Soprattutto nel lounge bar la musica è un elemento caratteristico, capace di conciliare la socializzazione delle persone che si trovano all'interno del locale. Che si tratti di un'esibizione di un artista, una band o di una serata di karaoke, gli spettacoli dal vivo si rivelano una strategia efficace per ravvivare un bar e fidelizzare nuovi clienti.
Queste serate possono però creare dei problemi se il titolare del locale non ha assunto tutte le opportune iniziative per ridurre l'impatto acustico dell'evento musicale.
La vita notturna non dovrebbe compromettere la tranquillità di chi, per ragioni di lavoro o di salute, necessita di riposo.
Questa riflessione assume ancora più rilievo quando il karaoke si svolge in un locale situato all'interno di un condominio e vicino ad altri caseggiati.
In tali casi, è fondamentale trovare un equilibrio tra il diritto al divertimento e quello alla serenità degli altri residenti.
Del resto si deve sempre considerare che il rumore eccessivo proveniente da un karaoke bar può configurare un illecito penale ai sensi dell'articolo 659 c.p., che disciplina il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
In merito a tale problema è importante segnalare una vicenda esaminata dalla Terza sezione penale della Suprema Corte (sentenza n. 9143 del 5 marzo 2025).
Annullamento della condanna per disturbo da karaoke
La titolare di un bar organizzava serate di karaoke nel corso delle quali il volume della musica era tale da disturbare il riposo delle persone residenti nel palazzo e nei condomini limitrofi; di conseguenza il Tribunale condannava la titolare del locale alla pena di 150 euro di ammenda per il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1. Il difensore dell'imputata presentava ricorso per cassazione, sostenendo che la motivazione del giudice di primo grado era illogica.
In particolare, la difesa notava come il giudice avesse ritenuto superata la soglia di normale tollerabilità basandosi su testimonianze che, secondo il difensore, il Tribunale stesso aveva considerato inattendibili.
In ogni caso escludeva che fosse stato provato il superamento del limite della "normale tollerabilità" del rumore e la diffusività dell'immissione sonora. La Cassazione ha dato ragione all'imputata.
I giudici supremi hanno notato una chiara incongruenza tra le testimonianze e le conclusioni che il giudice ha tratto da esse. In altre parole, la Cassazione ha notato una discrepanza evidente tra ciò che è stato dichiarato dai testimoni e il ragionamento fatto dal giudice piemontese.
Come hanno notato i giudici supremi il Tribunale ha affermato che, sulla base delle prove testimoniali, "la rumorosità prodotta alla musica durante gli spettacoli è stato accertato avere determinato un disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone che abitavano presso il condominio ove era ubicato il bar ma anche quelle occupati gli appartamenti dei condomini vicini e anche distanti sino a 50 metri". Tuttavia il Tribunale stesso ha ritenuto inattendibili le deposizioni.
Infatti, un teste non ha mai riferito che il rumore prodotto dalla musica proveniente dal bar gli abbia impedito di dormire o, comunque, gli abbia arrecato un qualche disturbo specifico; un altro ha dichiarato che, dalla propria abitazione, sentiva i forti schiamazzi, i rumori, le urla e le risate provenienti dai clienti di un altro locale, confermando che i rumori del bar non fossero l'unica fonte sonora del disturbo e tantomeno l'unica a determinare una rumorosità tale da superare i limiti di tollerabilità; un altro teste, infine, ha affermato che il rumore proveniente dal bar fosse tale da impedirgli il riposo, salvo poi ammettere che il maggior fastidio provenisse dagli schiamazzi dei clienti di un altro locale vicino.
Per la Cassazione la conclusione del giudice piemontese non è risultata coerente con le dette deposizioni testimoniali considerate poco attendibili dallo stesso Tribunale, nei termini sopra rappresentati. La sentenza del Tribunale è stata annullata.
Implicazioni legali del disturbo acustico in condominio
In relazione al comma 1 dell'art. 659 c.p. («chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici»), occorre osservare che il reato sussiste ove il fatto costitutivo dell'illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono.
La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete (Cass. pen., sez. III, 17/11/2020, n. 2258).
Pertanto, il reato non può dirsi configurato allorché il disturbo sia arrecato ad una sola persona (o a due come nel nostro caso).
In ambito condominiale la produzione di rumore deve essere idonea a turbare la quiete non solo dell'appartamento soprastante o sottostante ma di una parte consistente degli occupanti dello stabile.
In caso contrario, non ricorre l'ipotesi di reato ma un illecito civile a cui può conseguire un eventuale risarcimento del danno.
Il giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità (Cass. pen., sez. III, 18/12/2018, n. 10938).
Sotto tale profilo, anche le sole dichiarazioni rese dai denuncianti sono sufficienti a sostenere l'accusa in assenza di ulteriori indagini di riscontro: la sussistenza del reato in questione può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova.
Nel caso esaminato però la conclusione del giudice è risulta illogica perché non adeguatamente supportata dalle prove testimoniali.