Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Canna fumaria: natura esclusiva o condominiale? la prova per superare la presunzione di condominialità

Le circostanze di fatto che escludono la condominialità della canna fumaria. Un caso concreto.
Avv. Eliana Messineo 
Dic 12, 2024

La presunzione di condominialità ex art. 1117 c.c. di una canna fumaria può essere superata anche da circostanze di fatto tali da far risultare indubitabile che il condotto sia a servizio di una sola unità immobiliare.

La questione è stata affrontata di recente dal Tribunale di Napoli con la sentenza n. 9034 del 23 ottobre 2024 che ha condannato la società conduttrice ed i proprietari locatori dei locali posti al piano terra di uno stabile condominiale a cessare l'utilizzo della canna fumaria con rimozione della immissione/canalizzazione dell'aria proveniente dall'impianto di condizionamento ivi presente.

Canna fumaria: natura esclusiva o condominiale? La prova per superare la presunzione di condominialità. Fatto e decisione

Una condòmina conveniva in giudizio la società conduttrice ed i proprietari di un locale facente parte dello stabile condominiale al fine di sentir accertare e dichiarare la proprietà esclusiva della canna fumaria, sita sulla facciata est del palazzo nonché chiedendo di ordinare ai convenuti di cessare l'utilizzo della predetta canna fumaria astenendosi, in particolare, dal canalizzarvi l'aria proveniente dall'impianto di condizionamento dei locali condotti in locazione e ripristinando lo stato dei luoghi, con condanna al risarcimento dei danni.

In particolare, l'attrice deduceva che la canna fumaria era stata costruita dal padre negli anni '50 ed era sempre stata a servizio esclusivo degli immobili di sua proprietà; che nel 2013 era sta data autorizzazione all'utilizzo della canna fumaria per la canalizzazione dell'aria condizionata del punto vendita condotto in locazione dalla società convenuta e di proprietà degli altri convenuti, con l'intesa che detta autorizzazione avrebbe potuto essere revocata in qualsiasi momento, con un preavviso di sei mesi.

L'attrice deduceva, così, di avere revocato l'autorizzazione nel gennaio 2016 e di avere poi inutilmente sollecitato la cessazione dell'utilizzo; di avere in seguito trasmesso invito alla stipula di convenzione per la negoziazione assistita, a cui aveva aderito solo la società conduttrice.

L'invito era stato declinato dagli altri convenuti con il solo riscontro di uno di essi con cui evidenziava che la canna fumaria oggetto di lite era stata pacificamente utilizzata dai conduttori dei locali ubicati al piano terreno ed era sempre stata ritenuta di proprietà condominiale.

Si costituiva in giudizio la società convenuta conduttrice dei locali al piano terra eccependo l'infondatezza sia in fatto che in diritto della domanda attorea e rappresentando di aver ricevuto in locazione i locali dai proprietari convenuti nella convinzione che la canna fumaria fosse condominiale o comunque a servizio dell'immobile locato per essere utilizzata per canalizzarvi lo sfiato dell'impianto di condizionamento dell'aria.

La suddetta società spiegava, quindi, domanda riconvenzionale nei confronti dei proprietari dell'immobile locato chiedendo che fosse accertato e dichiarato il grave inadempimento dei locatori alle obbligazioni scaturenti dal contratto di locazione in atti, con conseguente declaratoria di risoluzione di tale contratto e con condanna al risarcimento dei danno subiti

Si costituivano in giudizio gli altri convenuti i quali eccepivano la carenza di legittimazione attiva dell'attrice non avendo la stessa fornito prova della proprietà esclusiva della canna fumaria, la carenza di legittimazione passiva di essi convenuti stante la completa estraneità al presunto accordo, intervenuto esclusivamente tra l'attrice e la società convenuta in forza del trasferimento del possesso dell'immobile alla conduttrice a seguito del contratto di locazione.

Nel merito, i convenuti rilevavano l'inammissibilità e l'infondatezza della domanda attrice per violazione dell'art. 1102 c.c., per l'estraneità all'autorizzazione ed all'esecuzione delle opere di canalizzazione nella canna fumaria e per la mancanza di prova in ordine ai presunti danni.

Con riferimento, poi, alle domande riconvenzionali spiegate dalla società conduttrice ne chiedevano il rigetto perché inammissibili ed infondate e, previo accertamento dell'inadempimento di essa (in quanto l'immobile era stato consegnato ed accettato privo della canalizzazione nella canna fumaria) chiedevano di rigettare tutte le domande in via riconvenzionale dalla stessa proposte; in ogni caso, dichiarare che la predetta società era tenuta a manlevare i comparenti da ogni pretesa attorea, stante l'esecuzione di opere non autorizzate da essi locatori.

Istruita la causa mediante prova testimoniale, il Tribunale ha accolto la domanda attorea essendo pacificamente emerso dalle risultanze probatorie che la canna fumaria oggetto di causa fosse a servizio esclusivo della proprietà dell'attrice e che questa avesse dato il permesso alla società conduttrice per l'innesto dell'impianto di condizionamento nella canna fumaria, qualificandosi, così, la fattispecie quale contratto di comodato a titolo gratuito, precario cioè senza fissazione di termine con conseguente facoltà per il comodante di recedere in qualsiasi momento.

Il Tribunale, pertanto, ritenuta la canna fumaria a servizio esclusivo della proprietà attorea ha condannato tutti i convenuti a cessarne l'utilizzo astenendosi in particolare dal canalizzarvi l'aria proveniente dall'impianto di condizionamento dei locali condotti in locazione e ripristinando lo stato dei luoghi.

Con riferimento alle domande trasversali spiegate dalla società conduttrice dell'immobile al piano terra nei confronti dei proprietari locatori, il Tribunale le ha dichiarate inammissibili per carenza di interesse essendo già stato il contratto di locazione consensualmente risolto.

Riflessioni finali sulla natura della canna fumaria e l'esclusività del diritto di proprietà

Oggetto del thema decidendum della questione in esame è l'individuazione della natura esclusiva o condominiale della canna fumaria della quale l'attrice ne ha chiesto la cessazione dell'utilizzo da parte della conduttrice e dei locatori dei locali al piano terra adibiti ad attività commerciale con rimozione della canalizzazione dell'aria proveniente dall'impianto di condizionamento presente nei predetti locali locati.

L'art. 1117 c.c. postula la destinazione delle cose elencate in tale norma al godimento od al servizio dei condomini, mentre viene meno allorché si tratti di un bene dotato di propria autonomia ed indipendenza e, pertanto, non legato da una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale.

Tale presunzione di condominialità, che è iuris tantum, può essere superata da un titolo contrario, con ciò intendendosi non solo l'ipotesi in cui il titolo convenzionale che dà luogo alla nascita del Condominio includa, espressamente od implicitamente, un dato bene nell'ambito della proprietà esclusiva di uno dei condomini, ma anche l'ipotesi in cui, all'atto del frazionamento dell'edificio, un dato bene, sia pur rientrante nell'ambito di quelli elencati nell'art. 1117 c.c., abbia una sua specifica destinazione a servizio di un appartamento in proprietà esclusiva.

La presunzione prevista dall'art. 1117 c.c. deve, in effetti, sempre fondarsi su elementi obiettivi che rivelino l'attitudine funzionale del bene al servizio o al godimento collettivo, con la conseguenza che, quando il bene, per le sue obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una sola parte dell'immobile, la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà, ovvero risulti comunque essere stato a suo tempo destinato dall'originario proprietario dell'intero immobile ad un uso esclusivo, non legato da una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale, viene meno il presupposto per l'operatività della detta presunzione (cfr. Cass. n. 8119 del 2004; Cass. n. 24015 del 2004; Cass. n. 10073 del 2018).

Una canna fumaria, quindi, anche se ricavata in parti comuni dell'edificio, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad uno solo dei condomini, ove destinata a servire esclusivamente l'appartamento o il locale cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione (cfr. Cass. n. 9231 del 1991)

La presunzione legale di comunione, regolata dagli artt. 1117 e ss. c.c., opera, in effetti, sin dal momento in cui, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall'originario unico proprietario ad altro soggetto, si determina il frazionamento della proprietà di un edificio (Cass. n. 3852 del 2020) e la costituzione di una situazione di condominio (Cass. n. 1610 del 2021, in motiv.) di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano, in tale momento costitutivo del condominio, destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del stesso, salvo che dal titolo, come prima individuato, non risulti, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri (Cass. n. 26766 del 2014).

Nel caso di specie, non essendo stato possibile acquisire al processo copia dei titoli "contrari" alla presunzione di condominialità della canna fumaria, ferma restando la provata titolarità in capo all'attrice degli immobili vantati in proprietà, il Tribunale ha provveduto a verificare, in base alle altre risultanze probatorie, se la canna fumaria, fosse effettivamente posta a servizio esclusivo dell'attrice ( e dei suoi eredi), come dalla stessa dedotto.

Essendo emersa che la canna fumaria oggetto di giudizio fosse a servizio esclusivo dell'immobile di proprietà dell'attrice ( anche in considerazione della circostanza che l'immobile posto al piano terra condotto in locazione dalla società convenuta non presentava alcun collegamento con la predetta canna fumaria posta sulla facciata est del fabbricato e che l'impianto di condizionamento a servizio dello stesso scaricava l'aria nella vanella condominiale attraverso una porta grigliata), il Tribunale ha condannato tutti i convenuti ( società conduttrice dei locali al piano terra e proprietari - locatori dei medesimi) a cessarne l'utilizzo astenendosi in particolare dal canalizzarvi l'aria proveniente dall'impianto di condizionamento dei locali condotti in locazione e ripristinando lo stato dei luoghi.

Invero, la suddetta condanna è stata rivolta non solo nei confronti della società conduttrice dei locali al piano terra, ma anche nei confronti dei proprietari locatori dei medesimi sull'assunto che la realizzazione di un impianto di condizionamento da parte del conduttore si risolve in un miglioramento della cosa locata ( anche qualora, come nella specie, sia stata eseguita senza il consenso del locatore) con la conseguenza che l'opera realizzata è destinata a rimanere a servizio del bene anche in caso di cessata locazione.

Sentenza
Scarica Trib. Napoli 23 ottobre 2024 n. 9034
Resta aggiornato
Iscriviti alla Newsletter
Fatti furbo, è gratis! Più di 100.000 amministratori, avvocati e condomini iscritti.

Ricevi tutte le principali novità sul condominio e le più importanti sentenze della settimana direttamente nella tua casella email.

Dello stesso argomento