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Caduta a causa del dislivello di un tombino: la responsabilità del Condominio

La prova del nesso di causalità ed il concetto di “pericolosità” della cosa: un caso concreto.
Avv. Eliana Messineo 
24 Nov, 2023

In presenza di un tombino insidioso, in quanto disallineato rispetto al piano calpestabile, va affermata la responsabilità del condominio per il danno da cosa in custodia causato al terzo con conseguente obbligo di risarcirgli i danni sofferti.

La questione è stata affrontata dal Tribunale di Milano con sentenza n. 8338 pubblicata il 26 ottobre 2023.

Caduta a causa del dislivello di un tombino: la responsabilità del Condominio. Fatto e decisione

La figlia di una condomina, dopo essersi recata a far visita alla madre residente nel Condominio, rovinava a terra a causa di un tombino disallineato rispetto al piano di calpestio.

La signora, pertanto, citava in giudizio il Condominio per sentirlo dichiarare responsabile dell'evento dannoso con conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in occasione della caduta.

In particolare, l'attrice deduceva che nell'immettersi nel porticato seminterrato adducente al cancello pedonale, in direzione dell'uscita pedonale, inciampava con la punta della scarpa sulla sporgenza di un tombino quadrato lastricato in beole di pietra identiche a quelle della pavimentazione condominiale, disallineato rispetto al piano del calpestio, rovinando a terra.

Evidenziava altresì: che all'episodio assisteva una testimone, residente nel condominio; che, a seguito della caduta, veniva trasportata in ospedale, ove le veniva diagnosticata una "frattura radio distale a sinistra" con prognosi di 30 giorni; che, successivamente, veniva sottoposta a perizia medico-legale; che, poco dopo il sinistro, l'ente condominiale provvedeva alla riparazione del chiusino disallineato; che, a tacitazione di ogni pretesa, la compagnia assicuratrice del condominio corrispondeva all'attrice una somma irrisoria, cui seguiva, da parte dell'attrice, l'invito alla negoziazione assistita, rimasto tuttavia priva di riscontro.

Si costituiva il Condominio chiedendo, in via preliminare, chiamarsi in causa la Compagnia assicurativa per essere dalla stessa manlevata dalle ragioni di danno ex adverso formulate. Nel merito, chiedeva il rigetto della domanda per carenza di prova sul nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso.

Contestava altresì la quantificazione relativa al danno non patrimoniale effettuata dal perito di parte attrice, considerata mera allegazione.

Il convenuto veniva autorizzato alla chiamata in causa della compagnia assicurativa che si costituiva contestando la fondatezza della domanda attorea per carenza di prova in relazione al fatto storico, non risultando in alcun modo confermata la presenza della teste oculare sul luogo del sinistro.

Evidenziava altresì l'assenza di prova sul nesso di causa tra la res e il danno, da ascriversi unicamente ad una condotta colposa della danneggiata attesa la conoscenza dello stato dei luoghi da parte della stessa, nonché il verificarsi dell'evento in pieno giorno.

In via subordinata, chiedeva tenersi conto, ai fini dell'eventuale condanna al pagamento di qualsivoglia somma a favore dell'attrice, del danno provato e dei limiti di massimale previsti dal contratto.

Eccepiva, infine, la carenza di prova in relazione tanto al danno alla persona, fondato su un parere medico- legale privo di autonomo valore probatorio, quanto al danno morale, ritenuto illegittima duplicazione di un identico pregiudizio.

Istruita la causa mediante prova per testi nonché ctu medico legale sulla persona dell'attrice, il Tribunale ha accertato la responsabilità ex art. 2051 c.c. del Condominio condannandolo al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Tombino maltenuto: è insidia o trabocchetto?

Secondo il Giudicante la responsabilità custodiale in capo al Condominio doveva desumersi dalle prove fornite dalla danneggiata dalle quali era emerso che il tombino era insidioso per diversi motivi: 1) per le plurime sconnessioni tali da creare un dislivello di qualche centimetro rispetto al piano calpestabile; 2) per il tipo di materiali con i quali il tombino era stato costruito, identici da un punto di vista cromatico rispetto al pavimento, tali da renderlo scarsamente visibile; 3) per non essere pienamente illuminato da luce naturale sebbene il sinistro si era verificato in orario diurno.

Infine, la conoscenza dello stato dei luoghi non incideva sul nesso causale fra cosa e danno non essendo emerse prove sulla frequenza con la quale la danneggiata si recava in visita dalla madre.

Considerazioni conclusive

Alla fattispecie in esame si applica, come correttamente rilevato dal Tribunale di Milano, il disposto normativo di cui all'art. 2051 c.c., ipotesi speciale di responsabilità extracontrattuale da cose in custodia.

Secondo l'indirizzo della giurisprudenza della Corte di legittimità ormai consolidatosi, in tema di danni da cose in custodia, tale responsabilità, di natura oggettiva, si fonda sul mero rapporto di custodia, vale a dire sulla relazione intercorrente tra la cosa e colui che esercita l'effettivo potere su di essa e, pertanto, il profilo del comportamento del custode è estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art 2051 c.c.; in altri termini, il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da fortuito (ex multis, Cass. Civ., sezioni unite, 20943/2022; Cass. civ., n. 17625 del 5 settembre 2016).

L'inquadramento normativo riflette conseguenze in relazione all'onere probatorio gravante sulle parti. Qualora il danno sia causato da cose dotate di un intrinseco dinamismo, il danneggiato ha solo l'onere di provare il nesso causale fra cosa e danno non essendo necessario dimostrare il pericolo della cosa. Se, invece, il danno è causato da cose inerti e statiche (strade, marciapiedi, corti, scale, etc.), il sinistrato può provare il nesso causale fra cosa e danno anche dimostrandone la pericolosità.

La pericolosità della cosa inerte è indizio dal quale risalire, ex articolo 2727 c.c., alla prova del nesso di causa. Se una cosa inerte non è pericolosa, ciò può bastare per affermare che manchi il nesso di causa tra la cosa e il danno. Ma quando il nesso di causa tra cosa e danno è positivamente accertato (come nel caso in esame), non è più necessario stabilire se la cosa stessa fosse pericolosa o meno.

Una volta accertata l'esistenza d'un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno, è onere del custode - per sottrarsi alla responsabilità di cui all'articolo 2051 c.c. - provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato (che può desumersi anche dalla agevole evitabilità del pericolo), mentre deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa" (cfr. Cass. civ., n. 17625 del 5 settembre 2016).

Spetta al convenuto la prova liberatoria dell'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale, e cioè, un fattore esterno (che può consistere anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità (cfr. Cass. civ. n. 17625/2016).

Nella fattispecie in esame, l'attrice ha dato prova di essere caduta a causa di un dislivello formato dal lato di un tombino quadrangolare lastricato in beole di pietra identiche alla pavimentazione condominiale, dimostrando la sussistenza del nesso eziologico tra res ed evento lesivo in assenza di prova, posta in capo al custode, del caso fortuito.

Allegato
Scarica Trib. Milano 26 ottobre 2023 n. 8338
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