l pagamento della tassa per questi immobili non viòla il principio comunitario "chi inquina paga", poiché i locali e le aree frequentati da persone sono sempre produttivi di rifiuti.
La vicenda. Tizio impugnava gli avvisi di accertamento TARSU (anni dal 2006 al 2011) notificati nel 2012 dal Comune per mancata denuncia di un box auto, con conseguente aumento di superficie di 20 mq ed applicazione delle sanzioni per ciascuna annualità pari al 200%.
Dunque, il ricorrente ha eccepito la decadenza dal potere di accertamento ed ha dedotto che l'autorimessa, pertinenza della abitazione, non era per sua natura idonea a produrre rifiuti; pertanto, non sussistono i presupposti per la irrogazione delle sanzioni.
In primo grado il ricorso è stato accolto parzialmente, riducendo le sanzioni al minimo di legge e rigettando nel resto.
Il contribuente ha proposto appello ed il Comune, resistendo, ha proposto altresì appello incidentale sulla riduzione delle sanzioni. La CTR della Lombardia ha confermato la decisione di primo grado.
In particolare, il giudice di secondo grado aveva rigettato l'appello osservando che: l'illecito di omessa dichiarazione si perpetua di anno in anno fino all'adempimento; il termine di decadenza era quello, qui rispettato, del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione era stata o avrebbe dovuto essere presentata; gli avvisi erano sufficientemente motivati, tanto da consentire al contribuente una compiuta difesa; il contribuente non aveva provato l'esenzione da imposta dell'autorimessa; corretta era stata la riduzione al 100% delle sanzioni da parte del primo giudice. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a quattro motivi.
Il ragionamento della Cassazione. Per quanto attiene al rilievo del box auto, i giudici hanno osserva che per destinazione e struttura, non era suscettibile di produrre rifiuti ex articolo 62 comma 2 del D.lgs. 507/1993, e che la sua maggior superficie era comunque ricompresa nel limite di tolleranza di cui all' articolo 70 comma 3 D.lgs. 507/1993 (80% della superficie catastale).
Su tale aspetto, però, la Cassazione ha ricordato, con particolare riferimenti ai garage, che "la disciplina della TARSU contenuta nel D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, sulla individuazione dei presupposti della tassa e sui criteri per la sua quantificazione non contrasta con il principio comunitario "chi inquina paga", sia perché è consentita la quantificazione del costo di smaltimento sulla base della superficie dell'immobile posseduto, sia perché la detta disciplina non fa applicazione di regimi presuntivi che non consentano un'ampia prova contraria, ma contiene previsioni che commisurano la tassa ad una serie di presupposti variabili o a particolari condizioni" [In applicazione del principio, in tal pronuncia, la S. C. aveva cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva disapplicato la disciplina nazionale sulla TARSU, ritenendola in contrasto con il principio comunitario "chi inquina paga", nella parte in cui prevedeva il pagamento del tributo per un box auto adibito ad autorimessa.
In particolare si era detto che . non si vede sotto quale profilo la destinazione di locali a cantine o a garages potrebbe farli considerare esclusi dalla possibilità di produrre rifiuti, in quanto le aree adibite a parcheggio di autovetture o quelle utilizzate come deposito, quali le cantine, sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti in via presuntiva. (Cass. n. 2634/2017; Cass. n. 14770/2000; Cass. n. 5047/2015; Cass. n. 2202/ 2011; Cass. 11351/ 2012).
Permesso quanto innanzi esposto, dunque, a parere della S.C., il giudice di secondo grado, attenendosi a questo principio, aveva correttamente ritenuto che il contribuente non aveva dato prova dei presupposti per l'esenzione; in particolare, era irrilevante al riguardo la deduzione del contribuente sulla circostanza che il box auto non fosse allacciato alla fornitura di luce elettrica, il che poteva al più sostenere una presunzione di utilizzo del bene solo durante le ore diurne, ma non certamente la sua non idoneità alla produzione dei rifiuti.
Del resto lo stesso contribuente, nel ricorso, deduceva che egli non doveva dare alcuna prova sui presupposti dell'esenzione, perché ciò sarebbe insito nella natura e destinazione stessa del locale; il che era un assunto non condivisibile ed in aperto contrasto con principi interpretativi affermati a questa Corte e sopra ricordati.
In conclusione, per le suesposte ragioni, il ricorso è stato rigettato.
TABELLA RIEPILOGATIVA | |
OGGETTO DELLA PRONUNCIA | TASSA RIUFIUTI ANCHE PER I GARAGES |
RIFERIMENTI NORMATIVI | D.lgs.507/1993. |
PROBLEMA | Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento della tassa rifiuti per mancata denuncia di un box auto, con conseguente aumento di superficie di 20 mq ed applicazione delle sanzioni per ciascuna annualità pari al 200%. Secondo il ricorrente l'autorimessa, pertinenza della abitazione, non era per sua natura idonea a produrre rifiuti; pertanto, non sussistono i presupposti per la irrogazione delle sanzioni. |
LA SOLUZIONE | Secondo i giudici, la disciplina della tassa non contrasta con il principio comunitario «chi inquina paga», anche perché «è consentita la quantificazione del costo di smaltimento sulla base della superficie dell'immobile posseduto». Del resto, non è decisiva ai fini della tassazione la scelta del titolare di usare o meno l'immobile. |
LA MASSIMA | La mancata fornitura di energia elettrica non esclude la produzione di rifiuti durante le ore diurne. Il pagamento della tassa per questi immobili non viòla il principio comunitario «chi inquina paga», poiché i locali e le aree frequentati da persone sono sempre produttivi di rifiuti. Corte di cassazione, 17 settembre 2019, n. 23058 |