La vicenda. Una singolare vicenda processuale iniziata nel lontano 1994 si conclude il 9.9.2016 con la pubblicazione della sentenza della di Cassazione n. 17844/2016.
Gli acquirenti di un appartamento in condominio agiscono per far dichiarare la nullità dell'atto di vendita nella parte in cui era stato omesso il trasferimento della proprietà del box sito in area condominiale e destinato al parcheggio dell'autovettura.
La domanda viene accolta dal Tribunale che dichiara il trasferimento del diritto reale d'uso sul box condannando gli acquirenti al versamento di un ulteriore corrispettivo.Nel rigettare il gravame promosso dai venditori la Corte d'Appello si spinge oltre, non soltanto riconoscendo agli acquirenti un diritto di comproprietà, e non d'uso, sull'area condominiale destinata a parcheggio, incluso il box oggetto del contendere, ma pure ritenendo non essere dovuto alcun ulteriore corrispettivo.
La sentenza. I giudici di legittimità confermano la sentenza d'appello.
Preliminarmente la Corte afferma che la normativa applicabile ratione temporis è data dalla l. n. 765/1967 - denominata "legge ponte" in quanto aregolamentazione transitoria tra l'antecedente (l. n. 1150/142) e la successiva normativa urbanistica (l. n. 10/1977) -in quanto il fabbricato era stato completato nel 1977, poco prima dell'entrata in vigore della riforma.
Segnatamente, l'art. 18 della l. 765/1967 aveva innovato la precedente disciplina introducendo l'art. 41sexies ("…nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione") e stabilendo, in tale modo, un vincolo pertinenziale inderogabile fra l'unità immobiliare e l'area condominiale destinato a parcheggio, anche sotto forma di immobile (es. box auto), su cui il condomino poteva vantare, a seconda dei casi, il diritto dominicale, di usufrutto o di uso.
Sul punto la giurisprudenza, pure richiamata dalla pronuncia in commento, è sempre stata consolidata nell'affermare che la normativa urbanistica "…impone (…) un vincolo di destinazione, di natura pubblicistica, per il quale gli spazi in questione sono riservati all'uso diretto delle persone che stabilmente occupano le singole unità immobiliari delle quali si compone il fabbricato o che ad esse abitualmente accedono: peraltro non ne è richiesta anche la cessione in proprietà da parte dell'originario proprietario dell'intero edificio, giacché - qualora sia rispettato il vincolo di destinazione - le finalità perseguite dal legislatore, di interesse collettivo e non individuale dei singoli acquirenti di porzioni del fabbricato, sono soddisfatte con il riconoscimento in favore dei medesimi del diritto di uso di natura reale.
Pertanto, nel rispetto del vincolo di destinazione di cui si è detto, il proprietario può riservarsi la proprietà o cederla a terzi" (Cass. Civ. n. 26253/2013; ma si veda anche Cass. Civ. n. 341/2000).
Nel caso di specie, i venditori avevano acquistato direttamente dal costruttore il quale, tuttavia, non aveva operato alcuna riserva di proprietà rispetto al box, dal che lo stesso era venuto a ricadere, per effetto del vincolo pertinenziale con l'appartamento, fra le parti comuni di cui all'art. 1117 c.c.
Peraltro, la natura condominiale dell'area adibita a parcheggio risulta oggi ancor più rafforzata in virtù della riforma del condominio introdotta con il d.lgs. 220/2012, che espressamente afferma "sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 2) le aree destinate a parcheggio".
Con riferimento poi alla compravendita con gli odierni acquirenti, neppure in questo caso i venditori avevano manifestato alcuna volontà di riservare la proprietà del box - riserva che in ogni caso non sarebbe statalegittima poiché la normativa accorda tale facoltà unicamente al costruttore -, né tantomeno il bene poteva essere sottratto alla propria destinazione condominiale per volontà dei contraenti.
I rilievi mossi dai venditori - gli spazi condominiali destinati a parcheggio già superavano il rapporto percentuale con la cubatura edificata di cui alla l. n. 765/1967, dal che l'atto di vendita escludeva qualsiasi volontà di cedere il box auto; il box era utilizzato dai venditori come magazzino, con relativa variazione catastale - sono dunque respinti Suprema Corte nel concludere "che insieme all'appartamento fosse stata trasferita e pagata, inclusa nelle parti condominiali alle quali era fatto riferimento generico, anche la porzione di spiazzo condominiale che nell'atto di acquisto originario era espressamente contemplata come tale e in cui era contrassegnato il box n. 4.
Il silenzio dell'atto del 1991 circa la individuazione del box, o la sua variazione catastale, non rilevano a fronte della persistenza di vincoli urbanistici normativamente presidiati, che cagionano la nullità della eventuale riserva: il paradosso che si pretende è quello di voler far dire ad un atto notarile ciò che esso non potrebbe mai dire, cioè che vi era sottesa una clausola nulla, queli sono le clausole degli atti privati, di disposizione degli spazi stessi, difformi dal contenuto vincolato".
Come dire: stante il vincolo di destinazione fra l'appartamento e il box e la natura condominiale ex art. 1117 c.c., non può sostenersi che l'omessa menzione dello stesso nel rogito sottindesse la volontà di escludere il box dalla vendita poiché una siffatta interpretazione dell'articolato contrattuale sarebbe contraria alla legge.