Nel bilanciamento di diritti, il diritto di proprietà su un bene immobile può essere oggetto di alcune limitazioni. Alcune peculiarità, in tal senso, si rinvengono nel contemperamento tra diritto reale facente capo al proprietario del bene e titolare del diritto pubblico o di pubblica utilità.
La materia è regolata, nello specifico, dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (G.U. 16 agosto 2001, n. 189, s.o. n. 211, ripubblicata il 14 settembre 2001, sul n. 214, s.o. n. 231).
Articolo di riferimento, per quanto di nostro interesse, è l'Art. 44, rubricato "Indennità per l'imposizione di servitù", a mente del quale al comma 1, si prescrive che "E' dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell'opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà".
La norma richiama il pregiudizio che un'opera pubblica possa comportare per il titolare di un diritto di proprietà sul bene. Ciò che è importante sottolineare si da subito, è che la portata dell'interesse che viene in rilievo, non è limitata al mero concetto di proprietà immobiliare.
La limitazione, infatti, ben può incidere anche su alcuni elementi qualitativi propri del diritto di proprietà.
Cercando di uscire fuori dalla norma e giungere in modo concreto alla comprensione dell'argomento trattato, è sufficiente fare alcuni esempi pratici per capire come la portata del problema sia elevata e come i casi di specie siano molto più frequenti di quanto si possa immaginare.
Basti, ad esempio, pensare ai casi in cui si assiste ad una riduzione della capacità abitativa di un fondo per effetto a causa delle vibrazioni od intollerabili rumori oppure ancora per immissione di odori o anche per perdita di luminosità, panoramicità e godibilità della casa a seguito sopraelevazione di nuova strada o costruzione di un inceneritore.
La casistica contempla anche il caso definito dal Tribunale Civile di Piacenza con la sentenza N. 709 pubblicata il 2.11.2018, in cui è stato affrontato e deciso il giudizio instaurato da un proprietario di un complesso immobiliare costituito, oltre che da terreni agricoli, da fabbricati, sia abitativi, sia rustici aziendali il quale, dopo aver esposto che la convenuta, dopo aver ottenuto le autorizzazioni prescritte dalla legge, tra le quali il parere integrato favorevole dell'ARPA e dell'AUSL, installava sul fondo confinante una stazione radio base, opera di pubblica utilità, che, "vuoi per la vicinanza, vuoi per la dimensione […] per le evidenti caratteristiche tecnico-costruttive", arrecava un permanente pregiudizio ai beni di loro proprietà, specie in termini di riduzione del valore commerciale degli stessi per la vanificazione delle possibilità edificatorie dell'area; motivo per il quale veniva richiesta la condanna di parte convenuta al pagamento di un indennizzo calcolato in base all'accertato decremento del valore commerciale dei beni di proprietà dell'attore.
La sentenza n. 709/2018 menzionata si risolveva con una condanna della società convenuta al pagamento dell'indennizzo richiesto, in applicazione del citato D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 44, sulla base delle seguenti considerazioni: "Deve ritenersi rientrante nel campo di applicazione dell'art. art. 44 D.P.R. n. 327/2001 anche il caso in cui un'unità immobiliare, in seguito alla realizzazione di un'opera pubblica, subisca una diminuzione di valore (espropriazione larvata) per una variazione negativa, in termini percentuali, delle sue caratteristiche intrinseche (diritti o facoltà non marginali) che concorrono sia alla sua godibilità, che alla possibilità di disporne; tale riduzione si traduce in una minore appetibilità commerciale del bene stesso e, conseguentemente, in una perdita delle sue potenzialità economiche".
È stato, infatti, ribadito che "Anche se l'esposizione ad immissioni elettromagnetiche non eccedenti i limiti della normale tollerabilità non arreca un danno materiale al bene immobile, né pregiudica il suo effettivo e quotidiano godimento, tuttavia può compromettere l'esplicazione delle facoltà inerenti al diritto di proprietà nei termini di una limitazione delle possibilità di disposizione del bene stesso, data la sua minore appetibilità commerciale".
Infatti, "A prescindere dalla regolarità dell'installazione dell'impianto tanto dal punto di vista ambientale, quanto sotto il profilo amministrativo (rispetto dei limiti di distanza stabiliti dagli strumenti urbanistici), la presenza di una fonte di emissioni elettromagnetiche in prossimità di un bene destinato o destinabile ad uso abitativo viene percepita dalla collettività quale possibile fonte di rischio, per cui deve essere valutata quale aspetto negativo sull'appetibilità e, quindi, sul valore di mercato del bene stesso".
Se, nella sostanza, dunque, la norma indica i presupposti al verificarsi dei quali, al titolare del diritto pregiudicato, spetta un importo economico, va evidenziato come la norma di cui all'art. 44 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, non faccia volontariamente riferimento alla voce di "risarcimento del danno" ma alla diversa voce di "indennizzo", evidenziando, così, la differente natura dell'indennità di asservimento disciplinata dalla norma in esame, rispetto al risarcimento del danno, derivante da responsabilità extracontrattuale (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 950/2004).
La differenza tra "danno" ed "indennizzo" è sostanziale e, ad esempio, può essere sintetizzata con i seguenti esempi in giurisprudenza.
E' stato ritenuto, ad esempio, che la responsabilità di un Comune per l'attività legittima posta in essere per la costruzione di un collettore fognario, responsabilità certamente da ricondursi nella sfera dell'art. 46, L. n. 2359/1865 in ragione degli eventuali nocumenti oggettivamente recati al godimento e/o al valore di mercato del contiguo fabbricato residenziale privato, si differenzia in modo netto, sul piano concettuale e giuridico, dalla diversa (e potenzialmente compresente) responsabilità dello stesso Comune per fatto illecito, derivante da imperizia o negligenza nell'attività esecutiva dell'opera e, in particolare, nel caso di specie, dalla circostanza che l'Amministrazione non avesse adottato le cautele e le misure atte ad evitare danni a terzi, avendo trasgredito l'art. 227 del T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/1934, che fa divieto di immettere in corsi d'acqua i liquidi di rifiuto non previamente sottoposti a processi di depurazione (cfr. Trib. sup. acque pubbliche, 21 maggio 1981, n. 14, in Cons. Stato, 1981, Il, 584).
Del pari, configura un'ipotesi di responsabilità per fatto illecito ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., e non di responsabilità per atto legittimo ai sensi dell'art. 46, L. n. 2359/1865 (ed oggi, art. 44, D.P.R. n. 327/2001), l'avere provocato il prosciugamento e la scomparsa di sorgenti, date in concessione a privati per l'alimentazione di un acquedotto, in seguito ai lavori di costruzione di una galleria autostradale, progettata ed eseguita senza un preventivo studio geologico della zona, e senza prendere in considerazione la possibilità che le operazioni di scavo venissero ad intercettare falde freatiche e percorsi di correnti idriche sotterranee dei vicini acquedotti (cfr. Cass., 14 aprile 1983, n. 2602, in Foro it., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, n. 64).
Tornando alla tutela di cui all'art. 44 T.U. Espr., la Suprema Corte di Cassazione si è espressa sulla ratio dell'obbligo di indennizzo previsto dalla norma in esame, precisando come "le conseguenze economiche pregiudizievoli causate da opere dirette al conseguimento di pubblici benefici non possono ricadere su un solo privato o su una ristretta cerchia di privati, ma devono essere sopportate dalla collettività" (Cass., Sez. III, 3.07.2014 n. 15223; Cass., Sez. Un., 11.06.2003, n. 9341).
La sentenza N. 709/2018 resa dal Tribunale Civile di Piacenza qualifica il pregiudizio subito come "
un'apprezzabile compromissione o riduzione del diritto di proprietà inciso dalla realizzazione dell'opera pubblica che deve essere determinato da una situazione stabile e duratura, che trae origine dall'esecuzione dell'opera pubblica, e non può essere eliminato se non incidendo direttamente sull'opera stessa, ma non è da reputarsi irreparabile o perpetuo, ben potendo perdurare solo finché si manifesti il fatto che produce l'evento dannoso, a sua volta non necessariamente imperituro", con ciò ribadendo il principio che la "permanenza del pregiudizio" non vada inteso nel senso di limitare l'indennizzo alle sole lesioni perpetue o irreparabili, essendo da considerare permanente anche il pregiudizio che dura fin quando permane la causa lesiva, a sua volta identificabile non solo nell'opera pubblica, ma anche nei lavori di modificazione o di completamento della stessa.
In linea con il suddetto orientamento, si legge nella sentenza n. 709/2018, "la Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 18226/2008, ha ribadito un principio definito "indiscusso" secondo cui, nella quantificazione dell'indennità ex art. 44 D.P.R. 327/2001, si deve tenere conto dell'effettiva diminuzione di valore del fondo e dei danni derivanti dal mancato reddito (purché ricavabile direttamente dal bene) ma soltanto, in quest'ultimo caso, nei limiti del sacrificio realmente subito".
Di talché, il Tribunale di Piacenza, con la sentenza N. 709/2018 ha ritenuto di condannare la società convenuta, in quanto società proprietaria dell'opera di pubblica utilità dalla quale "è derivato un danno indennizzabile ai sensi dell'art. 44 D.P.R. 327/2001, dopo aver accertato che la stazione radio base dalla stessa installata ha causato un limitazione permanente al diritto dominicale degli attori in termini di minore appetibilità commerciale dei beni di loro proprietà e, conseguentemente, di perdita delle loro potenzialità economiche".
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