Non è raro, camminando per le nostre città, imbattersi su cartelloni pubblicitari, solitamente illuminati e più o meno grandi, posizionati sulle facciate laterali degli edifici. Un business per i proprietari degli immobili molto spesso allettati dalla possibilità d’ottenere un facile guadagno senza dover fare sostanzialmente nulla.
Se si tratta di edifici di proprietà esclusiva di una sola persona nulla quaestio: salvo particolari vincoli pubblicistici relativi alla qualificazione dell’immobile come di particolare pregio e nell’osservanza delle norme sulla pubblicità, egli sarà libero di locare quella parte del proprio stabile per il tempo e nei modi che ritiene più opportuni.
La situazione, sostanzialmente solo per ciò che attiene i profili decisori, è completamente differente per quanto concerne un edificio in condominio. In questo caso, infatti, è l’assemblea a doversi pronunciare su quest’uso di una parte comune.
Il primo nodo da sciogliere è quindi il seguente: come deve inquadrarsi una decisione del genere? Si tratta di una semplice deliberazione in merito all’uso delle cose comuni o la stessa può essere inquadrata come un’innovazione? Vale la pena riprendere il concetto d’innovazione delle cose comuni per chiarirne la portata in relazione alla fattispecie in esame.
Per fare ciò, nel silenzio del codice, dobbiamo volgere lo sguardo alla definizione elaborata dalla giurisprudenza.
Secondo la Cassazione “ per innovazioni delle cose comuni s'intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l'alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
A ben vedere seppure non possa essere messo in dubbio che l’aspetto della facciata muti a seguito dell’apposizione del cartellone pubblicitario, non si comprende come e perché lo stesso possa essere – quanto meno in relazione a questa definizione d’innovazione (che è poi quella comunemente accettata) – considerato al pari d’un intervento innovativo. In ragione di ciò si può dire senza ombra tentennamenti che quella sull’apposizione di cartelloni pubblicitari dev’essere considerato al pari d’una normale decisione inerente l’uso delle cose comuni e come tale deliberabile dall’assise con le maggioranze previste per la regolamentazione dell’uso delle cose comuni, ossia quelle previste per l’approvazione del regolamento di condominio.
L’obiezione che potrebbe essere, motivatamente, sollevata è quella attinente l’alterazione del decoro dell’edificio. E’ bene ricordare che per essere rilevante tale alterazione deve sostanziarsi in “ un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere”(così Cass. 25 gennaio 2010 n. 1286). Il cartellone, quindi, deve deturpare il palazzo a tal punto da farlo deprezzare.
Prova difficile, questa, visto e considerato che l’apposizione di pubblicità, anche se il fatto non incide sul piano estetico, comporta un guadagno per il condominio.
Tale guadagno, è bene ricordarlo, in assenza di specifici accordi tra tutti i condomini, va diviso tra i comproprietari in ragione dei millesimi di proprietà.