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Per la rinuncia alla servitù di passaggio non è necessario un atto pubblico di rinuncia

Basta un atto pubblico di rinuncia per privarsi della servitù di passaggio.
Avv. Alessandro Gallucci Avv. Alessandro Gallucci 

Che cos'è una servitù?

Una volta che essa esiste, vedremo può esserci anche indipendentemente dalla volontà dei rispetti fondi interessati dal diritto, la parte che ne beneficia - il titolare del fondo dominante - può rinunciarvi?

Se sì, in che cosa consiste l'atto di rinuncia?

Breve focus sulla servitù di passaggio

La risposta al primo quesito, di natura meramente definitoria, ci aiuterà a tirar fuori la soluzione al secondo ed all'ultimo.

Servitù prediale, la nozione codicistica

Ai sensi dell'art. 1027 c.c.

. La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario".

Come abbiamo più volte detto in altri articoli, la servitù è un diritto reale di godimento su cosa altrui.

Fondamentale ai fini della configurazione di questo diritto, assieme all'altruità del fondo servente rispetto a quello dominante, è l'utilità e soprattutto la diretta connessione tra essa ed il fondo.

La giurisprudenza è stata chiara sul punto affermando che "il concetto di utilitas, intesa come elemento costitutivo di una servitù prediale, non può avere riferimento ad elementi soggettivi ed estrinseci relativi all'attività personale svolta dal proprietario del fondo dominante, ma va correttamente ricondotto al solo fondamento obiettivo e "reale" dell'utilità stessa, sia dal lato attivo che da quello passivo, dovendo essa costituire un vantaggio diretto del fondo dominante come mezzo per la migliore utilizzazione di questo. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio di diritto di cui in massima, ha confermato la sentenza del giudice di merito con la quale era stata esclusa la natura di servitù in relazione ad un passaggio sul fondo che si pretendeva servente esercitato da parte del proprietario del fondo finitimo al fine esclusivo di attingere acqua presso una fonte sita in altra località, di proprietà di terzi, e priva di qualsivoglia capacità irrigua o di destinazione all'approvvigionamento idrico del fondo predetto)" (Cass. 22 ottobre 1997 n. 10370).

La dottrina ha definito la servitù come un diritto tipico - è previsto dalla legge - dal contenuto atipico, perché ogni fattispecie che rispetta le caratteristiche fondamentali del diritto in esame (proprietà dei fondi ad almeno due diverse persone ed utilità fondiaria) può essere considerato un diritto di servitù.

Servitù e poteri dell'amministratore di condominio: esistenza e limiti

Non sempre è facile distinguere tra diritto reale di servitù e servitù così dette irregolari, cioè diritti obbligatori. Come si suol dire, si tratta di questioni da risolversi case by case.

Servitù prediale, le modalità di costituzione

Il diritto di servitù può essere costituito in 4 diversi modi:

a) per volontà delle parti;

b) per legge (es. servitù coattive)

c) per usucapione;

d) per destinazione del padre di famiglia.

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Quanto a questa ultima modalità si ha quando dallo stato dei luoghi così come lasciato dall'originario unico proprietario dei fondi risulta evidente - cioè apparente, visibile - la servitù; si pensi al classico esempio delle condotte fognarie che attraversano i box auto, cfr. art. 1062 c.c.).

Qualunque sia il modo di costituzione, l'atto o il provvedimento che la sanciscono debbono essere trascritti presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari per essere opponibili anche ai terzi.

Si badi: la modalità costitutiva consistente nella destinazione del padre di famiglia così come l'usucapione sono modalità fattuali che solo successivamente possono trovare riscontro documentale attraverso azioni giudiziarie o di riconoscimento volontario. Come dire: una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia ed incontestata tra le parti potrebbe non trovare mai una specifica menzione in un atto trascritto presso i pubblici registri immobiliari.

Servitù prediale, le modalità di estinzione e la forma

Così come si costituisce, la servitù può anche estinguersi.

Tra i vari modi di estinzione del diritto v'è la rinuncia ad esso da parte del suo titolare; in tal caso non è necessario l'utilizzo di formule sacramentali, basta che dall'atto scritto (questo requisito è obbligatorio) di rinuncia emerga chiaramente tale intento.

In tal senso in una recente sentenza della Corte di Cassazione si afferma che "il requisito di forma scritta stabilito dall'art. 1350, n. 5 c.c., per la rinuncia ad una servitù, può essere integrato dalla sottoscrizione di atti di tipo diverso richiamati nel contratto, non essendo necessarie formule sacramentali sicché le piante planimetriche allegate ad un contratto, avente ad oggetto immobili, fanno parte integrante della dichiarazione di volontà contrattuale, quando ad esse i contraenti si siano riferiti per descrivere il bene, rimanendo, peraltro, riservata al giudice di merito la valutazione della incidenza di tali documenti sull'intento negoziale delle parti ricavato dall'esame complessivo del contratto (Cfr. Cass. n. 10457/2011; n. 6764/2003).

Il giudice di appello avrebbe dovuto, quindi, valutare dette diciture apposte sugli allegati planimetrici richiamati in contratto, trattandosi di atti scritti che se fossero stati esaminati, avrebbe potuto comportare una diversa soluzione della causa (Cfr. Cass. n. 3932/1981; n. 13263/09)" (Cass. 28 novembre 2012, n. 21127).

L'estinzione può anche essere data dall'acquisto da parte di un'unica persona dei fondi servente e dominante, ovvero dal non uso protratto per almeno un ventennio (art. 1072-1073 c.c.).

In quest'ultima ipotesi l'accertamento giudiziale può rappresentare lo strumento di accertamento dell'avvenuta estinzione ai fini della cancellazione della servitù inizialmente trascritta presso i pubblici registri.

Servitù di passaggio, un caso particolare

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