piano, hanno convenuto in giudizio Mevio, in quanto altro condòmino- ma non residente -, al fine di chiederne la condanna a far cessare la destinazione impressa al suo appartamento come struttura alberghiera.
I ricorrenti, al fine, lamentano la violazione del regolamento del condominio, il quale in sé inibirebbe lo svolgimento di attività di tale genere, laddove riconducibili ad: affittacamere, pensioni, scuole di musica, di canto e ballo.
La richiesta giudiziaria esercitata dai due condòmini era anche condita da altra domanda, tesa ad ottenere il risarcimento del danno (€ 500,00 mensili dalla data di apertura dell'attività commerciale sino a quando non si provvederà al mutamento della destinazione d'uso).
Mevio, si costituisce in giudizio, e rileva, a confutazione delle avverse domande, che l'attività svolta nella propria unità immobiliare è riconducibile a quella qualificabile come "casa vacanza", in quanto tale, non avente carattere imprenditoriale.
Ad ogni modo, il convenuto fa presente che lo svolgimento dell'attività non è in grado di recare alcun disturbo ai condòmini residenti, né pregiudizio per l'igiene e il decoro del fabbricato.
La Sentenza. Il Tribunale adito è quello capitolino e la questione, in tutta la sua portata, viene decisa con Sentenza dell'08 maggio 2018 (nr 9065). Esaminiamo nel dettaglio la parte motivata del provvedimento in commento.
Le "case vacanze", altrimenti riconducibili alle cosiddette "locazioni turistiche", possono identificarsi in tutti quegli immobili che vengono concessi in locazione per periodi brevi o lunghi al fine di soddisfare esigenze abitative transitorie, motivate per finalità turistiche.
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