Preferisci adire il giudice rifiutando la mediazione dell'avvocato di controparte? Allora sanzione doppia per le spese di lite.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con ordinanza del 23.12.2013, ha condannato per lite temeraria gli inquilini al pagamento del doppio delle spese processuali, per aver adito l'autorità giudiziaria rifiutando, senza giustificazione alcuna, le ripetute richieste di soluzione bonaria della controversia proposte dalla conduttrice.
Il caso. La pronuncia in commento interviene nell'ambito di una lite avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni lamentati dai conduttori a causa di infiltrazioni d'acqua, umido e muffe presenti in alcuni locali dell'appartamento locato.
La proprietaria dell'immobile aveva sempre manifestato piena disponibilità ad accertare le cause delle infiltrazioni e ad eliminarle. La stessa aveva in più occasioni cercato di contattare gli inquilini chiedendo, per il tramite del suo avvocato, di fissare un appuntamento per visionare l'immobile e cercare una soluzione stragiudiziale della questione.
I conduttori, tuttavia, ignorando ogni tentativo di mediazione, proponeva ricorso per accertamento tecnico preventivo, al fine di accertare le cause delle macchie di muffa e di umidità.
La proprietaria si opponeva eccependo la mancanza dei presupposti per disporre l'accertamento richiesto e denunciando il comportamento poco collaborativo dei ricorrenti.
Una condotta contraria agli obblighi di buona fede contrattuale che, peraltro, aveva contribuito a peggiorare le condizioni dell'immobile.
L'ordinanza in commento consente di fare alcune brevi considerazioni su due istituti che, seppur con modalità e tempi diversi, hanno lo scopo di ridurre il numero delle cause che potrebbero essere risolte senza l'intervento del giudice. Parliamo della mediazione civile e della condanna per lite temeraria.
La mediazione ha una funzione "preventiva": l'obiettivo è quello di favorire l'incontro delle parti al fine di risolvere la controversia in via conciliativa evitando, ove possibile, il ricorso al giudice.
Introdotto dal d.lgs. n. 28/2010, l'applicazione dell'istituto in esame è stata rallentata dalla Corte Costituzionale, che aveva cancellato l'obbligatoria della mediazione.
Obbligatorietà che è stata reintrodotta per alcune materia (tra cui le controversie condominiali) dal d.lgs. n. 69/2013, che, inoltre, ha riconosciuto, di diritto, il titolo di mediatore agli avvocati.
Al difensore, dunque, è attribuito un ruolo centrale nell'attività di mediazione delle controversie, in una prospettiva che tende sempre di più ad individuare nel ricorso al giudice quale extrema ratio per la soluzione della quasi totalità delle controversie civili.
La condanna per lite temeraria è prevista all'art. 96, ultimo comma, c.p.c. La ratio è quella di punire la parte che non adempia spontaneamente i propri obblighi, costringendo la controparte a un giudizio, e/o agisca o resista in giudizio infondatamente e pretestuosamente.
La norma introduce nel sistema giudiziario un elemento di dissuasione dal comportarsi in tal modo: la consapevolezza di poter subire la condanna induce (o almeno dovrebbe indurre) le parti a ponderare con prudenza le loro condotte stragiudiziali e giudiziali. Ne abbiamo già parlato in altre occasioni
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Nel caso di specie, il Tribunale campano ha respinto il ricorso osservando, da un lato, che non può ritenersi sussistente, nella fattispecie, una situazione di pregiudizio irreparabile tale da giustificare il ricorso alla tutela cautelare, se solo i ricorrenti avesse dimostrato maggiore disponibilità nel rispondere agli inviti della locatrice, nell'ottica del principio di buona fede tra le parti di un contratto; dall'altro, evidenzia che proprio il comportamento scarsamente collaborativo dei ricorrenti ha contribuito a creare una situazione di pregiudizio irreparabile.
Accolta altresì la richiesta di condanna per lite temeraria ex art. 96 comma 3 c.p.c.. Il Tribunale ha ravvisato l'elemento oggettivo della mala fede dei ricorrenti, in considerazione della disponibilità manifestata dalla resistente per risolvere il problema prima del ricorso e del tutto ignorata dai ricorrenti stessi.
Osserva il Tribunale: "nel caso di specie, infatti, si sarebbe potuto agevolmente risolvere il problema emerso nel corso del rapporto locatizio senza ricorrere all'autorità giudiziaria, semplicemente raccoglimento l'invito della resistente a far visionare l'immobile locato.
Emblematica del comportamento posto in essere dai ricorrenti, contrario ai doveri di buona fede contrattuale, è la circostanza che il ricorso per accertamento tecnico preventivo è stato depositato il 23.10.2013, ovvero il giorno immediatamente successivo alla trasmissione del fax (del 22.10.2013) con il quale la resistente specificatamente diffidava i ricorrenti, a mezzo del proprio legale, a prendere contatti al fine di poter risolvere il problema dell'accesso all'immobile, stante la persistente irreperibilità degli stessi.
Infatti, anziché recepire l'invito della locatrice, che avrebbe potuto condurre ad una soluzione del problema, si è preferito adire il tribunale, in un'ottica conflittuale decisamente lontana dalla nuova prospettiva nella quale, anche alla luce della recente reintroduzione con il c.d. decreto del fare della mediazione obbligatoria, appare muoversi il legislatore negli ultimi tempi, prospettiva che attribuisce al difensore un ruolo centrale, prima ancora che nel giudizio, nell'attività di mediazione delle controversie - al punto da prevedere, con le modifiche operate dal D.L. n. 69/2013, che gli avvocati siano di diritto mediatori e debbano assistere la parte nel procedimento di mediazione - prospettiva che tende sempre di più ad individuare nel ricorso al Tribunale l'extrema ratio per la soluzione della quasi totalità delle controversie civili".