Molti condomini sono dotati di autoclave installata in uno dei locali comuni. L'impianto si rende spesso necessario per garantire l'approvvigionamento idrico a chi abita nei piani posti più in alto: può infatti accadere che ai piani bassi l'acqua arrivi in grande quantità, mentre negli altri l'acqua stenti a giungere per insufficienza di pressione.
Nei condomini la presenza di un impianto autoclave diviene quindi necessaria affinché la pressione e i flussi di acqua siano regolari a tutti i piani.
A voler tacere, poi, dell'importanza che un'autoclave può rivestire in caso di carenza idrica: l'impianto può infatti essere impiegato anche per sfruttare una riserva d'acqua che viene accantonata per usarla nei momenti di necessità.
Cosa succede negli edifici privi di autoclave? Quale maggioranza serve per approvarne l'installazione in condominio? L'autoclave può essere installata dal singolo condomino a proprie spese? Rispondiamo a queste domande.
Autoclave in condominio: quale maggioranza?
L'assemblea che vuole dotare il condominio di un'autoclave deve approvare la deliberazione con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno la metà del valore dell'edificio (500 millesimi).
Come diremo a breve, l'installazione di un'autoclave condominiale non rientra tra le innovazioni; pertanto, ad essa si applicano i quorum previsti per i lavori straordinari (Cass., sent. n. 2746/1989).
Autoclave condominiale: come si dividono le spese?
La spesa per l'installazione dell'autoclave e per la successiva manutenzione va suddivisa tra tutti i condòmini, in proporzione del valore di ciascuna proprietà. Si segue quindi il criterio generale di cui all'art. 1123, primo comma, cod. civ.
La spesa va quindi ripartita in base ai millesimi di proprietà, indipendentemente dall'altezza di ciascun piano dal suolo (cfr. Cass. sent. 29/11/1983, n. 7172) e dal fatto che alcuni condòmini traggano o meno vantaggio dall'impianto (C. App. Roma 30/1/1962).
La Corte di Cassazione ha infatti affermato (sent. n. 1389 del 11/02/1998) che l'istallazione di un'autoclave non deve essere considerata un'innovazione, ma una parte integrante dell'impianto idrico condominiale.
Proprio per questo, alle spese di installazione dell'autoclave devono partecipare tutti i condòmini, persino quelli che abitano ai piani inferiori, anche se non risentono di carenze idriche.
Se poi un'unità immobiliare (per esempio, un negozio o un box interrato) non è servita dall'impianto, il proprietario non è tenuto a contribuire alla spesa.
Per quanto riguarda invece i pagamenti successivi relativi ai consumi, la ripartizione si farà in base all'uso che ciascuno fa del servizio. Insomma: chi più consuma, più paga.
Autoclave: può installarla il singolo condomino?
Se l'assemblea non provvede a deliberare sull'installazione dell'autoclave, può procedere a tanto il singolo condomino che ne sia direttamente interessato, ad esempio il proprietario che vive all'ultimo piano e che riceve uno scarso approvvigionamento idrico.
In un'ipotesi del genere, trova applicazione la norma di cui all'art. 1102 cod. civ., secondo cui "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa".
La disposizione consente al singolo partecipante alla comunione di utilizzare in maniera egoistica la cosa comune, purché da tale condotta non derivi un danno al bene stesso oppure una preclusione al suo impiego da parte degli altri aventi diritto.
È altresì inibito il cambio della destinazione d'uso: non si può trasformare un giardino in parcheggio, ad esempio.
Il capoverso consente addirittura di poter modificare la cosa comune, a proprie spese, al fine di garantire a tutti il miglior utilizzo del bene stesso.
Ad esempio, il singolo condomino potrebbe far installare, a sue spese, un corrimano lungo le scale che possa favorire la salita e la discesa di quanti hanno difficoltà nella deambulazione.
Di tale spesa non è però possibile chiedere il rimborso, a meno che l'azione non si traduca in un intervento di gestione urgente, come ad esempio la riparazione di una tubazione esplosa che rischia di allagare l'androne e i locali interrati: in questa ipotesi troverebbe infatti applicazione il disposto di cui all'art. 1134 cod. civ., secondo cui "Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente".
L'installazione di un'autoclave da parte del singolo condomino può dunque essere ricondotta all'interno dell'alveo di cui all'art. 1102 cod. civ. riguardante l'uso della cosa comune.
Secondo la giurisprudenza (Tribunale di Chieti, sent. n. 116 dell'8 marzo 2022), l'installazione di un'autoclave non concreta in sé un'innovazione, bensì una semplice modifica della cosa comune, consentita ove essa non alteri la destinazione della cosa comune e la possibilità dei condòmini di far uso del bene comune stesso (cfr. Cass., sent. n. 1389/1998).
Autoclave in condominio: dove si installa?
L'autoclave condominiale va installata in un'area comune, sia che venga deliberata dall'assemblea, sia che venga installata autonomamente dal singolo condomino.
Ad esempio, nella sentenza del Tribunale di Chieti sopra citata, l'autorità giudiziaria acconsentiva, in mancanza di altro posto, all'installazione dell'autoclave all'interno della sala riunioni: secondo i giudici, questa soluzione, ove si renda necessaria, non comporta una privazione dell'uso della cosa comune (la sala riunioni) agli altri condòmini, ma semplice mutamento di destinazione di uso sempre comune, in una logica di funzionalizzazione sociale della proprietà privata, nel caso di specie a tutela di diritti costituzionali altamente qualificati (com'è quello a godere del servizio idrico per le più comuni esigenze personali).