In condominio si cade, e spesso. Questo può avvenire per distrazione; per parti comuni logorate; per illuminazione insufficiente; per incauta pulizia delle parti comuni, allorché venga a mancare una adeguata segnalazione che il pavimento o le scale sono bagnate; per la presenza di ghiaccio nei vialetti esterni e così via. Queste sono solo alcune delle cause più comuni che determinano incidenti con danni che possono essere anche gravi.
Chi incorre in un "ruzzolone" è certo che vorrà essere risarcito e da chi se non dal condominio? Ma il malcapitato deve fare attenzione perché non sempre ha ragione. Questo ha dimostrato il Tribunale di Napoli con la recente sentenza n. 2920 del 23 marzo 2025
Rigettata la domanda risarcitoria del condomino caduto in zona condominiale. Fatto e decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato al condominio di appartenenza l'attore chiedeva la sua condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguenti alla caduta avvenuta in zona comune e precisamente nel viale di uscita sulla strada pubblica.
Il sinistro si era verificato quando il condomino, giunto in prossimità della grata dell'acqua presente sulla pavimentazione, aveva perso l'equilibrio a causa del manto stradale sconnesso dal quale si era distaccata una mattonella. La situazione di pericolo - a detta dell'attore - non era stata segnalata dal convenuto.
Ad avviso del costituito condominio, invece, parte attrice conosceva perfettamente lo stato dei luoghi e, quindi, avrebbe dovuto prestare l'ordinaria diligenza al fine di evitare l'evento dannoso. Il convenuto negava, altresì, l'addebito della mancata segnalazione del pericolo poiché l'amministratore, proprio a fronte del rischio, aveva invitato gli utenti a valersi un passaggio differente e più sicuro.
Svolte le prove per testi e la CTU il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda riconoscendo, quanto alla causa del danno, il pari concorso di responsabilità tra l'attore danneggiato ed il convenuto, il quale è stato a sua volta manlevato nel pagamento della somma liquidata in favore della parte vittoriosa dall'assicurazione regolarmente chiamata in causa.
Il tutto con il riconoscimento degli interessi ai sensi dell'art. 1284, co. 1, c.c. e compensazione per metà delle spese di lite, oltre ulteriori condanne/compensazioni a diverso titolo.
In sede istruttoria è emersa la prova tanto delle lesioni subite dall'attore, quanto dell'esistenza del nesso di causalità tra la rottura della pavimentazione, la caduta ed i danni conseguenti. Il tutto confermato dalle concordanti dichiarazioni dei testi indicati dall'attore in merito allo stato dei luoghi ("una delle mattonelle…ha ceduto, in quanto non fissata…non percepibile ad occhio nudo…insidia non apparentemente visibile") ed alla tempistica dell'evento.
Detto questo, il Tribunale ha ritenuto l'attore corresponsabile nel sinistro da lui subito nella misura del 50% ai sensi dell'art. 2054, co. 1, c.c. Il giudice, non potendo basarsi sulla contestata presenza o meno di un cartello che segnalasse il pericolo, ha deciso sulla base dei rilievi fotografici, dai quali era risultato che la pavimentazione della rampa veicolare di accesso al condominio era visibilmente usurata, mentre in adiacenza era presente una rampa di scale per l'accesso pedonale che il condomino avrebbe dovuto utilizzare.
La responsabilità tra le due parti, pertanto, doveva essere tra le stesse equamente distribuita: a carico del condominio, il quale non aveva adeguatamente mantenuto la pavimentazione della rampa, e parimenti a carico del danneggiato, che aveva adottato un comportamento imprudente non servendosi del percorso alternativo.
Escluso, infine, il caso fortuito quanto ad una imprevedibile rottura della mattonella, dal momento che l'evidente stato di usura del fondo stradale aveva reso altamente probabile il cedimento della piastrella al passaggio di persone o di automezzi.
Analisi delle responsabilità condominiali e del danneggiato
Se è vero che il condominio è il custode delle cose comuni e, quindi, deve rispondere dei danni patiti dai terzi per la mancata manutenzione degli stessi, in forza del combinato disposto degli artt. 2043 e 2051 c.c., è altrettanto vero che la responsabilità oggettiva, che è insita in quest'ultima disposizione, non esclude che nel verificarsi dell'evento si possa ravvisare una co-responsabilità del danneggiato, rispetto al quale si può configurare un comportamento colposo dal quale consegua una attenuazione, se non esclusione, della responsabilità del condominio.
L'art. 2051 c.c. trova il suo fondamento in un assioma oramai pacifico: il soggetto che custodisce un bene è responsabile del danno da questo provocato e solo la prova del "caso fortuito" lo può liberare da ogni conseguenza.
Questo ci riporta all'art. 1130, co. 1, n. 4, c.c. per effetto del quale l'amministratore, a nome e per conto del condominio, deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio e, quindi, provvedere, sempre, alla manutenzione ordinaria.
Per la manutenzione straordinaria, anche se la stessa non rientra nell'ambito delle attribuzioni proprie dell'amministratore, nel senso che il potere di ordinare lavori di tale portata è riservato all'assemblea, come sancito dall'art. 1135, co. 1, n. 4, c.c., certamente non autorizza il rappresentante condominiale ad ignorare problematiche che esulano dalle sue competenze non portandole a conoscenza dei condomini.
Occorre specificare che nella fattispecie di cui all'art. 2051 è il condominio che risponde dei danni subiti da terzi estranei oppure dai condomini stessi ed originati da parti comuni dell'edificio, mentre l'amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., solo all'azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati (Cass. 14 agosto 2014, n. 17983).
Tuttavia, quando emerga che l'assemblea abbia agito secondo legge e che sia stato l'amministratore a non ottemperare alle decisioni collegiali, sarà chiaramente l'amministratore a dover rispondere personalmente nei confronti del danneggiato.
A questo punto è necessario fare ancora una considerazione in ordine alla possibile applicabilità, anche al caso di specie, della responsabilità ex art. 2053 c.c. (rovina di edificio). A questo proposito si richiama l'attenzione su di una decisione (Cass. 12 novembre 2009, n. 23939), datata ma non per questo meno valida, che aveva chiarito che per "rovina" si deve intendere ogni disgregazione, sia pure limitata ed interessante non solo gli elementi strutturali ma anche accessori stabilmente incorporati nell'edificio (fattispecie nella quale un soggetto era caduto inciampando in una grata posizionata sul marciapiede).
La questione che ci interessa e quella oggetto della decisione della Corte sono visibilmente analoghe, tenendo conto che - come emerso in sede istruttoria - il pavimento del viale condominiale, costituito da mattonelle, aveva ceduto al passaggio ed in prossimità di una griglia di scorrimento dell'acqua piovana.
L'ultima riflessione riguarda l'eventuale sussistenza, nel caso in questione, di un'insidia . di un trabocchetto che - come noto - è determinata da una alterazione del bene, invisibile o non percepibile. La nozione stessa, che rappresenta una situazione di pericolo occulto generatrice di un potenziale danno, esclude la configurabilità di un'insidia.
Infatti, il condomino non poteva sfuggire a quanto era certo: ovvero che tutta la pavimentazione del viale condominiale, o quanto meno la parte nella quale si era verificato l'evento, fosse precaria, in cattive condizioni ed usurate, tanto che, malgrado gli inviti dell'amministratore ad utilizzare un percorso pedonale alternativo (rampa di scale), l'attore avesse deciso ugualmente di transitare per il vialetto carrabile, per quanto ripido e nelle condizioni qui descritte.
Nessun dubbio, quindi, sulla correttezza della decisione che ha attribuito alle parti del giudizio una pari responsabilità del fatto, ai sensi dell'art. 2054 c.c.