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Multiproprietà e crediti della società di gestione: il foro competente è quello del consumatore.

Qual è l'autorità competente a conoscere la controversia sui crediti della società di gestione di una multiproprietà? Come si configura la multiproprietà?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 
15 Mag, 2021

Guida alla multiproprietà: caratteristiche e normativa vigente

Com'è noto, l'istituto della multiproprietà è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.lgs. 9 novembre 1998, n. 427, rubricato "Attuazione della direttiva 94/47/CE concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili", entrato in vigore il 15 dicembre 1998 e successivamente abrogato dal Codice del consumo.

L'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 427/1998 (oggi art. 72, Codice del consumo): "Il venditore utilizza il termine "multiproprietà" nel documento informativo, nel contratto e nella pubblicità commerciale relativa al bene immobile, soltanto quando il diritto oggetto del contratto è un diritto reale".

Multiproprietà: interpretazioni giuridiche e classificazioni

Diverse sono le opinioni sull'istituto.

Un primo filone di pensiero qualifica la multiproprietà come diritto reale atipico, ammissibile in quanto volto a soddisfare un interesse meritevole di tutela e socialmente apprezzabile, quale esplicazione del c.d. "diritto" alla casa, riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'art. 25, e dal Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali, all'art. 11.

La multiproprietà sarebbe il giusto istituto per soddisfare l'aspettativa del multiproprietario di godere di un bene di cui, diversamente, non potrebbe beneficiare, così ponendosi quale strumento di facilitazione dell'accesso all'abitazione anche a soggetti privi di sufficiente forza economica.

Altro inquadramento è indicata in una forma sui generis di comunione, di cui elemento essenziale sarebbe il godimento turnario del bene.

Contrariamente a quest'ultimo pensiero, si è detto che il vincolo di indivisibilità e gli ampi poteri del gestore che caratterizzano la figura della multiproprietà impedirebbe di assimilarla alla comunione.

Criticando quest'ultima osservazione, alcuni autori fanno leva sull'art. 1112 c.c., che esclude la possibilità di chiedere lo scioglimento della comunione quando si tratta di cose che se divise cesserebbero di servire all'uso cui sono destinate. Quindi la sua natura sarebbe di essere una res indivisibile, in quanto destinata a soddisfare il godimento turnario di più soggetti.

Infine si sottolinea che con essa si avrebbe non un unico bene in comunione, bensì una pluralità di beni quanti sono i periodi dell'anno nel corso dei quali, ciclicamente, si alternano i condividenti.

Multiproprietà e spese: il recente caso della Cass. 12 maggio 2021, n. 12630

Nel caso di specie la società di gestione ha promosso ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di alcuni multiproprietari a titolo di corrispettivo di servizi di gestione ed amministrazione di un complesso immobiliare, in forza di mandato irrevocabile contenuto nel regolamento annesso all'atto di acquisto della proprietà turnaria.

I multiproprietari hanno azionato il giudizio di opposizione, sollevando l'eccezione preliminare di incompetenza territoriale del Tribunale adito (Grosseto), in quanto consumatori residenti nella provincia di Pisa, quindi a favore della competenza del Tribunale di Pisa.

Il Tribunale di Grosseto ha accolto l'eccezione di incompetenza e revocato il decreto ingiuntivo, assegnando il termine di 3 mesi per la riassunzione dianzi al Tribunale di Pisa.

La società ha proposto ricorso per regolamento di competenza sul rilievo che la controversia avrebbe natura condominiale e quindi si renderebbe necessario applicare l'art. 23 cod. proc. civ, secondo cui la competenza sarebbe in capo al giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni della cui gestione si discute.

Solo il condominio-consumatore è in grado di derogare il proprio foro naturale

Consumatore e professionista - Codice del Consumo

La Corte di Cassazione osserva che gli opponenti, asseritamente titolari per successione del diritto di proprietà turnaria all'interno del complesso immobiliare, sono consumatori, essendo persone fisiche che operano, nel rapporto con la società commerciale di servizi, per finalità estranee a scopi d'impresa o professionali ex art. 3, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 206 del 2005, cd. Codice del consumo, mentre la controparte è qualificabile come professionista, dal momento che svolge attività di impresa sulla scorta dell'art. 3, comma 1, lett. c), decreto cit.

Vi sono precedenti sul punto (Cass. n. 8419 del 2019), a cui fare riferimento ed aderendo ai principi affermati, senza dire che la qualifica di consumatore è stata riconosciuta all'intero condominio (Cass. n. 10679 del 2015), e che sul punto si è espressa di recente in senso favorevole la Corte di giustizia (sentenza 2 aprile 2020, C-329 del 2019).

Il foro del consumatore è quello di residenza o domicilio dello stesso.

Per residenza si intende un concetto in senso sostanziale (ossia dove il consumatore di fatto dimora e vive) e non in senso formale (ossia dove risulta residente in base ai registri dell'anagrafe comunale) (Cass. 12 gennaio 2015 n. 181).

In generale, il Codice del consumo, a tutela dei contraenti deboli che entrano in contatto con aziende e professionisti, prevede quello che comunemente viene detto «foro del consumatore»: la competenza a giudicare le controversie è sempre del giudice del luogo di residenza del consumatore.

Dell'interpretazione di questa norma è stata, proprio di recente, investita la Cassazione che ha pubblicato una interessantissima ordinanza (Cass. ord. n. 1951/18 del 25.01.2018.)

Se ne riporta un estratto. Sul tema della natura del foro del consumatore, la giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice afferma che si tratta di foro esclusivo e inderogabile, a meno che la previsione di altri fori sia stata oggetto di trattativa tra le parti, giusta la previsione dell'art. 33, secondo comma, lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005, e che la prova di tale circostanza costituisce un onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola di deroga, ponendosi l'esistenza della trattativa come un prius logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola.

Ecco perchè il condominio è considerato consumatore

Deroghe al foro del consumatore: condizioni e requisiti

La legge prevede che il foro del consumatore possa essere derogato solo in una ipotesi: quando il contratto non è un semplice prestampato (di solito fornito dall'azienda o dal professionista) ma è oggetto di trattativa tra le parti. Entrambi i contraenti, cioè, devono aver partecipato alla redazione della scrittura privata con la stessa forza contrattuale.

Il consumatore, insomma, non deve essersi trovato nella condizione O accetti o non accetti, deve essere stata una partecipazione determinante, non solamente formale. Deve aver imposto anche le proprie condizioni.

Solo in questo caso, quando la clausola è stata oggetto di trattativa individuale si considera valida anche se individua, come giudice competente, quello di un foro diverso dalla residenza o domicilio del consumatore.

Nel caso in esame, la Cassazione ha osservato che non costituisce ragione ostativa all'applicazione del foro del consumatore la clausola contenuta nel regolamento contrattuale allegato all'atto di acquisto della proprietà, giacché non è provato che la suddetta clausola sia stata approvata a seguito di trattative, essendo questo il solo modo per sottrarre la causa al foro del consumatore a fronte della presunzione ex lege di vessatorietà della deroga (art. 33, comma 2, lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005) che opera, come l'intera disciplina processuale introdotta a tutela del consumatore, anche per i contratti conclusi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 206 del 2005.

Sentenza
Scarica Cass. 12 maggio 2021 n. 12630
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